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Misþyrming – Algleymi

2019 - Norma Evanglium Diaboli
black metal

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Tracklist

1. Orgia
2. Með svipur á lofti
3. Ísland, steingelda krummaskuð
4. Hælið
5. Og er haustið líður undir lok
6. Allt sem eitt sinn blómstraði
7. Alsæla
8. Algleymi


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Non fosse stato per la splendida foto che ritrae i Misþyrming a volto coperto da un cappuccio nero probabilmente sarei passato oltre, lo ammetto, e sarebbe stato un madornale errore. L’estetica in ambito black in qualche modo teorizzata da Hunter Hunt-Hendrix, che vedeva nel genere “la risurrezione della controcultura” in senso ampio, la stavo riducendo al semplice campo visivo, il che mi ha portato a soffermarmi sul primo album del gruppo, giovandone.

L’attacco frontale che ho dovuto affrontare con l’ascolto (diventato ripetuto negli anni) di Söngvar Elds Og Óreiðu” non è ciò che mi aspettavo da una creatura imberbe come quella proveniente dagli stessi luoghi dei Solstafir, e non poteva essere più lontana dall’idea di black metal trascendentale promulgata proprio dai Liturgy. I Misþyrming riescono a suonare old school pur non essendolo, né anagraficamente né stilisticamente col risultato di trovarsi al cospetto di qualcosa di violento alla radice, intransigenza al cubo e maniacale cura dell’abbattimento, pur rientrando in tutta la nuova progenie BM in circolazione. Diciamo che in bocca il sapore che rimane è quello dell’esordio dei Kvelertak, perché di rock and roll, almeno negli ideali, ce n’è a manciate, sanguigno movimento disintegra-nervi. “Algleymi” porta tutto questo ad un livello ancor più alto di indecenza sonora, dettata da un rigore viscerale.

Polverizzati i confini, il suono “lunare” e raggelante si affina passando da magma di suoni sulfurei a rasoiate raffinate nel proprio essere primordiale e l’aggiunta di synth che renderebbero fieri gli Emperor in persona, tutto l’album viaggia su un binario di asfissiante strapotere aggressivo, le grida di D.G. prendono la volontà di potenza delle debolezze umane e le traducono in mostruose dissezioni rapaci, un po’ come accade con Johan dei Celeste, ma su un versante più puramente metal. Si rallenta poco e niente, le chitarre spesso e volentieri si involano in unisoni splendenti come falci, il beat è un burst mastodontico che non lascia spazi liberi e danno l’idea di una natura selvaggia ed inospitale che si accanisce sugli esseri umani, nella sua morsa di gelo ad un solo strato. Ma non è solo abisso tutto quello che ferisce, perché brani come Alsæla (parola che tradotta suona un po’ come gioia totale) nascondono insidiose impennate punk’n’roll come sciabordii di radiosa estasi.

E tra mortali riti orgiastici e scivoli verso inferni personali di un’umanità imperfetta e dipendente l’album resta solido come una lastra d’acciaio temperato, senza risultare immobile, un pregio non da poco, a ben vedere. “Algleymi” suona davvero come il giusto manifesto anti-manicheista di ribellione luciferinamente umana di cui il genere aveva bisogno.

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