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Thom Yorke – Anima

2019 - XL Recordings
elettronica

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Tracklist

1. Traffic
2. Last I Heard (…He Was Circling The Drain)
3. Twist
4. Dawn Chorus
5. I Am A Very Rude Person
6. Not The News
7. The Axe
8. Impossible Knots
9. Runwayaway


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Yorke torna e promette un disco distopico. Beh, “Anima” lo è, o meglio, è la perfetta colonna sonora per quello che potrebbe essere un perfetto film distopico tipo, che so “Brazil” o “Fahrenheit 451”, e non oggi, proprio quando sono usciti. Che dire, non solo Yorke torna, ma torna ad essere Yorke, niente Atom For Peace, niente folli album electro, ma un gran bel pezzo di focus. Electro, sì, ma centrato, anche concentrato, calibrato, equilibrato.

Yorke torna con una storia distopica, di uno mondo alla deriva fatto di informazioni criptiche e violenza che nasce dal nulla e nulla finisce, forse non un concept ma iniziato con l’idea della censura, come il sito “bloccato” a cui portavano le informazioni sparse tra Londra e Milano, trovate dai fan, o il numero di telefono misterioso che portava al teaser del disco. Marketing virale. Vi ricorda qualcosa? Distopia, oscure associazioni censorie, indizi: “Year Zero” dei Nine Inch Nails. Reznor e Yorke che si rincorrono da lontan(issim)o e “involontariamente”, che seguono sentieri molto simili ma che non si toccano mai. Anche perché “YZ” è quel che è, invece “Anima” è bello. Siamo ai livelli di “The Eraser”? Sì.

Yorke e Godrich sempre a braccetto, perché non dovrebbero farlo? Se poi il risultato è questo, davvero, perché non dovrebbero continuare? Certo, non sempre hanno centrato il punto, questi due, ma oggi sì, perché alla fine sono due animali di razza Thom e Nigel e ancora una volta lo dimostrano. La lingua usata come litania, narrazione frammentata come uno specchio contorto, è Dick ridotto all’osso, è Gilliam a linee tratteggiate, e l’elettronica è Vangelis in un club ultramoderno. I beat scarni e sincopati, le chitarre (poche, a là Fennesz) travestite, gli archi robotizzati e la voce spesso umana di Yorke, il tutto volge lo sguardo su città cibernetiche e morenti, la cui morale puzza di merda.

Traffic dà il via su una strada pulsante di luci al neon saltellanti in una trappola che non fa respirare (“I can’t breath / There’s no water”), Thom trasfigura in una macchina, salvo poi volerne fare a pezzi una in The Axe, con gli sparuti cori reversati che si tuffano in un mare di glitch spazientiti. I sintetizzatori ’80 che come onde fanno annegare di Last I Heard (…He Was Circling The Drain) portano con sé asfissia e libertà, miserevoli umani dalle dimensioni di ratti e città che divorano come il Moloch di “Metropolis”, in una nuvola di interdizione che incontra la voce ferma di Dawn Chorus, ferma ed adulta, niente falsi falsetti, l’uomo Yorke si specchia in una vetrata che riflette il piano incessante che perfora il brano, imperterrito, invincibilmente vinto. E mi perdonerete se I Am A Very Rude Person con il suo “I’m breaking up your turntables / Now I’m gonna watch your party die” ricorda troppo il meme con Flying Lotus. Ah, è la canzone più clubbosa mai scritta da Thom.

È tutta una questione di suono, questa, una questione serissima, una storia futuristica di un futuro che però suona come passato, una flatland che alla lunga s’increspa su se stessa e sul tempo. Ci riporta indietro a quando ci si permetteva di sperimentare, anche se ora non lo si fa più. Sono giorni di un futuro passato, questi, e spesso sono senz’anima. Thom lo sa, oppure voleva dirci il contrario? Difficile a dirsi. Intanto, Yorke è tornato in forma smagliante.

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