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No-Man – Love You To Bits

2019 - Burning Shed
art rock / progressive

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Tracklist

1. Love You To Bits (Bit 1)
2. Love You To Bits (Bit 2)
3. Love You To Bits (Bit 3)
4. Love You To Bits (Bit 4)
5. Love You To Bits (Bit 5)
6. Love You To Pieces (Piece 1)
7. Love You To Pieces (Piece 2)
8. Love You To Pieces (Piece 3)
9. Love You To Pieces (Piece 4)
10. Love You To Pieces (Piece 5)


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Steven Wilson non ne vuole proprio sapere di starsene con le mani in mano. Da quando ha deciso di interrompere definitivamente la storia del suo progetto più noto e amato – i Porcupine Tree, naturalmente – si è tenuto impegnato con una miriade di attività diverse: una carriera solista ricca di soddisfazioni, collaborazioni tecniche di alto livello (Opeth e Anathema, giusto per citarne un paio), eccellenti remixaggi di dischi storici, nuovi album con Blackfield e Bass Communion e, come ciliegina sulla torta per i fan, una scappatella estemporanea con il buon Mikael Åkerfeldt (Storm Corrosion).

All’appello mancava solo il ritorno dei No-Man, in silenzio dal lontano 2008. E ora, finalmente, eccolo qui per voi, pronto all’ascolto. Il successore di “Schoolyard Ghosts” si intitola “Love You To Bits” e rappresenta una sorta di piccola rinascita artistica per il duo britannico. Il lunghissimo ma discontinuo sodalizio con il cantante Tim Bowness, arrivato solamente al settimo episodio nonostante i quasi trentaquattro anni di saltuaria convivenza, riprende vita grazie a due tracce – Love You To Bits e Love You To Pieces – talmente ricche e articolate da poter essere considerate a tutti gli effetti delle mini-suite.

Entrambe sono divise in cinque movimenti che, percorrendo sentieri stilistici di volta in volta differenti, si fondono in maniera impercettibile all’interno di un’unica, grande cornice. Dall’unione di dieci minuscoli “pezzetti” sonori nasce un’immagine chiara, definita ma mai davvero immobile. Intorno a un ritornello ipnotico e ai suoi amarissimi versi (I love you to bits/I love you to pieces/I love you, like I don’t love you at all), ruota un mondo in perenne evoluzione. Un approccio progressivo? Meglio definirlo progressista.

I No-Man, infatti, procedono a tappe: dalle pulsazioni disco e i sequencer moroderiani dei primi due Bit si arriva al coinvolgente groove funkeggiante dei Bit numero tre e quattro, che culmina con un infervorato assolo dissonante splendidamente eseguito dal chitarrista slovacco David Kollar. L’ultima parte della title track recupera le atmosfere sintetiche e danzerecce già sentite in apertura – a esclusione della coda, caratterizzata dalle soffici armonie degli strumenti a fiato.

La prima “briciola” di Love You To Pieces, invece, inizia ricollegandosi al vecchio filone trip hop, da sempre passione della ditta Steven WilsonTim Bowness. Il ritmo rallenta, le atmosfere si fanno liquide per poi tornare, quasi improvvisamente, a farsi sostanza in un refrain che fa da ponte a una nuova fase dell’opera, in cui a regnare incontrastata è un’elettronica di matrice ‘90s, oscura e jazzata (Piece 2). La cassa dritta che scandisce il tempo tra i suggestivi svolazzi digitali del terzo Piece si dissolve totalmente in un Piece 4 che è quanto di più etereo abbiano da offrirci i No-Man di “Love You To Bits”.

Un degno antipasto per il raffinatissimo gran finale, leggero e celestiale come le migliori pagine post-rock firmate da Bark Psychosis e Talk Talk. La voce suadente di Bowness e una manciata di note di pianoforte ultra-effettate ci cullano verso la conclusione di un album assai breve ma incredibilmente coeso; moderno ma dal fascino antico. Questo 2019 non poteva finire meglio.

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