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Il Buio – La Città Appesa

2019 - Black Candy Produzioni / Believe
rock / emo

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Tracklist

1. Anonimo
2. Prima Noi
3. Tetano
4. La città appesa
5. Una coperta scusa
6. Nonostante la pioggia battente
7. Confine
8. Arresi


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Vidi i ragazzi de Il Buio sul palco sette o otto anni fa, era vicino a casa mia. Suonavano di spalla ad un altro gruppo che non ricordo, più importante di sicuro, sicuramente quello per cui mi ero mosso da casa. Comprai il loro disco, un 7″ racchiuso in una custodia di cartone che sembrava un pacchetto di quelli in cui i corrieri avvolgono gli ordini. Lo comprai perché al suo interno c’era la cover di una canzone di Caso, “Inno Generazionale di noi sfigati”, e perché il disco era appena uscito per Corpoc, un’etichetta discografica mandata avanti da un amico.

Mi colpì, sul palco, il Buio. Lo teneva con argomentazioni valide, occupandolo nella sua interezza. E suonava un emocore preciso, senza intermezzi tra un pezzo e l’altro, senza discostarsi dall’essere una “band” nel vero senso della parola, senza mai smettere un secondo di suonare punk rock. Mi piacquero molto questi ragazzi, che arrivavano sul Lago Maggiore da Thiene in provincia di Vicenza, ascoltai l’album che avevo comprato e lo feci ascoltare anche ad altra gente. Poi, per un lungo periodo, non ne sentii più parlare. Colpa mia, chiaramente. Perché Il Buio nel frattempo ha scritto e pubblicato altri dischi, sino ad arrivare allo scorso mese. “La città appesa”, il loro ultimo lavoro, esce per Black Candy Produzioni, già coi Ronin di Manzan e gli Yuppie Flu, ed è un disco nettamente diverso dal quel “Via dalla realtà” che mi colpì quando lo comprai. “La città appesa” è un ottimo disco rock, innanzitutto: ragionato e corroborante, senza sbavature. Lo accosterei facilmente al post rock emozionale di This Towns Needs Guns e Crash of Rhinos, più che all’emocore preso nella sua forma più pop di Tristan Tzara o Yaphet Kotto. Il Buio è diventato un gruppo più divertente e, soprattutto, più raffinato di quanto non lo fosse dieci anni fa. E mi sento ancora più in colpa per il fatto di non averlo più seguito.

Tetano, per esempio, sembra una poesia di Giorgio Caproni: “Figli del sistema. Padri del sistema. Vittime devote. Alla produzione. Al consumo. Al rifiuto. Al sacrificio dei sogni, della vita, del tempo e della felicità”, recita infatti, tenendo strette a sé tematiche come l’alienazione e la discordia umana. La successiva La città appesa, che dà titolo al disco, invece, arriva molto più elegiaca e idealizzata, forte di un ritornello pop molto orecchiabile. Le influenze hardcore e screamo, poi, arrivano puntuali in Una coperta scura e Nonostante la pioggia battente, mentre per riallacciarci al discorso TTNG e modernità post-rock, dobbiamo arrivare ad ascoltare la rullata iniziale di Confine. Il cantato in italiano è facile, nonostante gli argomenti trattati. Non ci si annoia e si rimane bloccati, davanti alle parole.

Insomma, l’ultimo disco del Buio è un disco potentemente rock, mi correggo. Forse un po’ monotono nelle tematiche, a mio parere, ma efficacemente diretto. Sono felice che questi ragazzi di Thiene calchino ancora i palchi, perché la nostra cosiddetta “scena” ha bisogno di boccate d’aria fresca come la loro musica. Senza mai ripetersi, senza ritrattare e senza, soprattutto, far conto su autocitazionismo e passaparola. Big Up.

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