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Big | Brave – A Gaze Among Them

2019 - Southern Lord
post rock / shoegaze / doom

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Tracklist

1. Muted Shifting Of Space
2. Holding Pattern
3. Body Individual
4. The Deafening Verity
5. Sibling


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I did not want to do what seemed to me to be a ‘logical next step’ in what we could do musically. I wanted to go back to our original concepts and work from there.” Perché non credere alle parole di Robin Wattie, tagliente voce dei Big | Brave?

La prova che nelle parole della cantante ci sia non solo un fondo di verità ma una vera e propria dichiarazione di intenti risiede proprio nel quarto lavoro della band canadese: “A Gaze Among Them” non riprende però molto dei suoi predecessori, ma li spinge altrove, con una certa bravura e consapevolezza, tra l’altro. Oggi come oggi chiunque utilizzi layer noise di chitarra così spessi ed impenetrabili spesso finisce incastrato in un cumulo di cliché atti a spegnere la fiamma dell’interesse nelle prime 3 “battute” di un disco, e ovviamente mi riferisco a tutte quelle band drone che ormai infestano il panorama, non ultimi i Sunn O))), memori di non essere riusciti a loro volta ad evitare il suddetto “logical next step”. Comunque Greg Anderson va ringraziato per aver preso sotto la propria ala protettrice miss Wattie e i suoi due colleghi Mathieu Ball e Loel Campbell. Grazie Greg.

I numi tutelari non si estinguono però alla sola compagine Southern Lord poiché i Big | Brave (come tanti altri connazionali) hanno seconda casa nello studio Hotel2Tango, fondato tra gli altri da Efrim “GY!BE” Menuck e Radwan “Jerusalem In My Heart” Moumneh. Oggi in cabina di regia però siede Seth Manchester (già complice dei The Body e qui anche a capo della sezione elettronica) ed il risultato è un agglomerato di suoni asciutti, luminosi e ariosi, un respiro che non fa a botte con lo spesso strato di chitarre e contrabbassi (ad opera di Thierry “Silver Mt. Zion” Amar) che si stende sulla tela dell’album, ma che in qualche modo alleggerisce il carico “dronico” in favore di aperture più rock, leggiadre e prepotenti. Via le slabbrate sludge di “Au De La” e via anche le lunghe suite sperimentali di “Ardor” e dentro tanto shoegaze di ritorno e post-rock da chilo.

È un disco equilibrato e cristallino, anche quando il minutaggio si fa davvero serio il filo del discorso rimane una lunga e lineare ascesa alla melodia, un’epopea rock che di doom ha solo il lento incedere e si incunea con forza in armonizzazioni muscolari e a rasoio, con Mathieu e Robin ad incrociare i flussi nelle architetture opalescenti di Body Individual. L’effetto che danno gli incastri vocali (che man mano si allungano intarsiando veri e propri e le ritmiche harsch synth della spaventosa Sibling è invece quello di una cyber azione tribale suonata su Dune, che si stacca completamente dalle concessioni bjorkiane di The Deafening Verity e dall’hyper space rock di Muted Shifting Of Space, che apre il disco e slega dal recente passato con vera e propria irruenta classe.

Già solo il semplice evitare di ripetere all’infinito cliché di genere dà la misura di quanti i Big | Brave siano, mi perdonerete, grandi e coraggiosi. Tant’è che non è così semplice se ne parli dalle nostre parti, dove a contare di più è il reiterarsi di discorsi sempre uguali. Sul podio delle nuove sonorità che utilizzano le vecchie per procedere verso il futuro assieme a Spotlights e Brutus. Dai che ce la facciamo.

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