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Alberto Nemo – Tidur

2019 - Ksenza Records
sperimentale

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Tracklist

1. Nanti
2. Labirint
3. Santu
4. Velse
5. En finita
6. Tia
7. Vuleva
8. Nanti (live)
9. Santu (live)


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In questi tempi di normalizzazione feroce e ricerca della sicurezza, chiunque sia “strano” risulta esserlo ancor di più. Ma nella propria normalità l’artista non si dà noia di questo e seguita nel suo percorso, ed è cosa buona è giusta. Così fa lo stesso Alberto Nemo, che negli ultimi anni sembra non essersi fermato un attimo.

Una sorta di abnegazione artistisco-stacanovista sembra avvolgere il compositore veneto, capace di registrare e licenziare una sequela di dischi tutti estremamente interessanti e particolari, tanto diversi gli uni dagli altri (come dimostrano “6×0”, “Futuro semplice” e “Dante vs Nemo”) quanto unici nel loro genere. Sempre che di genere si possa parlare, ed effettivamente così non è. Dalle parti di Nemo tutto si fonde e, coagulando, si tramuta presto in altro, così per una quantità infinita di volte, mantenendo un proprio filo conduttore di riconoscibilità.

Quello che manca spesso agli sperimentatori è la capacità di commuovere (ovvero smuovere un sentimento specifico), andando a dare piccoli colpi alle campanelle emotive sepolte nella nostra testa, ed è qui che Alberto eccelle poiché la sua musica è a dir poco toccante e “Tidur” (sonno, in italiano) ne è la riprova, casomai ce ne fosse bisogno. L’uso lirico della voce è punta di diamante del tutto, un misto impressionante di potenza espressiva da muezzin, androgina espressività tanto marcata da farmi tornare in mente il timbro e i modi di Sopor Aeternus e le delicatezze di Lisa Gerrard. Così la voce diviene senza mezzi termini strumento interconnesso alla musica, e qui si apre un altro spiraglio in un mondo di sacralità profana, un multiverso ora gelido, ora rovente, mai scontato.

L’album si muove con calma tra queste realtà, e pulsa come un cuore di corda nera sotto lastre di ghiaccio millenarie: il pianoforte si dibatte e incunea tepore, come una ninna nanna lovecraftiana si palesa Velse e assorbe famelica tutta la luce della stanza mentre in Labirint mistifica l’effetto desertico di una chitarra acustica che rintocca sui droni pianistici, in una messa ipnotica. Infuse nel mercurio sono le elettriche sensazioni di Santu, ancora una volta in reverse che strania e balugina su fondali cupi, oscuri come i pulsanti ed algidi battiti electro-minimali di Nanti e Vuleva, quest’ultima sensazionale sciabordio aphextwiniano nato dalle spore acustiche di mondi assolati. L’orrore strisciante di Tia scoperchia le paure, fa brandelli della sicurezza della notte e mette a nudo mostri e follia, in un crescendo silenzioso tra voce e corde.

Crepuscoli di sonno inquieto ed un’altra freccia nera nella faretra di Nemo, infallibile arciere di beltà e disagio uniti sotto lo stesso ombrello. Ottenebrante.

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