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Fleshgod Apocalypse – Veleno

2019 - Nuclear Blast Records
death metal / epic

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Tracklist

01. Fury
02. Carnivorous Lamb
03. Sugar
04. The Praying Mantis’ Strategy
05. Monnalisa
06. Worship and Forget
07. Absinthe
08. Pissing on the Score
09. The Day We’ll Be Gone
10. Embrace the Oblivion
11. Veleno


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Ci vuole una bella faccia tosta e una feroce virtù tecnica per proporre tutti – ma proprio tutti e tutti insieme – i luoghi comuni del technical death metal in una salsa di autarchica autoctona baldanza. Fleshgod Apocalypse, una delle poche band italiana a indiscutibile caratura internazionale, riesce a incastonare brillantemente nella loro quinto Lp “Veleno” tutto l’armamentario della sinistrosità a buon mercato nel locus amoenus dell’orchestrazione sinfonica in salsa epica.

Nel caso di lettori ancora segnati da settecenteschi scetticismi, sappiate che a tutto questo si deve aggiungere in Embrace the Oblivion la voce del chitarrista Francesco Paoli impegnata a declamare versi tratti dall’ultima strofa de “La Ginestra” di Giacomo Leopardi. Ne avremmo abbastanza per ascrivere l’album alla peggiore produzione derivativa che appesantisce gran parte della musica estrema contemporanea.

Eppure “Veleno” riesce ad usare il gravame kitsch contro sé stesso in una negazione della negazione compositiva a tratti esaltante e ampiamente leggibile nell’estremo nitore del mastering come scelta artistica. A questo proposito è particolarmente interessante il lavoro della traccia di apertura, Fury, nella quale riescono a esprimersi quasi tutti le lune dei Fleshgod Apocalypse; la raffinatezza della sinfonizzazione funge da catalizzatore del colpo sonoro inferto dalle chitarre in un crescendo epico che trova il suo naturale sviluppo nella successiva Carnivorous Lamb e compimento nel possente singolo Sugar. Il terzetto iniziale rappresenta un paradossale esergo che tira le conclusione della storia e della ricerca sonora della band che a questo punto può aprire una finestra meno accorta sui paesaggi melodici che illuminano almeno gli ultimi due dischi, in modo notevole il precedente “King”, e che vengono riproposti nella seducente Worship and Forget alla quale si affianca in un uno-due sincopato Absinthe.

Non si fatica troppo a riconoscere tutti gli elementi che hanno segnato la svolta artistica, invisa a molti puristi, degli ultimi Fleshgod Apocalypse, vale a dire interludi di clean vocals, atmosfere sofisticate, attenzione alla costruzione armonica e una certa difficoltà nella struttura. Tutte caratteristiche, sia detto solo corsivamente, che a chi scrive sembrano piuttosto virtù.

Virtuoso e sprezzante è anche il seguito dell’album che prende una terza e decisiva strada, quella dell’allusione e della citazione iperrealista, come quella irriverente, nella sua inquietante perfezione, di Monnalisa ai Cradle of Filth. Altrettanto spiazzante è il death di Pissing on the Score, nella quale si assiste a una rilettura ironica delle origini della band la quale si lascia poi sfuggire un accenno di autocompiacimento in The Day We’ll Be Gone, una sinfonia metal orchestrata da Francesco Ferrini per il soprano Veronica Bordacchini, ben a suo agio nei panni della bella. Anche in questo caso i richiami sono piuttosto espliciti e sono distribuiti equamente tra i primi Theatre of Tragedy e i 3rd an The Mortal di Tears Laid in Earth.

Un disco ferale e struggente, figlio di uno stato di grazia compositivo capace di impressionare solo al terzo ascolto.

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