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Slipknot – We Are Not Your Kind

2019 - Roadrunner Records
alternative metal

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Tracklist

1. Insert Coin
2. Unsainted
3. Birth Of The Cruel
4. Death Because Of Death
5. Nero Forte
6. Critical Darling
7. Liar’s Funeral
8. Red Flag
9. What’s Next
10. Spiders
11. Orphan
12. My Pain
13. Not Long For This World
14. Solway Firth


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Cosa vi aspettate da un disco degli Slipknot? Se siete fanboy chiaramente sarete già pronti con l’etichetta di album dell’anno, viceversa se fate parte della nutrita schiera di detrattori a scatola chiusa vi sarà bastata la preview leakata qualche settimana fa per sentenziare scevri di un ascolto approfondito. Va da sé che dal mio umile punto di vista siete entrambi totalmente fuori strada, perché ad essere “estremisti” con questi tizi ormai si sbaglia, e di grosso.

Non da ieri poiché il buco nero in cui i ragazzi di Des Moines sono scivolati da “Vol. 3” fino all’indigeribile “.5: The Gray Chapter” è tangibile ed è di quelli fetidi e senza fondo – anche se c’è chi ancora salva il terzo lavoro del gruppo, personalmente ritengo che sia stato il proverbiale “inizio della fine”. Dunque, se ci si aspettava il ritorno di una sorta di distruttivo anti-tutto, una annichilente mostruosità ascrivibile ai primi due capitoli della storia dei nove dell’Iowa, beh, sarebbe stato illusorio anche nella migliore delle ipotesi (e non è questo il caso). La sorpresa è che chiunque sia pronto a cagare su “We Are Not Your Kind” dovrebbe impiegare un paio d’ascolti in più prima di dar aria alla bocca, e lo dico senza provare più un’oncia di simpatia per il gruppo. D’altro canto non sarebbe stato l’album of the year nemmeno nel 2005, quindi chetatevi anche voi, fanatici.

Preso atto che la baracconata Slipknot sia un passaggio inevitabile ad ogni ritorno in scena del gruppo, che la presentazione delle nuove maschere a momenti sia più importante dell’artwork del disco – e la polemica sterile su quanto faccia schifo o meno quella di Corey Taylor dimostra tutta la debolezza di fan e anti-fan – e spesso pure della musica stessa, quello che da dimostrare avevano Shawn Crahan e compagnia briscola è già arrivato e passato, l’unica cosa degna da fare era tirare fuori dal cappello qualcosa che non facesse accapponare la pelle come “All Hope Is Gone”. Missione compiuta. Non ci credete?

Vicino a brani “chiamati” e pressoché inutili come Unsainted, Orphan e Red Flag (tremende paraculate che ripescano in malo modo da “Iowa”), troviamo Spiders, e qui il terreno da tastare è quanto di più lontano dallo Slipknot pensiero possibile: melodie trip hop sbilenche a profusione ed intensità ad alto livello che spazza via la scontatezza. L’uso massivo di effetti ed elettronica da parte di Jones e Wilson è parte integrante dell’intelaiatura, a volte anche più delle solite chitarre lanciate a mattonate qui e là: My Pain si regge praticamente solo su elementi electro/harsch e fa la parte della ballad in cui Taylor può ergersi in tutta la sua innata bravura, e se di sperimentazione è esagerato parlare, poco ci manca e lo squagliamento noise merzbowiano sulla coda non solo fa la sua porca figura, ma funziona alla stragrande.

Situazioni come quelle spese nell’enorme Not Long For This World prendono tutti gli elementi di cui sopra e li sbattono in uno di quei tipici pezzi alt-metal che fanno volare. E sì, è sempre Corey a tener banco, perché se gli altri sono semplici mestieranti lui è tornato in forma smagliante e nelle parti melodiche è più evidente che mai, come nel deliquio del chorus delle ficcanti Critical Darling (vi sfido a togliervelo dalla testa, una roba al livello di Purity) e Birth Of The Cruel o dell’acrimoniosa A Liar’s Funeral e negli strambi scambi vocali di Nero Forte.

Il grave e più grande punto debole di “We Are Not Your Kind” resta l’indecisione, il dubbio amletico: essere gli Slipknot che tutti si aspettano o abbandonare la maschera (magari letteralmente vista l’età) e finalmente abbracciare una nuova maturità artistica? A questa domanda oggi non vi è risposta, forse si teme di fare il passo definitivo che potrebbe portare all’implosione del circo messo su ormai vent’anni fa, ma uno scampolo di volontà pare esserci.

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