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Paolo Spaccamonti – Volume Quattro

2019 - Escape From Today / Dunque
trip hop / sperimentale

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Tracklist

1. Cuocere verdure e fare il brodo con le ossa
2. Ablazioni
3. Nina
4. Nessun codardo tranne voi
5. Un gelido inverno
6. Rimettiamoci le maschere
7. Paul dance
8. Fumo negli occhi
9. Tutto bene quel che finisce
10. Luce
11. Diagonal


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There’s a light that never goes out”. La citazione smithsiana è ciò che mi ispira la visione del video, bellissimo, realizzato da Donato Sansone per il brano Ablazioni. L’oscurità e l’intermittenza di un bagliore che suggerisce ma non svela una frenesia, un brulicare di brevi fotogrammi separati che, messi insieme, raccontano una storia. Un racconto che non rassicura, anzi: lo status quo, l’inedia uccide. Qui semmai ci si interroga, si scava per svelare uno strato che invariabilmente ne occulta altri, che portano a continuare a sondare, a perdersi fino a trovare non sé stessi, ma un punto di domanda ulteriore, immane. Ed è ciò che ogni buon disco dovrebbe fare: mettere in crisi, turbare, ispirare.

Ogni uscita per i tipi di Escape from Today Records dovrebbe essere salutata come un evento. A maggior ragione (ma non me ne vogliano gli altri artisti in forza nell’etichetta) se si tratta di un disco di Paolo Spaccamonti. Che, direbbero alcuni, con questo centra l’album della maturità. Ma, oltre ad essere un’espressione trita, non è neanche corretta. Perché Paolo è nato maturo, e non sto provando ad azzeccare quanti anni ha, lungi da me. Fin dall’esordio di ‘Undici Pezzi Facili’ e passando per i successivi album in solitaria e numerose collaborazioni (memorabile quella con Jochen Arbeit per ‘CLN’), ha condensato più idee e ispirazioni nei solchi di un solo LP che altri artisti in intere discografie.

In questo senso, “Volume Quattro” rappresenta certamente un approdo, una naturale prosecuzione di un discorso e, ci auguriamo, un punto di ripartenza. L’artista torinese tradisce un gusto cinematografico fin dai titoli: Cuocere verdure e fare il brodo con le ossa potrebbe essere il titolo di un film del primo Pupi Avati e funge da intro del disco con quel che da orchestra in accordatura. Un album che opera per sottrazione, per suggestioni più che per affermazioni, a dimostrazione che il motto “less is more” è sempre valido e desiderabile. Dai trasognati e malinconici fraseggi blues di Nina, al western demoniaco di Nessun codardo tranne voi, ai paesaggi alienanti ed elettromagnetici di Rimettiamoci le maschere, passando per la dark-wave di Paul dance i brani sono spesso concepiti intorno a sample di batteria minimali sui quali la chitarra ricama arpeggi dolenti, spesso con effetti di riverbero o delay, costruendo paesaggi sonori complessi su presupposti almeno in principio semplici. L’intero disco assume così connotati coesi e omogenei, lungo un fil rouge che rende ormai Spaccamonti riconoscibile e personale.

Ex “best kept secret” assurto tra i grandi, Spaccamonti conferma la bontà di una carriera finora impeccabile e manda “Volume Quattro” agli archivi come uno dei dischi italiani dell’anno. Da custodire gelosamente.

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