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Goodie Mob: cibo per l’anima dal profondo Sud degli Sates

Goodie Mob

Con la popolazione nera a costituire il 54% di quella totale e un passato da epicentro delle battaglie per i diritti civili, si potrebbe pensare che l’hip hop ad Atlanta sia sempre stato un fenomeno di massa. Invece stando ai resoconti degli artisti locali, pare che per tutti gli anni ’80 la gioventù del posto non si sia mostrata granché interessata alla cosa. I primi anni ’90 videro i clamorosi successi di Kriss Kross e TLC ma nonostante i milioni di copie venduti, i ragazzi dei sobborghi della capitale georgiana non si sentivano rappresentati. Le loro storie erano ancora alla ricerca di una voce in grado di raccontarle, così come l’intero ambiente faticava a trovare un sound che potesse distinguerlo nettamente da quanto prodotto nel resto degli Stati Uniti.

Come è spesso accaduto, la risposta alle preghiere dei discografici arrivò da un gruppo di ragazzi che suonava in cantina. Nel seminterrato dell’abitazione che condivideva con la madre e le sorelle Rico Wade, titolare con gli amici Sleepy Brown e Ray Murray del team di produzione che sarebbe presto divenuto noto come Organized Noize, ospitava una sorta di jam session perenne. La ricerca di uno stile nuovo e riconoscibile da parte dei tre, si risolse nel campionare il meno possibile e suonare la maggior parte degli elementi dei propri beat. Vagliate le loro capacità con alcune produzioni conto terzi i dirigenti della LaFace Records, affiliata all’ormai defunta Arista, decisero allora di dare una possibilità alla Dungeon Family, ossia il collettivo di rapper, cantanti e musicisti che frequentava abitualmente lo studio casalingo del trio.

Goodie Mob

Uscito nella primavera del ’94,“Southernplayalisticadillacmuzik” degli Outkast mise ufficialmente Atlanta sulla mappa del rap che contava. Gli Organized Noize avevano vinto la loro scommessa forgiando un impianto sonoro sornionamente psichedelico e sfacciatamente funky. La vita dei ragazzi del Sud però non era fatta solo di feste a base di musica, marijuana e pollo fritto: sull’intensa Git Up, Git Out il pubblico di MTV veniva messo al corrente di problematiche che li toccavano da vicino come l’elevato tasso di abbandoni scolastici, la conseguente difficoltà nel trovare un impiego stabile e il rischio concreto di divenire manodopera a basso costo per la criminalità organizzata. Dre e Big Boi venivano in questa occasione affiancati da Cee-Lo – che potreste ricordare come voce degli Gnarls Barkley – e Big Gipp, membri di quei Goodie Mob che di lì a poco sarebbero usciti con un disco incredibile.

Goodie Mob
Ai Source Awards del 1995 gli Outkast si aggiudicarono il premio per l’album dell’anno, venendo sommersi dai fischi del pubblico in sala.

Le sommosse esplose dentro e fuori Los Angeles in seguito all’assoluzione degli aggressori di Rodney King, offrirono il destro all’amministrazione Clinton per un giro di vite in nome della tranquillità e dell’ordine. Con la promessa di ripulire le strade dalla criminalità, entrò in vigore la così detta “regola delle tre volte” per punire i recidivi: alla terza infrazione della legge sarebbe scattata immediatamente l’incarcerazione. Il testo della legge però presentava numerose ambiguità: innanzitutto non veniva fatta alcuna distinzione in merito all’entità dei reati. In secondo luogo il margine di discrezione di giudici e giurie circa la durata delle pene era enorme. Come se ciò non bastasse la necessità di investimenti per il potenziamento del sistema carcerario, totalmente gestito da imprese private, era andata a discapito di quelli destinati all’istruzione pubblica. Lo stato della Georgia fu uno dei più colpiti dal provvedimento, vedendo aumentare i propri detenuti nientemeno che dell’800%. I Goodie Mob affrontarono di petto la questione nel loro singolo d’esordio Cell Therapy, dura presa di posizione contro il fatto le istituzioni stessero combattendo fenomeni quali la prostituzione minorile e il traffico di stupefacenti con la repressione armata. Altro fenomeno messo in luce nel testo era la proliferazione delle “gated communities”, zone residenziali in cui l’accesso a chi abita altrove è interdetto, praticamente un rigurgito di Apartheid a due passi dalla Florida. Sorretto da un beat indimenticabile il singolo vendette piuttosto bene, raggiungendo la Top 40 di Billboard.

Goodie Mob

Il 7 Novembre 1995 con l’uscita di “Soul Food”, l’hip hop si arricchì di un nuovo immaginario: quello del Dirty South. Nel pezzo omonimo veniva mostrata particolare ostilità nei confronti dei Red Dogs, un corpo speciale di polizia con grosso modo gli stessi poteri di un commando militare in una zona di guerra. Istituito dal governo qualche anno prima con l’obiettivo primario di arginare la dilagante piaga del crack, risultò poco efficace per combattere la diffusione della droga alla fonte, assicurando alla giustizia perlopiù piccoli spacciatori e consumatori. Si faceva anche esplicito riferimento all’allora presidente con l’appellativo di “dirty Bill Clinton” e tanto bastò ad MTV per bandire i video del gruppo. Il cibo per l’anima che dà il titolo al disco racchiude in sé una moltitudine di significati, da quello più immediato di metafora per la musica agli effetti del THC, senza tralasciare una forte componente religiosa. La fede intesa come esperienza interiore e appiglio nei momenti difficili è qui un tema cardine: non a caso l’album si apre con lo struggente gospel di Free, cantato da un Cee-Lo in stato di grazia. Come nei racconti di William Faulkner la poetica del Sud rimane indissolubilmente legata al suo passato crudele e alle sue strade fangose, ad anime smarritesi sulla via della perdizione, agli affanni degli schiavi liberati, alla frustrazione e alla sete di riscatto, all’aria odorosa di piatti succulenti, liquore casereccio e polvere da sparo.

Goodie Mob

L’assunto da cui Khujo, T-Mo, Big Gipp e Cee-Lo partirono per la stesura del loro seminale lavoro, viene esplicitato fin dalle prime battute di Thought Process: “IF YOU BLACK, YOU IN”. Non si scambi però questa coscienza per vittimismo: la consapevolezza la propria gente non abbia mai fatto tutto quello che poteva e doveva per migliorare la propria condizione, emerge chiaramente a più riprese. Così come il funk dei Parliament, l’attitudine corale degli Ohio Players, il gusto per gli arrangiamenti di Curtis Mayfield, i suoni sintetici della decade precedente, il lirismo sospeso tra sensualità e spiritualità di Marvin Gaye. “Soul Food” non potrebbe essere il capolavoro che è senza lo splendido operato degli Organized Noise in cabina di regia. Produttori che non sbagliano un colpo né un nota, rapper che esibiscono un’istintiva capacità musicale. Semplice come il sesso, raro come l’amore. C’è dell’ironia nel fatto che una persona non terribilmente ignorante e con un buon inglese, fatichi a comprendere fino in fondo i testi di ragazzi praticamente mai usciti dal proprio quartiere, ma viviamo in un’epoca meravigliosa e ci sono Genius e i documentari di Netflix.

Gente semplice e sanguigna che parla solo di cose che conosce bene, dotata di sufficiente personalità per emergere in tempi tutt’altro che avari di uscite interessanti e ancora abbastanza povera per essere credibile. Non si possono fingere la gratitudine dei figli delle ragazze madri, né la profonda fiducia nel fatto forze che non comprendiamo, si adoperino per guidare verso un domani migliore chi ne ha davvero bisogno. “Now and then I get put to the test, but I can’t be stopped ‘cause I gotta come true: ain’t got no gun but I got my crew”. Nel 1995 i legami che crea tra le persone, erano già l’unica cosa rimasta vera e bella dell’hip hop. Mi piacerebbe avere un aneddoto interessante circa l’entrata di questo disco nella mia vita, ma non ricordo bene nemmeno come e dove me lo sia procurato. So solo che ce l’ho da un sacco di anni, lo rispolvero spesso e volentieri e sono sempre stato contento del fatto sia uno dei pochi cd dell’epoca con tutti i testi nel booklet. Come abbia potuto empatizzare col racconto di una realtà lontanissima dalla mia, ascoltato dalla viva voce di persone che non mi somigliano per niente, è uno di quei misteri che nemmeno i tratti universali del sentire umano sono in grado di spiegare completamente. Mi piace pensare che la mia anima avesse bisogno di essere nutrita più di altre, ed è per questo che non sono mai riuscito a reputare meno che imperdibile l’invito a sedersi alla tavola dei Goodie Mob.

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