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Rakta – Falha Comum

2019 - La Vida Es Un Mus / Nada Nada Records
kraut / space / psych-rock

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Tracklist

1. Falha Comum
2. Flor da Pele
3. 笑笑
4. Fim do Mundo
5. Estrela da Manhã
6. Miragem
7. Ruína


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Dal 2011, in Brasile, a San Paolo precisamente, c’è un gruppo tutto al femminile, salvo un’eccezione, che nella lora realtà, al loro terzo disco, in un magma sonoro, fa esplodere diversi fluidi psichedelici, andando poi a fondersi in un onirico albero genealogico musicale. La band, che nel 2016 ha avuto anche il privilegio di suonare per KEXP, dopo un EP e due dischi, tornano nel loro terzo lavoro fatto di espressioni musicali sperimentali, imparate dalla Scena di Canterbury, dal krautrock e da un psych- acid di fine anni sessanta.

Il disco si compone di sette tracce, partendo dalla prima, la title track Falha Comum, che diffondendo da prima sezioni ritmiche sperimentali, progredisce poi in andazzi psichedelici, con una linea di basso grezza e dalle esplosioni sonore, con voci tra i riverberi e delay, l’atmosfera è delle più krautrockiane. Sul finire una batteria sempre incisiva e una linea di basso ipnotizzante. La seconda, Flor da Pele, è space prog puro, la linea del synth si muove in un cielo atmosferico di suoni, sempre con voci calibrate da un effettistica space e da un organo pesante. Riecheggiano gli Amon Düül II, Hawkwind e Gong per citarne qualcuno.

Poi c’è 笑笑, in un piano alternato si muove in un progressive canterburyano, fatto da pause standard e arrangiamenti che sfociano in avant-free jazz. La quarta traccia Film do mundo inizia padroneggiando synth e batteria, il sintetizzatore è usato come elicottero per volare su andamenti space e krautrock, giocando con le frequenze, riprende con un basso incalzante tra echi e voci, si sentono i Soft Machine e i Gong.

Bellissima e ipnotica Estrela da Manhã con un organo dalla linea prog psichedelico e un basso corposo in ottave a ipnotizzare il fulcro della canzone. Impossibile non ricordare l’influenza di “Phallus Dei” in tutte le atmosfere del disco. La penultima Miragem, nel primo minuto e mezzo si muove in un tappetto sonoro cosmico, poi il basso incalza e le voci trapassano in vocalizzi psichedelici. Per ultima troviamo Ruína, che inizia e rimane ritmicamente prepotente, da ripetute sezioni sonore, distorte e rumorose, tra le voci psichedeliche sempre al suo richiamo.

Dunque un disco di forte ispirazione, carico di tutta la buona sperimentazione degli anni settanta, acido, cosmico e sperimentale, per le orecchie di cultori e non, dove in più di 35 minuti ci si potrà saziare le orecchie da tutti gli elementi sopracitati.

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