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Trent Reznor & Atticus Ross – Watchmen: Volume 1 (Music From The HBO Series)

2019 - The Null Corporation
industrial

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Tracklist

1. HOW THE WEST WAS REALLY WON
2. ORPHANS OF KRYPTON
3. GARRYOWEN
4. NUN WITH A MOTHERF*&*ING GUN
5. OBJECTS IN MIRROR (ARE CLOSER THAN THEY APPEAR)
6. KATTLE BATTLE
7. AMERICAN PROMO STORY
8. I'LL WAIT
9. TRIGGER WARNING
10. THE BRICK
11. NEVER SURRENDER
12. MÜLLER TIME
13. OWL HUNTS RAT
14. ABSENT FRIENDS AND OLD GHOSTS
15. WATCH OVER THIS BOY


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Le serie TV controllano la nostra vita, nel bene, nel male, che siano belle o brutte, che cazzo ce ne frega? Noi le guardiamo tutte (o quasi) e ne parliamo (di continuo) e non c’è più santo che tenga, perdiamo i freni inibitori. Che abbiano preso il posto che una volta detenevano i film, con le saghe infinite che ci tenevano in sospeso per anni, addirittura decenni – con Star Wars ci siamo ancora dentro mani e piedi e sta per arrivare una sua serie vera e propria – è fuori di dubbio. Tratte da fumetti, libri, film, altre serie che una volta chiamavamo telefilm, cartoni animati e via discorrendo, il mercato seriale ormai quasi del tutto on-demand è diventato un vero e proprio laboratorio artistico, e poco importa se a volte è la piccola bottega degli orrori e non una sala degli Uffizi.

Non poteva dunque mancare un adattamento del titolo “Watchmen”, che come saprete non è una trasposizione del capolavoro immortale firmato Moore/Gibbons (dovrei fare un omissis su Alan? Mah), bensì una sorta di “sequel” ambientato circa trent’anni dopo la fine della saga del duo britannico. Come da copione il primo ha mugugnato, schifando l’idea, mentre il secondo è l’unico che compare nei titoli di coda, come per ogni transizione su pellicola dei classici mooriani. Damon Lindelof, creatore della serie, decide che per coronare un progetto così grande e rischioso doveva dare al tutto una colonna sonora degna dei suoi genitori, e così si avvale della coppia più contesa del mercato soundtrackistico, ovvero gli immancabili Trent Reznor e Atticus Ross, ormai divenuti un’unica entità inscindibile, tipo trentreznor&atticusross. Mai scelta fu più azzeccata.

Non che i due siano infallibili, perché ultimamente han firmato così tanta roba da ricadere spesso in cliché ritriti e, pur portando a casa il risultato, non han fatto proprio del loro meglio (chi ha detto Nick Cave & Warren Ellis?). Con “Watchmen”, forse stimolati dalla loro affezione per l’opera, si sono riscattati, rimanendo sempre nel loro, ma facendo un lavoro certosino su come impiegare la musica non solo come mero sottofondo, ma come parte integrante della serie stessa, in un impeto simbiotico di altissimo livello.

Al momento della stesura dell’articolo siamo giunti alla terza puntata e già siamo a livelli (scusate la ripetizione) di calore stellare, mentre il duo delle meraviglie pubblica il “Vol. 01” dei tre che andranno a comporre l’OST nel suo totale. E come sempre si può parlare di album autonomo, come furono “Atomic” e “Kin” dei Mogwai per intenderci. Lo stile inconfondibile dei Nine Inch Nails è qui al suo apice e se ci si concentra sembra di essere tornati alle altitudini delle strumentali di “The Fragile”. L’intensità di Reznor e Ross è devastante, i due non si risparmiano, così inanellano partiture industrial marziali, incalzanti e ribollenti sintesi di malessere rock con casse a tutta dritta e bassi interdimensionali (OBJECTS IN THE MIRROR (ARE CLOSER THAN THEY APPEAR), KATTLE BATTLE), psicosi anarco-jazz elettrostatiche (OWL HUNTS RAT è un trapano) mostruose chitarre luride che fanno implodere il tutto sul binario cyberpunk, molto più centrate che dalle parti di “Add Violence” (l’imponente NEVER SURRENDER, con tanto di intro che riporta dalle parti del Vangelis bladerunneriano), movimenti orchestrali altezzosi e distruttivi incartati in una confezione di violenza brutale (MÜLLER TIME).

Ma non è solo nei momenti spezzafiato che Trent e Atticus danno il meglio, infatti appena il ritmo si abbassa escono allo scoperto gli spettri ambient dei “Ghosts” e fanno capolino fantasmatici synth carichi di angoscia e malessere (HOW THE WEST WAS REALLY WON) e traslucidi pianoforti che incrinano il fragile equilibrio umorale (ABSENT FRIENDS AND OLD GHOSTS), come in una danza post-mortem, in cui tutto sembra esser finito ancor prima di cominciare ma che cammina a passo spedito verso una fine ineluttabile.

I vestiti spettacolari che coprono i mostri dipinti sullo schermo da Lindelof sono come le composizioni reznorossiane: capaci di stregare con poco o colpire dritto sui denti in un massimalismo intenso come il viaggio interiore più putrescente ed emozionale. Quello che, d’altronde, ha costituito da sempre la storia dei leggendari Watchmen.

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