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Interviste

Intervista a ZEN HEX

Nello sconfinato panorama delle realtà musicali e artistiche italiane, esiste un’etichetta toscana che più di tutte, negli ultimi anni, è stata capace di produrre realmente qualcosa di nuovo e fuori dagli schemi. Zen Hex è un caso più unico che raro nel nostro paese e quindi, dato che conosco personalmente Iacopo sin dai tempi in cui si girava lo Stivale in nome del punk rock e delle birre calde, intervistarlo è stata una cosa più che consequenziale. A mio parere Zen Hex incarna perfettamente la definizione di “cultura alternativa”: ecco spiegate le ragioni in questa chiacchierata: i suoi lavori sono eclettici, ricercati e inauditi.

Per iniziare, facci una dettagliata cronistoria di Zen Hex. Chi siete, cosa fate e come sia nata.

Zen Hex nasce all’incirca nel 2014, un anno dopo la chiusura di Sons Of Vesta, la mia precedente avventura discografica durata quasi 10 anni, e nasce semplicemente dalla nostalgia delle cose che fino a poco tempo prima erano il mio pane quotidiano. Complice la scoperta di musica nuova che come me si stava allontanando dal circuito un po’ stagnante di quel periodo, ho deciso di rimettermi in gioco seguendo la mia passione: far uscire dischi. È un’operazione condotta in solitaria, con tutti i pro ed i contro del caso, e mi piace pensarla come ad un piccolo cortocircuito: non segue le logiche di mercato, stampa solo 7” in edizioni ultra-limitate, e si occupa di musica cacofonica e disturbante. Insomma, se non fosse chiaro, non è un business multimilionario ma un hobby romantico e nostalgico, e anche il formato, diretto discendente dal punk anni novanta, ne è la riprova.

In che modo scegli gli artisti che vuoi produrre? Esiste una linea artistica alla quale ti attieni?

Non c’è una linea artistica ben definita: che sia post-punk, noise, elettronica sperimentale o avant-garde, si tratta pur sempre di un’area grigia, mutante e in continua evoluzione, per cui in genere mi attengo all’impatto iniziale. Se mi colpisce, mi incuriosisce, mi intriga, siamo già a metà dell’opera. In generale ricerco musica che vada al di là del mero intrattenimento, mi piace ci sia sempre collegata una parte più cervellotica, una storia da raccontare, un contenuto da sviluppare, della multimedialità che spazi tra la performance dal vivo, a delle parti testuali, a dei videoclip creati ad hoc. Preferisco, come al solito, collaborare con persone con cui ho innanzitutto dei rapporti anche nella vita reale, se si è già sulla stessa lunghezza d’onda è sicuramente più facile trovare un punto di incontro. Non escludo mai niente a priori, comunque.

Parlaci di Arezzo senza ricadere, però, nei soliti stereotipi della “città provinciale annoiata e priva di luoghi di aggregazione”. Cosa si fa ad Arezzo oltre ad eliminare il Novara Calcio 1908 dai playoff promozione di Lega Pro?

Hai già detto tutto tu, non ho molto altro da aggiungere e non seguo nemmeno il calcio…Scherzi a parte, ci sono energie positive in crescita, giovani (e meno giovani) speranzosi, interessati ed interessanti che lavorano sodo affinché non muoia tutto, e questo mi fa sperare bene. Purtroppo la pigrizia e l’indolenza la fanno da padrone, e la quasi totale mancanza di spazi di aggregazione aperti alle novità e alle avanguardie rende tutto più difficile, la provincia in questo è spietata e si sa. Però sono anche convinto che serva un certo tasso di noia e disagio perché il territorio sia più propenso ad accogliere la novità invece che abbracciare la monotonia. Secondo me siamo al giusto livello, il nuovo ed il diverso possono e devono arrivare.

Di solito la cosiddetta “etica DIY” viene associata a generi musicali derivanti dal punk come il Grind, il Crust o l’Hardcore. In questo ambito, Zen Hex rappresenta sicuramente un caso più che isolato oppure esistono altre realtà come la tua? Che rapporti hai con tali realtà?

Io credo che la mentalità Do It Yourself esista ancora, semplicemente non è più un valore esclusivamente identificativo di un determinato gruppo di persone, il che è un bene: anziché essere un’icona da sbandierare o una sigla con cui riempirsi la bocca (a volte perfino esasperandone il significato), è diventato per alcuni un naturale aspetto intrinseco, al punto in cui forse certe etichette nemmeno sanno di rientrare in quel determinato canone. Ma se ad esempio prendi in mano un disco uscito per Boring Machines, Coward Records, Non Piangere Dischi, Maple Death, My Own Private Records, a mio avviso è lampante che il terreno comune è quello, ed è ovviamente bello riconoscersi in una moltitudine di realtà dai confini piuttosto sfocati.

Cosa leggi in campo musicale? Quali sono le fanzines, le riviste e le webzines che più vi attraggono per interessi e attitudine?

Devo ammettere che non sono un grande lettore della critica musicale, non è mai stata il mio punto di riferimento, ho sempre preferito il passaparola. Ho però degli appuntamenti fissi, come The Sunday Experience di Mark Barton (vi sfido a non rimanere colpiti dal suo entusiasmo), le disquisizioni nel campo della musica elettronica di Maurizio Inchingoli su The New Noise, le mini-monografie sul punk di Impatto Sonoro (Sembra una marchetta, ma quella sui Pageninetynine, quella sui La Quiete…mi hanno emozionato. Rimango pur sempre un nostalgico no?).

Quali sono le etichette italiane ed estere con cui hai maggiori rapporti? Esistono ancora gli scambi tra i diversi produttori, una volta uscito un disco nuovo?

Generalmente non scambio più, perché non avendo più una distribuzione cerco di non riempirmi più casa con tonnellate di dischi, adesso giro molto meno per concerti rispetto a prima ed il mailorder è un po’ più difficile da quando esiste Discogs. Però con le etichette con cui sono più in sintonia (come ad esempio le già citate Boring Machines e Non Piangere Dischi) ci ci scambiamo opinioni, consigli, contatti, facciamo fronte comune. Quando c’è interesse da entrambi i lati, scambiamo delle copie di dischi, è una scusa per tenerci aggiornati sulle rispettive ultime uscite.

Che differenza c’è tra Zen Hex e Sons Of Vesta? Organizzare concerti, vendere i propri dischi, decidere una linea quando c’è da scegliere un artista da produrre: cosa è cambiato e cosa è rimasto immutato?

Come dicevo prima, essendo una delle due metà di Sons of Vesta mi sono portato dietro una ricca eredità di esperienza e attitudine. Si dice che la mela non cada mai troppo lontana dall’albero e mi piace pensare sia proprio così. Essendo da solo prendo le mie decisioni e seguo le mie linee guida, quindi sicuramente le scelte sono più a senso unico, nel bene e nel male: a volte più oculate, a volte più irrazionali, ma fa parte del gioco. Ai concerti dedico molto meno tempo, ma nei limiti del possibile se ho modo cerco di darmi da fare, sia nel mio territorio che aiutando gli artisti di Zen Hex a trovare qualche data in giro. Da due anni io e Tommaso (Passed, ascoltate il suo disco uscito per Boring Machines!) abbiamo ideato Sabogia, un festival che tratta musica sperimentale, ostica e non convenzionale, giusto per non complicarci le cose.

Sono cambiati i tuoi gusti musicali dopo la nascita di Zen Hex?

Si sono sicuramente ampliati e sono meno unidirezionali, ho imparato ad apprezzare cose agli antipodi rispetto a quello che ascoltavo prima, ma come avrai capito dalle risposte che ti ho dato fino ad ora, certi dischi e certa musica non si dimentica mai. Posso non ascoltare certi dischi per mesi, o anni perfino, ma quando li tiro fuori e li metto sul piatto, e mi rendo conto che so ancora tutte le parole a memoria, è emozionante.

Parlaci dei progetti futuri, delle uscite imminenti e di quelle più remote.

È appena uscito “Island Within An Island“, il secondo capitolo della trilogia di 7” “Panorama” di Claudio Rocchetti, mentre il terzo ed ultimo uscirà a dicembre. Poi vedremo, ci sono alcune idee in discussione, alcune piuttosto definite e altre appena abbozzate, ed altri progetti ancora chiusi in un cassetto nella speranza che, un giorno, possano concretizzarsi. Chissà.

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