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Telefon Tel Aviv – Dreams Are Not Enough

2019 - Ghostly International
elettronica

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Tracklist

1. I dream of it often
2. a younger version of myself
3. standing at the bottom of the ocean
4. arms aloft
5. mouth agape
6. eyes glaring
7. not seeing
8. not breathing
9. still as stone in a watery fane


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Dopo dieci anni tornano i Telefon Tel Aviv da Chicago. Sì, dieci anni, perché il loro ultimo lavoro, “Immolate Yourself“, risale al 2009. Ultimo lavoro prima della morte improvvisa di Cooper, avvenuta nel gennaio di quell’anno. “Immolate Yourself” esce, ma dopo l’accadimento Joshua Eustis, l’altro membro fondatore dei Telefon Tel Aviv, spinge la propria produzione più verso progetti solisti e collaborazioni, che ad una rifondazione della band.

Dreams Are Not Enough” nasce da una visione onirica dello stesso Eustis, che ci racconta in nove brani un sogno ricorrente che lo accoglie sin da quando aveva otto anni. Mentre si trovava in vacanza coi genitori in Alabama, continua a nuotare nell’Oceano sino a quando non inizia a precipitare nell’oscura profondità di un contenitore scuro, ritrovandosi infine coricato sul fondo di questa immaginaria identità. I pezzi sono disposti in modo da descrivere, in un’unica frase, questa onirica avventura: I dream of it often, a younger version of myself, standing at the bottom of the ocean, arms aloft, mouth agape, eyes glaring, not seeing, not breathing, still a stone in a waterly fane. In questo disco, scritto appositamente per iniziare una nuova era attitudinale e musicale, i Telefon Tel Aviv ci riconducono in un universo triste, meccanico e postmoderno in cui il sogno appare come l’unica via di fuga per ritornare alle proprie realtà quotidiane, alle proprie abitazioni sani e salvi, alle proprie città che si apprestano a vivere l’autunno aspettando il Natale. La malinconia, la solitudine e la morte vengono descritte come paludate aperture verso il reale, e ci vengono descritte con una minimale minuziosità degna di un’epifanica descrizione letteraria.

Mia madre andò a lavorare a Chicago per due settimane, nel 1987. Ero piccolo, ci sentivamo al telefono per brevi conversazioni e mi diceva sempre che faceva un gran freddo. Era ottobre e con le sue parole, lontane tre scali aeroportuali (Zurigo, Heathrow e O’Hare) e un intero Oceano, riusciva a fare arrivare nella nebbiosa pianura il vento gelido del Lago Michigan. Ho ascoltato tutto “Dreams Are Not Enough” pensando a queste telefonate e ho capito che sia meglio non speculare troppo su questo nuovo, denso lavoro discografico, su questa caduta libera verso una nuova, affascinante forma di post-rock.

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