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Namata – Shining Summer Dream

2019 - Autoproduzione
folk / rock / psichedelia

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Tracklist

1. Iron man
2. Sad blue eyes
3. My daddy
4. Sweet nightmare
5. Lullaby for my unborn child
6. Man and rat
7. Mi capitàn
8. Bad last day


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Se abbiamo deciso di recensire questa opera prima è per il vigore rapsodico con il quale Marco Fornarola ha saputo incrociare i sentieri tranciati di una vita con quelli singhiozzanti del viaggio. È la geografia il nodo musicale che Namata aka Fornarola propone senza sciogliere, espone senza esibire.

È in questo che ci siamo invaghiti di questo Chatwin musicale pieno di difetti e passaggi a vuoto costruiti con grande sfarzo lo-fi. Più che un disco un taccuino emozionale nel quale letteratura, amori musicali e carnali, lutti e altra umanità a caso si intrecciano vitalisticamente in una specie di patchanka folk della quale Namata è paladin* incontrastat*.

Un disco che si anima pian piano tra le strade dissestate percorse dalle chitarre inquiete di Alessandro Camerinelli e i synth di Manuel Cascone che organizzano incursioni ben calibrate nella psichedelia anni ottanta sono, reperibili anche a orecchie poco accorte, nella introduttiva Iron Man. È lo stesso Cascone, al banco, a imprimere il calore sporco dei suoni che fanno di “Shining Summer Dreamun disco da cameretta senza cameretta, un disco pensato al chiuso e arrangiato en plein air. Insomma un disco punk, punk nello stesso modo in cui le riviste musicali americane seventies definivano punk Patty Smith e coutry/folk alla maniera di Don McLean emergente nello struggimento rarefatto di Lullaby for my Unborn Child ben preparato da Bad Last Day una ninna nanna acida fatta di contraccolpi, sincopi improvvise inferte alla serenità notturna altrui. Tonalità più calde e distese attendono l’ascoltatore nella bruma blues di Man and Rat scritta da Stefano di Trapani, una vecchia conoscenza della scena sperimentale romana.

A sentire questa opera prima tutta d’un fiato, si ha l’impressione di avere a che fare con l’incompletezza del non finito, del non pacificato, più sentito che pensato, più gettato che riflesso; un colpo di coda del passato che torna come spirito ossessivo a infestare le nostre giornate. Dire che il futuro è alle nostre spalle non è un lamento funebre: la questione cruciale è cosa ne faremo, dove lo porteremo» diceva Lester Bangs in “Rages to Come”. Questo non è un disco per adolescenti, nel bene e nel male.

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