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Joker, di Todd Phillips

Joker

Scheda

Nazione: USA, 2019 – drammatico
Regia
: Todd Phillips
Soggetto: Bob Kane, Bill Finger e Jerry Robinson
Sceneggiatura: Todd Phillips e Scott Silver
Costumi: Mark Bridges
Musica: Hildur Guðnadóttir
Scenografia: Mark Friedberg
Fotografia: Lawrence Sher
Montaggio: Jeff Groth
Durata: 123‘
Cast: Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz, Frances Conroy, Brett Cullen, Dante Pereira-Olson
Uscita: 3 ottobre 2019
Distribuzione: Warner Bros


Arthur Fleck, clown di strada e per feste di bambini, vive con la madre, malata e bloccata in casa, in un macilento condominio alla periferia di Gotham City. Arthur, reduce da un ricovero presso l’ospedale psichiatrico e ancora in cura da una psichiatra, sogna di avere successo come comico e per questo cerca di carpire i segreti dei tempi scenici osservando in TV il suo idolo: Murray Franklin, conduttore di una trasmissione che va in onda in seconda serata.

Sgombrando il campo da possibili fraintendimenti la pellicola firmata da Todd Phillips, divenuto famoso grazie ai capitoli due e tre della serie “Una notte da leoni”, e per questo capace di convincere Bradley Cooper a partecipare alla produzione della pellicola, non rappresenta il classico cinecomics e anzi, per stessa ammissione del regista, si può parlare di ‘un cinecomics mascherato da dramma’ o, per come lo abbiamo vissuto noi, ‘di un dramma mascherato da fumetto tridimensionale’, dove l’agiografia del principe del crimine viene per l’occasione ridisegnata sulle spalle scavate di Joaquin Phoenix, capace di raccogliere a oltre dieci anni di distanza, il testimone passatogli da Heath Ledger, riuscendo a completare la riscrittura apocrifa di un personaggio alla soglia degli ottant’anni dalla sua prima pubblicazione.

Questa volta l’alias nel quale c’imbattiamo ha il volto deturpato di un uomo in perenne bilico fra il riso e il pianto, figlio di una donna alla ricerca di aiuto da parte del suo ex datore di lavoro Thomas Wayne, mentre il figlio, da lei soprannominato Happy, vorrebbe solamente fare quello per il quale crede di essere tagliato, ovvero far sorridere e rallegrare la gente, mentre attorno a sé dovrà inevitabilmente fare i conti con una città, e una nazione, alla deriva, dove il degrado non manca e dove, per persone come lui e la madre, pare non esservi posto.

Un film che non lascia di certo indifferenti, nel quale il dibattito fra violenza e giustizia e dove il torto e la ragione sono sempre relegate in una nebulosa zona grigia impreziosita da una fotografia e da una colonna sonora di primissimo livello. Nel quale New York è impiegata come set per descrivere la Gotham dei primi anni ottanta, in cui i distinguo fra ricchezza e povertà sono sempre molto marcati ed è proprio fra le pieghe di quest’ultima che si muove Joaquin Phoenix, occupando con una risata folle, pianti inspiegabili, contorsioni e mimiche facciali ogni angolo del grande schermo fino a ergersi a pericoloso paladino degli ultimi e degli oppressi e relegando Robert De Niro a presenza marginale nel ruolo di un conduttore supponente degno del Jerry Langford di “Re per una notte”.

Siamo quindi certi che Paul Kersey sarebbe stato fiero dell’operato di Arthur Fleck, molto meno fieri di certo molti altri.

 

 

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