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Mayhem – Daemon

2019 - Century Media
black metal

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Tracklist

1. The Dying False King
2. Agenda Ignis
3. Bad Blood
4. Malum
5. Falsified And Hated
6. Aeon Daemonium
7. Worthless Abomination Destroyed
8. Daemon Spawn
9. Of Worms And Ruins
10. Invoke The Oath


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Senza dubbio questo 2019 ha dato ai fan del metal estremo diverse gioie: Enthroned, Possessed, Abbath, Rotting Christ e Darkthrone, per citare i ritorni più importanti. Al crepuscolo di quest’ultimo anno, si unisce a questo trionfo di musica nera anche la band che ha messo il movimento black metal sotto ai riflettori negli anni ‘90: i Mayhem. Tralasciando tutte le storie di cronaca ormai trite ritrite, scritte e riscritte e, ultimamente, anche malamente raccontate sul grande schermo, il gruppo norvegese si è sempre distinto per il livello della sua “malvagità” musicale.

In passato, alcuni dei loro lavori, in particolare, “Grand Declaration Of War” (2000) e “Chimera” (2004), hanno diviso il parere dei fan. Ciò, probabilmente, dipenderebbe dalle grandi aspettative che questa band era riuscita a creare dopo il loro esordio capolavoro, il famigerato “De Mysteriis Dom Sathanas” (1994). Ricordiamo, ad onor di cronaca, che i Mayhem hanno subito perdite importanti, nonché rimescolamenti di formazione frequenti che hanno spesso influenzato alcune sfaccettature del loro sound. Punti fermi del gruppo sono rimasti l’implacabile batterista Hellhammer e il bassista Necrobuthcer, mentre la voce di Attila Csihar ha ripreso a militare nelle fila della band ormai dal 2004, dopo esser stata protagonista nella magnificente opera del ’94. Le sei corde, dopo Morfeus, passano ora alle mani di Ghul, ex Cradle of Filth, mentre Teloch timbra la sua seconda presenza. Questa la formazione con cui i Mayhem registrano e danno alla luce “Daemon”.

Trovo inutile alimentare lo spasmodico paragone con l’album di esordio; quell’aspettativa, costruitasi su “De Mysteriis Dom Sathanas” rischia sempre di far apparire i lavori successivi della band meno di quello che in realtà sono. Sicuramente, il sound prodotto in questo nuovo lavoro è incredibile e affonda le sue radici nel passato. Da questo punto di vista, notiamo un allontanamento da quel mood vagamente industrial che, negli ultimi “Ordo Ad Chao” (2007) ed “Esoteric Warfare” (2014), aveva contraddistinto il sound del gruppo.

La band norvegese non ha tanta voglia di girarci intorno e The Dying False King rispolvera e mette a nudo la vera natura di questo disco. La voce di Attila fa la differenza: scream multiforme, che va dai toni stridenti e sinistri a quelli più bassi e cavernosi, per spingersi fino a veri e propri toni declamatori. Agenda Ignis rompe il blast beat continuo: Hellhammer fa un lavoro ritmico di incredibile precisione, dando al brano un’ossatura perfetta su cui incastonare le chitarre di Ghul e Teloch. Il martello del caos cala ancora inesorabile con Bad Blood: riff glaciali di chitarra su basi ritmiche serratissime, con Necrobutcher sempre impeccabile, dipingono uno scenario infernale che lo scream di Attila incornicia alla perfezione.   

Malum assume i toni di un’evocazione di demoni antichi, con tanto di voce declamatoria, per poi osannare le demoniache presenze evocate con una cascata di black metal grezzo a colpi di blast beat nella cavalcata finale. Una cosa che senza dubbio colpisce è l’ambient oscuro che i cinque indemoniati riescono a creare. Con dei latrati sinistri Csihar apre Falsified And Hated, che mantiene alta la linea ritmica, iniettando una dose di cruda brutalità nelle orecchie di chi ascolta. Sulla stessa linea si presentano Worthless Abominations Destroyed e Of Worms And Ruins; in quest’ultima, è notevole il lavoro di Ghul e Teloch: riff algidi sparati a grande velocità, i quali denotano le ottime qualità tecniche dei due musicisti.

Aeon Daemonium è un’ottima prova di come la band riesce ad intervallare le ritmiche forsennate del black classico con fraseggi slow time, che danno al tutto un’aura più oscura e dove Hellhammer dimostra di meritare, ancora una volta, il nome che porta. La soffocante Daemon Spawn disegna un paesaggio sulfureo, attraverso un doom cavernoso che la voce di Attila è nuovamente in grado di trasformare in qualcosa di diabolicamente ritualistico. Il commiato ufficioso della band avviene con Invoke The Oath che, soprattutto nella sua parte iniziale, ci riporta indietro alle antiche sonorità che hanno plasmato il sound di questa band e dell’intero movimento black. Teloch, responsabile di quasi tutta la composizione, sembra quasi essere stato ispirato, dallo spirito di Øystein Aarseth, a ripercorrere quelle sonorità malvagie in cui la band ha affondato le radici fin dall’inizio. Come ultimo colpo di coda, il gruppo norvegese inserisce due bonus track davvero eccellenti: magnifica Everlasting Dying Flame, nella quale i due chitarristi spiccano, nuovamente, con un lavoro di diabolica precisione; in Black Glass Communion i signori del caos spingono, sui titoli di coda, sputando veleno in una cavalcata finale che lascia definitivamente senza fiato chi ascolta.

Per molti questa band ha proseguito il suo cammino ad alti e bassi, per altri non ha mai smarrito la via oscura, personalmente penso che il pathos oscuro che i Mayhem sono in grado di creare, sia qualcosa di particolare per tutto il genere black metal. Le sfaccettature di un disco o di un altro sono poca cosa se si pensa, non solo al livello tecnico espresso, ma soprattutto a quello creativo che, al di là di paragoni futili con il loro primo lavoro, ha sempre mantenuto pura la sua malvagità, come fosse un marchio di garanzia.

Daemon” non è un ritorno alle scene, non è l’atteso seguito di “De Mysteriis Dom Sathanas“, ma una prova di black metal di prima qualità fatto da una band che ha il sangue nero da sempre e che oggi ribadisce a gran voce che le cose non sono cambiate.

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