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Interviste

Intervista a CLAUDIO ROCCHETTI

Nel panorama artistico italiano, Claudio Rocchetti rappresenta da ormai un decennio la sezione più viscerale e pragmatica della cosiddetta “ricerca”. A livello musicale, dopo aver militato in diversi progetti, poi, in lui troviamo il riassunto sonoro di un eclettismo culturale che ha pochissimi precedenti in Europa.

Esce in questi giorni il primo capitolo di una trilogia, intitolata “Panorama”, per l’aretina Zen Hex. “Syrian Edge”, questo il titolo del 7”, è un lavoro che si presenta marginale, intricato e rivolto ad un pubblico che culturalmente può seguire differenti scene musicali e sonorità. Nei suoni di “Syrian Edge” esiste infatti un Dio Primitivo, capace di darci sollievo nell’eterna ricerca di giustificazioni nella durezza della realtà quotidiana.

Ci delineeresti una tua breve autobiografia? So che hai suonato in diversi progetti musicali. Quali sono stati? Perché la scelta di scrivere e produrre da solista, in un secondo momento, dopo aver girato l’Italia e l’Europa “sotto forma” di band?

Musicalmente ho mosso i primi passi a Bolzano, città dove sono nato, in alcune formazioni principalmente hard-core suonando basso e chitarra. Ma il primo grande salto consapevole è avvenuto a Bologna a fine anni ’90. Ero lì per studiare ma passavo ogni secondo utile al Link o al Livello 57 o in altri posti della città ad assorbire qualsiasi tipo di stimolo. In realtà il solo è sempre stato presente come progetto, forse più in ombra rispetto ad altre cose, ma per farti un esempio quando si è iniziato con i 3/4HadBeenEliminated nei primi duemila avevo già pubblicato il lavoro in solo su S’agita e il disco su Bar La Muerte. Solo successivamente, ad ondate, il lavoro a mio nome è stato un po’ più centrale, ma ancora oggi a volte ritorna un po’ in secondo piano quando ci sono altre cose da focalizzare.

Che musica ascolti di solito? Quali sono le tue origini culturali?

Il classico un po’ di tutto. Soprattutto metal e “non-musica”, ma anche folk, cose ritmiche in genere e pop. Fammi pensare ai dischi di ieri… Forbidden, Andrea Belfi, Laurie Spiegel, Cacao, Fleetwood Mac, Sofia Gubaiduina, Lingua Ignota. Così a caso, come a caso sono solitamente i miei ascolti. Vado molto per associazioni personali e collegamenti che gli altri faticano a vedere a volte! Come si dice di solito, “vengo dall’hc”, non so nemmeno bene cosa implichi, ma è così. A Bologna poi ho scoperto la musica sperimentale e la techno funzionale. Ho messo insieme le cose mischiandole con le mie letture ed eccoci qui.

Dopo aver vissuto tantissimo a Berlino, ora abiti stabilmente a Torino. Come ti sei trovato agli inizi, essendo stato uno dei primi cosiddetti “emigranti” dall’Italia verso la capitale tedesca? Come vedi ora l’Italia alla luce degli ultimi avvenimenti politici e come la vedeva, a livello musicale e culturale, il pubblico tedesco?

Dopo 11 anni a Berlino avevo solo bisogno di cambiare aria, con una famiglia in arrivo, mi è sembrato naturale spostarmi in campagna (siamo alle porte di Torino in una cascina). In più Berlino iniziava a sembrarmi un po’ spompata, come se girasse sempre su sé stessa. L’Italia credo sia in una situazione drammatica, e non parlo dell’economia, ma di questo odio diffuso e pilotato da quei quattro dementi che ci governano. Ogni giorno mi pare si vada un passo nella direzione sbagliata – paura odio intolleranza, inizia a mancare l’aria da queste parti.

Parlaci della trilogia “Panorama”. Perché una trilogia e non un full-length?

Panorama” per me è una grande opportunità che Iacopo Gradassi di Zen Hex mi ha regalato. Finalmente posso mostrare un altro aspetto della mia produzione, quella dedicata al teatro/danza/cinema. L’idea di una serie di singoli è nata dal fatto che il materiale, essendo appunto d’occasione, è piuttosto diverso, all’interno di un solo LP non avrebbe avuto coerenza. Trovo sempre più stimoli al di fuori del ciclo studio/tour/studio quindi è ancora più importante mostrare questi frammenti di collaborazione e incontri.

Che analogie ci sono con “Memoria Istruttiva”, che fu un altro concept album?

Memoria Istruttiva” era un racconto impostato intorno ad un viaggio, con una progettazione un inizio e una (tragica) fine. Il tutto rispecchiava la mia passione per gli albori delle avventure d’esplorazione e nello specifico era dedicato a Von Humboldt e Donati. Quindi aveva una sua coerenza narrativa e di materiali, cosa che non accade con Panorama, ma si possono certo accostare per questa necessità di guidare un bisogno di sviluppo narrativo.

Com’è stato il passaggio da un’etichetta mainstream come la Tannen, che ha pubblicato band come Marlene Kuntz e Massimo Volume e tramite la quale hai pubblicato “Memoria Istruttiva”, ad una realtà più radicata come Zen Hex? Da dove è nata questa collaborazione e conoscevi già gli artisti con cui aveva lavorato? In passato, poi, hai lavorato con numerosissime realtà come, per esempio, Boring Machines, Holidays e Second Sleep. Come mai non ti sei “accasato” definitivamente con una di loro, continuando così una perpetua “recherche” discografica?

La situazione delle etichette negli ultimi anni è piuttosto complicata. Non si vende, la produzione costa. La collaborazione con Tannen è nata innanzitutto grazie all’amicizia che mi lega a Riccardo Orlandi e questo è lo snodo principale. Lavoro insieme a persone che conosco, che rispetto e che mi stimolano a crescere. Questo è uno schema che troverai dietro ogni collaborazione. In ogni caso, forse un giorno troverò qualche matto che mi seguirà in ogni avventura sonica e se ne avrà le forze allora faremo dischi insieme da qui alla notte dei tempi.

Ti muovi spesso per tour e concerti? Cosa trovi più stimolante quando sei in giro con la tua musica?

Il tour è una parte essenziale del “fare”. Quando sei in tour ti apri al mondo, oltre che suonare e quindi esporti personalmente devi confrontarti con tutta una serie di dinamiche che non accadono con i concerti singoli. Imprevisti, fatica, noia e scoperta. Tutte cose essenziali per la crescita di nuove idee. Poi quando sei in giro con una band il tutto è esponenziale ci si scambiano letture, ascolti ed esperienze – ovviamente a volte ci sono pure tensioni, ma proprio nel risolvere le situazioni più complicate sta il segreto di una touring band.

Per finire. Progetti futuri oltre alla pubblicazione dell’intera trilogia? Ancora musica? Come procedono le cose con la casa editrice che hai avviato assieme alla tua compagna, la Black Letter Press? Parlacene un po’.

Sto iniziando a lavorare al prossimo Lp in solo, avrà a che fare con labirinti e verticalità, c’è un nuovo In Zaire che va fatto, idee per un disco nuovo con Deadsmoke. Qualche collaborazione musicale su cui si sta ragionando con Alessandra Novaga e poi con Francesco Dillon, senza contare il progetto triennale con Lenz che giungerà al termine nel 2020 e la collaborazione con Silvia Costa che continua a mutare e prendere strade inaspettate. Capitolo a parte per BLP. È un piccolo sogno che diventa realtà, una casa editrice. Devo, continuamente, ringraziare Alice Winkler, per aver dato il là all’intera operazione e per aver avuto l’idea iniziale. Mille cose fermentano, alcune vedranno la luce tra qualche mese, un volume su W.B. Yeats, Moon Lore (una cosa matta sulla luna, tra scienza narrativa e stupore lisergico), altri Grimori e probabilmente qualcosa di speciale su Giordano Bruno…insomma, diciamo che vi sto invitando a seguirci su blackletter-press.com!

 

 

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