Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Sleater-Kinney – The Center Won’t Hold

2019 - Mom+Pop
alternative rock

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. The Center Won’t Hold
2. Hurry On Home
3. Reach Out
4. Can I Go On
5. Restless
6. Ruins
7. Love
8. Bad Dance
9. The Future’s Here
10. The Dog / The Body
11. Broken


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Confesso che le Sleater-Kinney non mi hanno mai entusiasmato, le ho sempre trovate un buon gruppo alternative con delle belle idee ma sempre un passo indietro rispetto alle loro potenzialità. Infatti, nel loro decennio di oblio non ne ho sentito la mancanza e, quando due anni fa sono tornate con “No Cities to Love” non ho gridato di gioia.

Ma “The Center Won’t Hold” mi ha sorpreso, mi alzo in piedi, mi levo il cappello, mostro la mia calvizie da 40enne, mi inginocchio davanti a tale grazia e illuminazione, perché a questo punto non potevano fare un disco migliore: ci voleva un lavoro di ricerca, ci voleva uno scienziato, un genio folle per tirare fuori il giusto sound. Perché è soprattutto di sound che si parla. È cambiato, sì, e a molti ha già fatto storcere il naso, il fatto è che si trattava di prendere un pezzo di legno pregiatissimo e farne una scultura che rimanesse nel tempo, prendere gli elementi di creatività, di ispirazione che hanno sempre caratterizzato le ragazze e di elevarle a qualcosa di unico, originale e duraturo. Ma non è solo il sound, si tratta di una nuova vocazione, un orientamento più marcato, lucido e miracolosamente consigliato.

Mi accorgo oggi del perché non mi sia appassionato al ritorno di Corin, Carrie e Janet: perché mancava di qualcosa, mancava di una mente geniale che le portasse al livello che meritano. Perché il grezzo non basta, perché è ripetitivo, qualcosa di già sentito. L’alternative, lo stoner, il garage e tutti i sottogeneri delle culture sotterranee non hanno più motivo di esistere come li conosciamo. Ascoltando le innumerevoli uscite, il più delle volte mi viene la depressione, perché ascolto cose senza senso, copiature, ripetizioni, senza un vero motivo, senza un’anima oppure divagazioni sonore basate su nulla Oggi, come ieri, abbiamo bisogno dell’artista geniale per ricordarci di quanto può darci l’ascolto di un disco in termini di emozioni. Quindi diciamo che St. Vincent sta alle Sleater-Kinney come Elvis Costello sta(va) ai Pogues o Quincy Jones a Michael Jackson.

Avanti, dunque, a differenza di quella moltitudine di band che dopo i 10 o 15 anni di ritirata tra le faccende domestiche tornano a cercare una seconda giovinezza pensando di aver congelato il tempo al 1999 e ripropongono lo stesso medesimo approccio e si lamentano se vendono sì e no 300 dischi e il pubblico è composto da quattro nostalgici con conflitti interiori irrisolti. È vero che album come “Sleater-Kinney” e “Call the Doctor”, ma anche gli altri degli anni ’90 sono e rimarranno indimenticabili per molti, ma anche, e appunto, irripetibili. Perché è questo il problema di oggi: la ripetizione, l’imitazione di se stessi di 20 anni prima.

Guardate Iggy per esempio: avrà fatto almeno mezza dozzina di album superflui ma non è mai stato noioso. I Pixies sì invece. E non voglio pensare alla sofferenza, alla rottura di coglioni che mi provocherà la loro prossima uscita. E questo non è giusto. Non è giusto nei nostri confronti, noi che abbiamo 40, 50 anni e che compriamo sempre speranzosi tutti i dischi, che, nonostante figli, lavoro e menate a non finire all’età adulta, non abbiamo abbandonato i nostri beniamini. Questa mancanza di rispetto è la trappola del noto, dell’ “Io sono così, prendere o lasciare”. Eh no carissimi, non siete così, vi siete seduti così, vi siete adagiati così, pensate di aver trovato il sound perfetto, immutabile, la formula corretta per una carriera più che longeva, Billy, non ti disturbare neanche, facci il favore! E anche tu, Francis! Perché non avete coraggio, non siete disposti a muovervi di un pollice per andare avanti, non siete disposti a perdere, mi ricordate la nostra classe politica. Perciò, non credo di riuscire ad insultarvi meglio di così, prendete esempio dalle Sleater-Kinney che, dopo essersi rese conto di star cadendo nella trappola delle sabbie mobili con “No Cities to Love”, tornano con “The Center Won’t Hold”, dove finalmente mettono un tassello nella musica di questi decenni, hanno finalmente prodotto un album vero, attuale. Perdendo molto, sia chiaro: Janet non ha retto e se n’è andata, giustamente, Santo Cielo, da quant’è che non vedevo un gesto così autentico e degno di una scena rock all’interno di una band?

Ora posso parlarvi (ma, datemi retta, andate semplicemente a prendervi o scaricarvi quest’album) delle melodie vocali di Corin e Carrie che hanno ritrovato l’impulso di due giovani, veri artisti, delle incursioni elettroniche di Annie Clark che magicamente accompagnano una qualità dei pezzi alta, un’ispirazione che fa pensare ad un nuovo inizio che parte dal centro che non regge, perché quello su cui ci stiamo concentrando non ha basi solide, non può vivere, ed è qui il messaggio più rock dell’album: la riflessione su cosa sia veramente importante oggi e il pericolo della distrazione e dell’illusione di vedere in cose futili la base su cui costruire e creare. “The Center Won’t Hold” è una brezza di aria fresca attraverso una giornata di scirocco, il vento fa il suo giro, quello che ci voleva per rimanere vivi.

Quindi buona fine estate a tutti e ricordatevi che siamo quasi negli anni ’20 e il rock non è morto, può ancora farcela anche senza rimanere “fedele” a quello che è stato (non vi fa paura questa parola oggi)? Quello che vi dico è che l’importante non è la fedeltà ma l’onestà, l’onestà intellettuale che ti fa fermare e riflettere su cosa siamo oggi e cosa e come possiamo comunicare. Come possiamo rinascere. “The Center Won’t Hold” è la rinascita delle Sleater-Kinney e spero sia solo il primo passo di una nuova e duratura produzione creativa, magnificamente ispirata e contagiosa. Io, per esempio, inizio oggi ad essere un loro fan.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni