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Thenighttimeproject – Pale Season

2019 - Debemur Morti Productions
Progressive / gothic / alternative

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Tracklist

1. Hound
2. Rotting Eden
3. Binary
4. Final Light
5. Embers
6. Pale Season
7. Anti Meridian
8. Signals In The Sky
9. Meridian


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The Nighttime Project è la terza traccia di “A Thin Shell” degli October Tide, progetto parallelo dei Katatonia negli anni novanta, che qui si fa eponimo del side-project elevato al quadrato Thenighttimeproject, creatura bastarda figlia dell’instancabile chitarrista scandinavo Fredrik Norrman (ex Katatonia, ex October Tide, Trees of Eternity).

Fin qui le presentazioni. Il progetto è cresciuto lentamente e ha acquistato pian piano i contorni riconoscibili del progressive gotico dalle sonorità smussate. In ogni senso allora è possibile preliminarmente affermare che “Pale Season” ricapitola la storia della band; “Pale Season” è un disco eminentemente Grower. Il termine inglese Grower indica più cose, nessuna delle quali particolarmente attenta agli standard minimi dell’eleganza concettuale. In ambito musicale il termine Grower, in voga all’inizio degli anni zero, si usava per indicare un brano o un album il cui apprezzamento avveniva lentamente, ascolto dopo ascolto.

L’unica certezza sin dal primo ascolto è l’assoluta aderenza alle trame melodiche provenienti dal gruppo madre Katatonia; aderenza rafforzata dall’arrivo al basso di un altro componente della storica band svedese, il chitarrista, qui al basso, Mattias Norrman convocato dal fratello Fredrik a completare un ensemble dotato di buona tecnica e al quale si affiancano il chitarrista Alexander Backlund nonché il batterista Jonas Sköld provenienti dai Letters From The Colony.

L’ascolto è tutt’altro che ostico e alla melodia katatonica si affiancano uno dopo l’altro gli stilemi provenienti dalle maggiori band del sad prog scandinavo, in particolare i sempreverdi Opeth. La sensazione chiarissima è quella di trovarsi impantanati in un mondo privo di consistenza, un mondo fatato nel quale la cosa più sinistra sono i prevedibili colpi di bacchetta magica affidati al programming. La tentazione di archiviare il tutto come un esperimento di gothic per Liala del XXI secolo è forte; chi è abbastanza paziente o in coinvolto in una relazione tanto critica da concedersi un secondo ascolto avrà tuttavia la possibilità di apprezzare la cura estrema delle sovraincisioni e la notevole mise compositiva di brani come Signals in the Sky.

Chi avrà tenacia e amore per l’algida emozionalità scandinava sarà ricompensato con la bellezza di un fiore che si schiude solo con la maturità. Non è certo tuttavia che un disco debba essere un esercizio di atletismo uditivo, come non è certo che la pazienza sia una virtù musicale.

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