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Interviste

Intervista ai NEW CANDYS

New Candys

Ad un primo ascolto, i New Candys possono trarre in inganno. Echi, riverberi, sitar…cool! Di dove, Austin? No, Venezia. Ah, ok. Ma di quando, fine anni Sessanta? No, il primo LP, “Stars Reach The Abyss”, risale al 2012 (Foolica/Fuzz Club). I conterranei Fernando Nuti, Andrea Volpato, Alessandro Boschiero e Dario Lucchesi sono riusciti nell’invidiabile impresa di ritagliarsi uno spazio tutto loro nella florida scena nu-psych internazionale. Come? Con un efficace cocktail di shoegaze e rock’n’roll miscelato nel dark side of the bar, che fa molto Black Angels, ma anche Brian Jonestown Massacre o Warlocks. Dopo l’ottimo “As Medicine” (Picture In My Ear/Fuzz Club, 2015), i Nostri ci hanno regalato un paio d’anni fa il loro miglior lavoro, “Bleeding Magenta” (Fuzz Club/Little Cloud Records, 2017), dimostrandosi un organismo in continua crescita e degno d’attenzione. Di tutti i posti, li ho incontrati al Sidéral Psych Fest di Bordeaux, dove hanno condiviso il palco con artisti del calibro di Temples, Radio Moscow e MaidaVale, per citarne alcuni (qui la programmazione completa: https://sideral-bdxpsychfest.com/). Ecco la nostra intervista.

Partiamo dalle basi: qual’è la storia dietro al nome “New Candys”? Una sorta di omaggio ai Jesus and Mary Chain o qualcosa di più…diciamo “stupefacente”?
Potrebbe essere un riferimento a “Psychocandy” come potrebbe essere il risultato tra il cognome del frontman dei The Brian Jonestown Massacre, Newcombe, con il nickname dei The Dandy Warhols, Dandys. Letto al contrario salta fuori anche Syd

Ma non è solo il nome, è l’intera estetica della band ad essere intrigante. Tra copertine e videoclip, si colgono interessanti rimandi alla filmografia di Philippe Garrel (“La Cicatrice Intérieure”), Maya Deren (“Meshes of the Afternoon”) e persino del grande Dario Argento (“Suspiria”). In cosa individuereste il comune denominatore? Tutto ciò che è introvabile su Netflix?
Quando scriviamo utilizziamo un linguaggio visivo, più che musicale. Gli stessi artwork dei nostri album sono stati sviluppati in concomitanza con la musica. A volte persino i testi sono influenzati dalle immagini. Perché un film sia ispirante, deve parlare più con le immagini, che con i dialoghi…potrebbe essere questo il comune denominatore.

Fuzz Club, Reverberation Appreciation Society, Committee To Keep Music Evil: persino dal lessico traspare l’esistenza di una sorta di attitudine condivisa, di una grande famiglia cosmopolita di artisti accumunati dalla passione per un certo tipo di sonorità. È solo la mia impressione o esiste effettivamente qualcosa del genere?
Esiste, eccome…e lo percepisci perché ti ritrovi a suonare con le stesse band a festival o date singole. Non ha quindi una dimensione solamente online e il fatto che gli artisti vengano da tutto il mondo è certamente un valore aggiunto. Dal punto di vista musicale, però, non sarà mai un’influenza per noi…ci interessa andare oltre i generi, cercare sonorità nuove.

Qualche band compagna d’avventure con cui vi trovate particolarmente in sintonia?
Sicuramente i The Baudelaires, band con cui abbiamo condiviso in simbiosi il tour Australiano (febbraio e marzo 2018). Sono di Melbourne e consigliamo a tutti il loro album “Musk Hill”. Dopo un paio di date insieme avevamo già i pezzi in testa e vederli ogni sera è stato fantastico.

Oramai vi siete fatti le ossa a suon di tour. Tra Europa, Stati Uniti ed Australia immagino ne abbiate viste di tutti i colori. Qual’è la venue che più vi ha colpito?Probabilmente Pappy’s & Harriet’s a Joshua Tree, nel bel mezzo del deserto, in California.

Ed un concerto che ha cambiato le carte in tavola? Una sorta di gig-svolta?
Rimanendo nel recente periodo, Fuzz Club Eindhoven (agosto 2018, qui aggiornamenti sulla line-up del prossimo anno: https://fuzzclub.com/fuzz-club-eindhoven-2019/). 1200 persone non capitano tutti i giorni e dopo quel live ci hanno scoperti e seguiti in molti ai concerti successivi.

Ripercorrendo la time-line di uscita dei vostri dischi, traspare regolarità nella pubblicazione (all’incirca un LP ogni due anni). È ragionevole aspettarsi qualcosa per il 2019/2020? Se sì, potete darci qualche info in anteprima?
Sì, stiamo lavorando al nuovo album. Al momento siamo a metà strada, circa 7 pezzi sono pronti…uscirà sicuramente entro il 2020. Pensiamo sarà un album molto contrastante e vario, con alcune sonorità per noi inedite.

Per concludere, un giochetto che neanche Pitchfork: consigliate ai nostri lettori quattro dischi fondamentali (uno a testa), seguiti dal nome di un drink adatto ad accompagnarne l’ascolto.
Fernando: The Velvet Underground, “Loaded” – Campari Soda
Andrea: Nirvana, “In Utero” – Rainier Beer
Alex: The Jesus and Mary Chain, “Psychocandy” – Gin Tonic
Dario: The Cramps, “Psychedelic Jungle” – Tequila

Et voilà! Grazie ancora a Fernando, Andrea, Alex e Dario per la chiacchierata. A nome dei compatrioti che seguono con attenzione la scena internazionale: grazie New Candys per renderci tutti un po’ più fieri. Alla prossima.

 

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