Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Omni – Networker

2019 - Sub Pop
art rock

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Sincerely Yours
2. Courtesy Call
3. Moat
4. Underage
5. Skeleton Key
6. Genuine Person
7. Present Tense
8. Blunt Force
9. Flat Earth
10. Networker
11. Sleep Mask


Web

Sito Ufficiale
Facebook

In appena tre anni, gli Omni sono riusciti a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nel bollente calderone dell’art-rock/post-punk, quello cha dai primi anni Dieci ci ha regalato alcune delle più originali band in circolazione, come Ought, Parquet Courts, Protomartyr e Preoccupations. Un ingresso in scena fulminante, dunque, proprio come lo sono i loro brani, shot adrenalinici che si susseguono a neanche tre minuti l’uno dall’altro.

Qual’è il loro segreto? Philip Frobos (basso e voce, ex Carnivores) e Frankie Broyles (chitarra e batteria, ex Deerhunter) possiedono un’inconfondibile alchimia nervosa, che si palesa in incredibili botta e risposta strumentali, tanto robotici quanto selvaggi: da un lato, linee di basso al limite del funky e vociferate meccaniche; dall’altro, taglienti schitarrate dal retrogusto avant-jazz e schizofrenici cambi di tempo. A tenere insieme il tutto, un’incurabile fascinazione per l’underground di fine anni Settanta e inizio anni Ottanta, specie quello newyorkese legato all’universo CBGB (Television e Talking Heads in primis).

Dopo averci fatto arricciare le sopracciglia con “Deluxe” (2016, Trouble In Mind Records) e muovere i fianchi con “Multi-task” (2017, Trouble In Mind Records), cosa aspettarsi dal debutto per una major (la gigante dell’indie Sub Pop Records)? Nessuna paura: fin da un primissimo ascolto, “Networker” suona decisamente meno DIY dei precedenti, molto più maturo e ponderato, al punto da approcciare l’idea di concept-album, alla maniera dei Parquet Courts di “Wide Awake!“. Qui, però, più che climate change, si parla di ansia nell’era della comunicazione digitale: social networks (“Think of a clever thing to say”, “If you don’t like what you see / The presentation of me / The pretty face on the screen / Scroll on by”), online dating (“How the hell have they found me?”) e fake news (“I don’t know suffering, I just move forward”).

Sebbene mantengano quella spigolosità caratteristica di Devo (Present Tense, Genuine Person) e Gang Of Four (Flat Earth), così come quella violenza in sordina caratteristica di Wire (Moat) e Feelies (Skeleton Key), a prendere il sopravvento sono qui le svasate alla Tom Verlaine (Sincerely Yours, Courtesy Call, Sleep Mask), le stesse responsabili del successo di “Is This It” degli Strokes (Nick Valensi e Albert Hammond Jr. dovrebbero saperne qualcosa). Per citare Scott Munro dei Preoccupations: “Networker è sì un amalgama dei più efficaci suoni degli anni Settanta e Ottanta, ma con chitarra, basso e batteria dei tempi odierni”. Non potremmo essere più d’accordo. In “Networker“, tuttavia, gli Omni si permetto di rivisitare (sempre in chiave post-punk, sia chiaro) anche sonorità più classicamente legate agli anni Sessanta, specie ai Beatles di Abbey Road (Underage, Blunt Force). Insomma, rispetto al passato, due passi avanti in termini di produzione e un mezzo passo indietro (ma nel tempo) in termini di influenze. Solo episodio lontano da tutto questo è la title track, il cui mood sintetico molto Ariel Pink ci mette in guardia su quanto il duo di Atlanta abbia potenzialmente ancora da offrire.

Piccolo miracolo della scena indipendente, gli Omni sono oramai dei maestri nel dipingere quel sentimento alla Truman Show, di sanità mentale etichettata come schizofrenia. Con “Networker” arriva la conferma ufficiale del loro nuovo status e – rullo di tamburi – it’s a big deal. Il mio consiglio è: chiudete Facebook, chiudete Tinder, è tempo di darci un ascolto. Da rimanerci fulminati.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni