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311 – Voyager

2019 - BMG
alternative rock / reggae rock

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Tracklist

1. Crossfire
2. Don’t You Worry
3. Stainless
4. Space And Time
5. Dream State
6. Good Feeling
7. What The?!
8. Better Space
9. Dodging Raindrops
10. Rolling Through
11. Born To Live
12. Charge It Up
13. Lucid Dreams


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Destino crudele, quello dei 311. Nonostante i successi commerciali raccolti tra la metà degli anni novanta e i primissimi duemila, non sono mai riusciti a conquistare i cuori della critica. Proprio per niente: è facile trovare il loro nome ai vertici di quelle classifiche redatte dalle riviste o dalle webzine più fighette – che, a dirla tutta, lasciano il tempo che trovano – dedicate ai peggiori gruppi alt metal di sempre.

Il motivo di tanto astio? Credo sia legato alla loro idea un po’ caciarona e inconcludente di crossover: un minestrone di reggae, rap, funk, rock e metal dal sapore estivo, interpretato con il piglio rilassato tipico di quelle jam band che da sempre appassionano i cultori della fattanza.

Solari e distesi anche nei momenti più concitati, i 311 vorrebbero dar vita a un suono fresco ma potente, in grado di fondere la leggerezza dei Sublime e l’energia dei Red Hot Chili Peppers con una pesantezza “ibrida” di scuola Faith No More. Non ci sono mai riusciti, purtroppo: sono davvero pochi gli album da loro prodotti degni di nota.

Tra le tredici uscite accumulate fra il 1993 e il 2019, però, è facile trovare numerose canzoni gradevoli e ben eseguite – anche perché, a esclusione del cantante Nick Hexum, bravo ma un po’ troppo monotono, tutti gli altri componenti della band sono ottimi musicisti. E lo dimostrano ampiamente anche in questo nuovo “Voyager”, un disco che definire discontinuo è riduttivo.

La confusione regna sovrana, dalla prima all’ultima traccia: si parte con un cafonissimo pastrocchio reggae/rap/metal intitolato Crossfire per poi ritrovare un briciolo di lucidità nell’ottima Don’t You Worry, prima di perdersi dentro vecchi ricordi nu (Stainless, Charge It Up e la pompatissima Rolling Through) e persino in qualche digressione psichedelico-spaziale (Better Space e Dream State, una delle migliori in lista).

L’approccio al pop più melodico e radiofonico funziona a fasi alterne: molto bene nel caso della divertente What The?! e del delizioso omaggio a Carlos Santana Space And Time, un po’ meno in Born To Live (strofe rappate e ritornello in stile vecchi Maroon 5), malissimo nelle terribili Good Feeling, Dodging Raindrops e Lucid Dreams. A sapersi muovere, in fin dei conti, in “Voyager” diverse cose decisamente buone le si trovano senza troppi problemi. Attenti solo a dove mettete i piedi, però.

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