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Alter Bridge – Walk The Sky

2019 - Napalm Records
alternative metal / hard rock

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Tracklist

1. One Life
2. Wouldn’t You Rather
3. In The Deep
4. Godspeed
5. Native Son
6. Take The Crown
7. Indoctrination
8. The Bitter End
9. Pay No Mind
10. Forever Falling
11. Clear Horizon
12. Walking On The Sky
13. Tear Us Apart
14. Dying Light


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Ecco tornare gli Alter Bridge. Sono ormai quindici anni che Mark Tremonti, Brian Marshall e Scott Phillips provano a farsi perdonare gli oltraggi post-grunge perpetrati ai tempi dei Creed producendo buoni album insieme a un cantante che, al contrario di Scott Stapp, può contare su personalità ed eccellenti doti interpretative. Sto parlando naturalmente di Myles Kennedy, che con questo quartetto riesce a mettere pienamente in mostra il suo talento; più di quanto non faccia tra le fila dei Conspirators, la band che accompagna le uscite soliste di Slash, dove invece mi è sempre sembrato un pesce fuor d’acqua.

In questo “Walk The Sky”, tuttavia, lo ritroviamo in ottima forma. La scoperta della meditazione trascendentale e gli incoraggianti riscontri raccolti l’anno scorso con la prima sortita autonoma, intitolata “Year Of The Tiger”, hanno dato i loro frutti. La voce di Kennedy brilla e ci incanta per quasi tutte le tracce in scaletta, a esclusione di Forever Falling. Ma c’è un motivo: a cantarla non è lui, bensì il chitarrista Mark Tremonti. A questo vecchio appassionato di thrash anni ’80 va il merito di aver trasformato gli Alter Bridge in un vero e proprio gruppo metal.

All’interno di “Walk The Sky” troviamo infatti numerose canzoni decisamente pesanti: Native Son, Take The Crown e Indoctrination colpiscono con la forza di grossi macigni scagliati in pieno volto, senza però mai rinunciare alle consuete aperture ultra-melodiche. La produzione del fido Michael Baskette smussa qualche angolo ma non snatura il sound, preservando così la potenza di quattro straordinari musicisti che amano mostrare i muscoli ogni qual volta se ne presenti l’occasione. Se cominciassero pure a sforzarsi maggiormente dal punto di vista creativo, potrebbero fare quel definitivo salto di qualità che continuano a rimandare.

L’album purtroppo soffre dei soliti difetti: ridondanza, un po’ di approssimazione, minutaggio eccessivo e una certa difficoltà nel prendere le distanze dalle strutture più tradizionali. Ed è un peccato, perché sono proprio le sfumature progressive a rendere interessante il non originalissimo hard rock degli Alter Bridge. Qualche esempio? Walking On The Sky, The Bitter End e Dying Light sapranno rendere felici i fan dei virtuosismi e delle sonorità più complesse. Il resto è godibilissima routine: un mare di classe, un po’ di cuore, zero fantasia.

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