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Puddle Of Mudd – Welcome To Galvania

2019 - Pavement Entertainment
post grunge

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Tracklist

1. You Don’t Know
2. Uh Oh
3. Go To Hell
4. Diseased Almost
5. My Kind Of Crazy
6. Time Of Our Lives
7. Sunshine
8. Just Tell Me
9. Kiss It All Goodbye
10. Slide Away
11. Uh Oh – Come Clean Version


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Vi ricordate i Puddle Of Mudd? Bene, sono tornati. Esattamente dieci anni dopo l’ultimo album di inediti, il non particolarmente fortunato “Volume 4: Songs In The Key Of Love & Hate”, la band guidata da Wes Scantlin rispolvera l’antico vessillo del post-grunge con le dieci tracce del nuovo “Welcome To Galvania”. Un lavoro che, stando alle parole del ripulito e rinsavito frontman, dovrebbe segnare la rinascita artistica e, perché no, persino morale di un gruppo che, a suon di concerti in playback e sceneggiate alcoliche, aveva letteralmente preso a picconate la sua credibilità.

Partiamo dagli aspetti positivi del disco. Innanzitutto, non è un totale disastro: questo di per sé è già un traguardo, e servirà a tranquillizzare i pochi fan rimasti in circolazione. Si avverte una certa dose di impegno da parte di Scantlin, che prova a riallacciare i nodi di un progetto di cui è ormai titolare unico. Per farlo, si guarda alle spalle e recupera le buone intuizioni che trasformarono “Come Clean” in uno degli episodi più felici della gloriosa (se così si può dire) stagione alternative metal di inizio anni 2000.

Nei brani di “Welcome To Galvania” gli elementi tipici del non originalissimo sound dei Puddle Of Mudd ci sono tutti e sono ben equilibrati: chitarre corpose, belle melodie, una spiccata attitudine pop che si infiltra tra le crepe di un post-grunge metallico e dal sapore fortemente southern. Le cose girano a dovere quando i nostri pigiano il piede sull’acceleratore: You Don’t Know, Go To Hell e Diseased Almost, pur sembrando scarti degli Alice In Chains, convincono a pieni voti, con ottimi riff e anche qualche assolo assai sfizioso.

La lezione appresa da Jerry Cantrell e compagni viene ripetuta a pappagallo altrove (Kiss It All Goodbye, Sunshine e Slide Away) ma con risultati decisamente al di sotto delle aspettative. Delusioni da nulla, tuttavia, se confrontate con i due difetti principali di “Welcome To Galvania”: la prova incolore di Wes Scantlin dietro al microfono e la qualità davvero pessima del missaggio, che dona alle canzoni in lista un suono caotico, paludoso e raffazzonato, neanche si trattasse di una demo. Le chitarre hanno volumi talmente folli da sommergere persino la batteria; a tratti arrivano addirittura – involontariamente, credo – a friggere, come dimostra l’attacco di You Don’t Know. Una cosa buona la fanno, però: lasciare sullo sfondo la terribile voce nasale e inconsistente di Scantlin, ridotto ormai a pallidissimo emulo di Kurt Cobain e Scott Weiland.

Per chiudere, vi darò la mazzata finale: questo disco è brutto. Per fortuna, però, si tratta di un brutto normale, quasi rassicurante, perché non preclude possibilità di miglioramento in futuro. I Puddle Of Mudd conoscono ancora il loro mestiere: devono semplicemente riprendersi dalla prolungatissima sbornia. Se volete evitare fastidiose orchiti, skippate senza farvi troppi problemi le tante ballad e semi-ballad in scaletta (My Kind Of Crazy, Time Of Our Lives, Just Tell Me e Slide Away).

Ah, un’ultima cosa: se avete intenzione di ascoltare il singolo Uh Oh, fatelo a vostro rischio e pericolo. Vorrebbe essere la nuova She Hates Me, ma a me personalmente ha fatto pensare a un mix tremendo tra Staind e Def Leppard. Il bridge rappato, poi, è la “ciliegina” sulla torta.

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