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La Gabbia – Madre Nostra

2019 - You Can't Records
indie rock

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Tracklist

1. Ilaria

2. Violenza

3. La Luna e i Falò

4. Memorie di una Prostituta

5. Ho Bisogno

6. Agrabah

7. Non Esisti

8. La Fine e l’Inizio di Una vita


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Quando, di questi tempi, una nuova formazione si distingue sulla scena proponendo, anziché trap, reggaeton ed amenità assortite, del sano, lineare, corposo rock, l’accoglienza non può che essere entusiasta.

Evitare di strizzare l’occhio a tendenze che vengono nobilitate per motivi che restano sconosciuti, convogliare ed indirizzare senso critico ed introspezione su una sana ed essenziale linea chitarra, basso e batteria, resta una scelta oggi  coraggiosa, probabilmente nel lungo periodo  vincente, senz’altro coerente.

Vincenti, da questo punto di vista, sono senz’altro i Bolognesi La Gabbia. Di recentissima formazione (nati nel 2016 ) vincitori a Zona Roveri ((Bologna) del C.S.A. (Centro Sviluppo Artisti ) Suona Diverso 2016, riconoscimento che ha aperto la strada alla possibilità di esibirsi al MEI e ad uno showcase al London Bediford Theatre, La Gabbia, con l’album “Madre Nostra”, proseguono la strada inaugurata con l’EP del 2017 “Bruciare Vivo”, confermando e convincendo.

Madre Nostra” è un lavoro che arriva dritto, senza troppi fronzoli, con testi tutt’altro che banali; dote e caratteristica mostrata sin dalla vocazione quasi psicoanalitica  di Ilaria, la prima traccia, una spietata indagine dei meccanismi interiori di una ragazza che oscilla tra tratti narcisistici ed inclinazione all’autodistruzione. Il tutto con voce graffiante, riff diretto e pochi orpelli. Violenza è una invettiva che sfiora il punk : “sei figlia dell’ignoranza/ ci spegni la mente” somiglia ad una fustigazione di costumi, il tutto su un 4/4 semplice ma adatto a rendere l’idea della furia dissacratoria del pezzo.

Sulla terza traccia, La luna e I falò (chiaro riferimento a Cesare Pavese) i BPM cedono il passo a ballad non meno intense. Il tutto viaggia su considerazioni agrodolci sulle radici, una necessità di viaggiare che a volte è un fuggire, per poi constatare che il viaggio più impegnativo ma più vero è quello interiore, senza bisogno di allontanarsi più di tanto da casa. Sulla stessa linea Memorie di una prostituta, melancolica disamina di una vita ai margini, pezzo dal finale musicalmente un po’ scontato ma dai contenuti comunque interessanti.

Passando da Ho Bisogno si recupera certa dinamicità  per poi approdare su Agrabah, altro pezzo dissacrante e carico, per poi chiudere sulle ballate Non Esisti e La Fine e L’Inizio di Una Vita, quest’ultima, con un crescendo molto intenso verso il finale. 

Da non perdere di vista, questi ragazzi. In questo panorama, davvero una boccata di ossigeno. 

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