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Goldenground

GOLDENGROUND: Hypershape Records

Esiste un mondo sommerso, una selva di persone, passioni e cuori che stanno dietro alla musica e che ogni giorno la nutrono con amore paterno, nascosti dietro le quinte della scena. Goldenground va a scavare negli intricati tunnel dell’underground per portare alla luce le scintillanti pepite d’oro sparse in tutta Italia e per dare voce a chi è solito dare voce alla musica.

Oggi andremo ad indagare un’etichetta nostrana, Hypershape Records, casa di artisti come USX, Nate Hall, Larsen, Viscera/// e molti altri. Sono con noi i due fondatori, Giorgio Salmoiraghi (agente di Swamp Booking) e Michele Basso (frontman dei Viscera///), due personalità conosciute nella scena underground per il loro impegno e la profonda partecipazione nel senso più lato del termine. Ci sono un sacco di cose da dire e vorrei che fossero i due interessati a parlare, quindi partiamo subito con questa inusale intervista doppia su Hypershape Records.

Ciao Giorgio e Michele grazie mille per la vostra disponibilità. Iniziamo subito col chiedervi com’è nata Hypershape e come avete scelto il nome per la vostra label.

Giorgio: ciao ed intanto grazie per l’interesse nel mio e nostro lavoro. Dal mio punto di vista, ti rispondo come è ri-nata Hypershape, visto che in origine è stata un’idea e progetto di Michele, conosciuto nel 2007 a Torino, proprio ad un concerto dei Viscera///. Michele dopo un periodo di pausa con Hypershape mi ha chiesto se fossi interessato ad aiutarlo a ridare nuova linfa all’etichetta ed essendo sempre in cerca di nuove sfide trovai la cosa interessante. L’idea dietro Hypershape, per me è stata creare un punto di riferimento dove le cose siano fatte come si deve e (si spera ahah) sempre in modo attento e puntuale. Sempre più spesso capita che su molte una band non sia considerata col dovuto rispetto e priorità o peggio riceva richieste a sua volta da una label che al contrario dovrebbe provare a farne l’interesse, quasi gli si facesse un favore e gli si facesse pesare che è stata presa nel proprio roster. Con Hypershape abbiamo deciso di curare interamente ogni dettaglio, dal press office alla realizzazione a mano di alcuni packaging (ricorderai il box in legno marchiato a fuoco con la prima pubblicazione ufficiale di “Prayer Meeting” degli americani U.S. Christmas, il disco che li portò sotto Neurot Recording con “Eat The Low Dogs”, uno dei miei dischi preferiti di sempre). Senza considerare il fattore economico: le produzioni “su larga scala” per fare un esempio di doppi vinili gatefold o packaging speciali sono sempre più onerose, specialmente per le etichette indipendenti, a tal punto che certi produttori sono ormai fuori portata se ci si occupa di basse tirature. Colgo l’occasione per un po’ di pubblicità e menzionare l’eccezionale lavoro svolto ogni giorno dai ragazzi di Spinroad Vinyl Factory di Göteborg, che si è occupata quest’anno della realizzazione dei vinili Hypershape, nonché di diversi nostri amici e collaboratori che vivono da quelle parti: proprio loro ci hanno mandati da loro. Ci auguriamo presto che nuovi produttori anche fuori dalla Svezia seguano l’esempio di Spinroad, al momento per noi i primi veri produttori attenti alle esigenze dei loro clienti. Per chiudere, mentre magari Mike ti risponderà alla questione del nome, io posso però risponderti parlando del logo. L’ho realizzato con la forma ricorrente della piramide ed è chiaramente un richiamo ad un autore a cui io e Michele siamo molto legati, Alejandro Jodorowsky e la sua “Holy Mountain”. La realtà (“sempre che poi una realtà esista davvero”) scioccante e sperimentale di tutta la pellicola rispecchia molto bene lo spirito e il taglio imprevedibile e privo di regole che da sempre caratterizza le nostre uscite, che non hanno mai avuto un filo conduttore ma hanno rappresentato per noi la possibilità di lavorare con artisti che apprezziamo indipendentemente dal genere proposto.

Mike: Grazie a voi. HPS è nata nel 2007 per occuparsi principalmente dei Viscera/// e di tutte le band che all’epoca ci gravitavano intorno o viceversa, anche se presto il target si è spostato anche e soprattutto verso l’esterno della nostra “cricca”. Data la natura così imprevedibile e multigenere della label, pensai a qualcosa che potesse rappresentare questa indole camaleontica. Da qui Hypershape.

Diteci un po’ quali sono gli step principali della vita di Hypershape finora e quali sono gli obiettivi che vi ponete per il futuro.

Giorgio: non essendo il nostro principale lavoro, la maggior parte delle nostre collaborazioni si è basata spesso su rapporti di amicizia e/o collaborazioni precedenti fondate sulla stima reciproca tra le parti, ad esempio hai menzionato Nate Hall ed i Larsen di Fabrizio Modonese Palumbo: entrambi hanno nelle loro pedaliere alcuni effetti da me costruiti durante gli anni del negozio che ho fondato qualche anno fa (leggi più avanti). Credo sia un bel modo di lavorare, diretto e sincero, decisamente più soddisfacente dell’avere a che fare con ti contatta dicendo di voler collaborare in quanto “apprezza il tuo lavoro” – poco importa se poi non mai supportato una tua qualsiasi attività ahahah! Questo riassume abbastanza quelli che sono stati gli step di Hypershape finora: lavorare in maniera genuina e trasparente con artisti che ci piacciono, praticamente già nominati quasi tutti. Una menzione d’onore va a The Great Saunites, pesi massimi della psichedelia italiana. Gli obbiettivi per il futuro sono continuare a proporre release di qualità nello spirito dell’etichetta, sempre condividendo coi nostri collaboratori critiche costruttive e osservazioni. Purtroppo per noi è qualcosa che, allo stato attuale, richiederà tempo: spesso organizzare tutto nel dettaglio non è semplice e ci porta via un sacco di tempo, nonostante alla fine Hypershape sia sempre riuscita a garantire buoni standard ai propri artisti (o almeno, così ci dicono ahah!). Vedremo, ci piacerebbe anche focalizzare su aspetti organizzativi inesplorati, si impara così tanto nell’attimo in cui ci si avventura al di fuori della propria comfort zone.

Mike: il nostro attuale obiettivo è quello di potenziare la distribuzione delle nostre uscite (soprattutto in zone del mondo dove è difficile e costoso arrivare) e provare ad essere più presenti sulle varie piattaforme online disponibili, nonostante siamo chiaramente più orientati verso il formato fisico. Oltre a questo, si tenta sempre di alzare l’asticella di qualche centimetro per volta riguardo tutti gli aspetti gestionali ed artistici di un’etichetta.

Giorgio Salmoiraghi

Parliamo di musica, qual è il genere musicale che preferite promuovere? Quali sono i criteri che tenete in considerazione per ogni pubblicazione? C’è qualche aspetto di un progetto che da solo preclude la possibilità di far parte del vostro roster?

Giorgio: ho risposto a questa domanda già in parte, facendo riferimento a COSA ci ha portato a determinati step. Parlando -strettamente- di musica, dovrei accennare a come vedo personalmente la musica, ovvero un collage o puzzle da sbrogliare, risolvere, ordinare – il cui ordine può rientrare in ogni genere. Ogni giorno dedico parecchie ore all’ascolto: in ogni condizione, a qualsiasi ora, mentre lavoro o mentre viaggio. Se un disco riesce a toccare le corde giuste: questo per me è potenzialmente il criterio giusto. Te la spiego brevemente che detta così può suonare banale: è molto divertente il fatto che non abbia mai ascoltato per intero, in un’unica volta, un disco di Bohren & Der Club Of Gore. Adoro i loro dischi ma non riesco ad ascoltarli in un unico ascolto continuo, perché sono l’unico gruppo che mi trasmette davvero tensione e inquietudine. Puntualmente verso la metà di “Sunset Mission” sento il bisogno di fermare il disco e dedicarmi ad altro, per poi finire l’ascolto magari in serata o i giorni seguenti. È come se sapessi che sto per ricevere un annuncio spiacevole. Ecco, questo rende un disco un qualcosa di impatto alle mie orecchie. Lo smuovere, il farti ricercare un motivo, una risposta. Hypershape non ha un genere preferito, forse ha un mood preferito mi verrebbe da dire, mi sembra più corretto. Sono spesso attirato da musica che non riesco a comprendere nell’immediato, nella stessa egual misura in cui un disco particolarmente facile funziona con un dato mood. Non mi interessa invece parlare di cosa preclude la possibilità di “entrare nelle nostre grazie”, non lo trovo costruttivo né interessante ed oltretutto i miei gusti non sono un metro di paragone se non per me. Credo fermamente che un problema diffuso sia parlare male degli altri o perdere tempo a criticare anziché FARE. Anche Beethoven ha avuto persone che l’hanno criticato. Il momento che perdi parlando male di qualcuno, dicendo cosa non ti piace, cosa qualcuno dovrebbe migliorare mentre tu non fai niente e così via può essere usato per impegnarsi o magari addirittura per scrivere quelle due o tre cose intelligenti che ti fanno svoltare.

Mike: a noi interessa principalmente ascoltare delle idee e, di conseguenza, promuoverle e diffonderle; personalmente sono abbastanza intollerante nei confronti di chi si accoda in maniera palese e ruffiana a filoni già ampiamente percorsi e pretende anche di avere visibilità a rispetto. Naturalmente non si può essere tutti grandi innovatori o prime-movers, ma perlomeno tentare di dare una forma personale alla propria musica sarebbe dignitoso.

Immagino non vi manchino le classiche innumerevoli richieste di demo. Come gestite tutto questo?  Ascoltate tutto? Vi è mai capitato di pubblicare qualcosa che vi è arrivato da un contatto che non conoscevate prima?

Giorgio: a dire la verità no. Ormai siamo coinvolti a pieno titolo da oltre dieci anni, ma tendenzialmente ci facciamo gli affari nostri. Ci piacciono molte realtà, con alcune siamo in contatto, con altre no. Sì, cerchiamo di ascoltare sempre tutto. Lo stesso vale per me in quanto componente di Swamp Booking. C’è una precisazione doverosa: se diciamo di no, è molto spesso per mancanza di tempo e possibilità, non perché qualcosa non piace. Ci sono band validissime che ci hanno contattato ma a cui purtroppo abbiamo dovuto rinunciare. A volte, più semplicemente, è una banale questione di intuizioni su cosa per noi sia “giusto” o “sbagliato”.

Mike: in realtà le richieste non sono così asfissianti come potrebbe sembrare. Abbiamo comunque un target molto di nicchia, quindi anche chi si propone è consapevole del tipo di proposta che cerchiamo. Questo ci porta alla conclusione che difficilmente le demo submissions arrivino da qualcuno così avulso dal nostro contesto da essere un totale sconosciuto.

Michele ‘Mike’ Basso

Diteci qual è la vostra uscita di maggior successo commerciale, quella di cui andate più fieri e quella che secondo voi non è stata capita. (Non vale rispondere Viscera/// per tutte e tre)

Giorgio: “The Svalbard Suite” di Blind Cave Salamander featuring Xiu Xiu + Julia Kent ha ricevuto consensi unanimi, inaspettatamente anche da siti che seguo molto come A Closer Listen, dove spesso si parla dei miei dischi preferiti. Indubbiamente, la cosa mi ha reso anche molto fiero e sono contento anche per gli artisti coinvolti in quanto è una bellissima ricompensa per tutto il duro lavoro dietro questa release (registrata vicino al Polo Nord!), di cui peraltro ho curato completamente l’artwork. Una release a cui sono molto affezionato è sicuramente il box in legno di “Prayer Meeting”, da me realizzato interamente a mano in un centinaio di copie poi marchiate a fuoco con cartoline commemorative e corteccia secca e semi raccolti dai componenti della band, ma anche il vinile di “Tiles” dei Larsen con la partecipazione di Little Annie (la stessa Little Annie di Crassiana memoria) è stato un momento particolarmente significativo. U.S. Christmas in particolare hanno avuto un grande impatto sul mio modo di “pensare” alla musica: fare delle imperfezioni un elemento creativo e compositivo, senza essere spaventati dal potere che questo modo di pensare porta con sé. Non credo invece ci siano uscite che non vengono capite, sempre più spesso il mercato è proporzionale a quanto i “cool boys and girls” vengono pagati per parlare di un disco.

Mike: Blind Cave Salamander sta andando parecchio bene anche se, al momento, la prima in classifica rimane la tape version di Kreas degli Orthodox. Quelle di cui vado più fiero e allo stesso tempo considero le meno capite sono tutte le uscite dei The Great Saunites, band secondo me incredibile ma, permettetemi, troppo poco paracula per riuscire ad arrivare ai più.

In Italia e nel mondo ci sono tantissime label, alcune DIY altre decisamente più strutturate, sicuramente il numero è aumentato a dismisura negli anni. Cosa ne pensate? È un bene o un male secondo voi? E cosa credete che differenzi Hypershape rispetto a questa moltitudine di editori?

Giorgio: Hypershape non è migliore né peggiore di altri, fa semplicemente quello che vuole e come vuole. Non siamo nessuno per giudicare altre etichette ed editori, facciamo la nostra parte e per quanto mi riguarda va benissimo così, senza bisogno di dirti perché qualcuno dovrebbe scegliere noi o altri. Personalmente penso di vivere in un’epoca d’oro a livello di uscite musicali, ogni giorno si può scoprire nuova musica che non si pensava possibile ed il fermento è costante. Personalmente trovo interessante che chiunque possa cimentarsi in quest’avventura e quindi per risponderti si tratta di un grande bene, specialmente perché non è necessario far parte di un grande circuito per fare bene. Seguo con interesse anche il mercato delle tape labels, sono un grande fan di The Tapeworm e dell’australiana Trapdoor Tapes ed una delle mie release preferite del 2019 è “On Corrosion”, cofanetto pubblicato da The Helen Scarsdale Agency.

Mike: si sa che il troppo stroppia, e spesso molte etichette con cui ho avuto a che fare sembrano essere nate più per una questione di egocentrismo che per altro. Avere una label e lavorare con le band è un lavoro serio che richiede attitudine e comprensione delle esigenze degli artisti e del pubblico. Non abbiamo nulla più degli altri, ma diamo il massimo per trattare con rispetto i nostri prodotti, coloro che ce ne affidano la divulgazione e, non ultimi, i fruitori finali.

Parlando di band quanto credete sia importante sostenere un’uscita discografica con l’attività live? E qual è l’aspetto determinante di un progetto che gli possa permettere di suonare diffusamente dal vivo?

Giorgio: questa è una domanda a cui credo non esista risposta. Ad oggi è indispensabile suonare dal vivo se si vuole vendere tanto, ti rimando alla mia risposta di cui sopra, a meno che non si sia già uno di quei nomi “big” oppure con una fan base cementata e solida che appena si annuncia qualcosa di nuovo sullo store si lancia immediatamente e ti fa vendere 300 copie in 10 minuti. Se si fa un bello show, tendenzialmente gli ascoltatori rimangono colpiti e mettono mano al portafoglio per supportare l’artista. Avere dalla propria un buon merch, curato, ha il suo ruolo – quest’anno una delle mie migliori scoperte/tour harvest è stato un bellissimo vinile della band svizzera Soldat Hans, entrato a pieno diritto tra i pezzi forti della mia collezione. Mi dispiace di aver scoperto la band “così tardi”, tra l’altro. L’aspetto determinante per suonare dal vivo è non pensare che tutto sia dovuto. Quando scrivi a qualcuno, aspettati che possa non essere interessato, non proporti come se questo qualcuno debba necessariamente doverti qualcosa o sia tenuto ad ascoltarti. L’adattabilità è un grande parametro di cui tenere conto. Per la legge dei grandi numeri, ci sarà sempre la data storta, la data dove la paga sarà bassa, la data dove anziché la camera singola in hotel avrai l’appartamento condiviso, la data dove le condizioni saranno tragicomiche contrariamente a quanto ci si aspettava all’ingresso del locale. Le date si possono portare a casa, per blacklistare un club o promoter c’è sempre il post-tour.

Mike: semplicemente una cosa tira l’altra; se non si suona non si vende, e se non si pubblicano dischi non si suona. Oggi dove la distribuzione musicale è così semplice, non esserci è un suicidio commerciale ed artistico. Per quanto questo possa suonare cinico e capitalista, è la verità.

Giorgio Salmoiraghi e Klara Andersson 

A questo punto opero una scissione tra voi due, Michele vai pure a fumare ora tocca a Giorgio. Collegandoci alla domanda precedente sappiamo che fai parte di Swamp Booking e che una delle tue attività principali oltre alla label è appunto quella del booker e di tour manager. Come hai iniziato questo percorso? Di che tipo di artisti ti occupi?

Giorgio: Swamp Booking è una delle cose più belle che mi siano capitate nonché il mio lavoro principale. Non sono solamente booker ma anche tour manager, diversi artisti che gestisco mi chiedono di viaggiare con loro perché non hanno tempo né voglia di stare dietro all’intera organizzazione del viaggio, agli orari, alle difficoltà tecniche legati per esempio a pedali o jack che si rompono e necessitano di quella minima manutenzione volante (rimando per dar senso a quest’ultima parte di risposta alla domanda sui pedali che fai più avanti). Ovviamente c’è una bella differenza tra il bookare date e il bookare date e gestire un tour, ma finora me la sono cavata. Inoltre vivere la realtà dei tour ti avvicina alle esigenze e peculiarità di ogni artista che segui in maniera tale che, ad esempio, una giornata non sia mai stancante andando ad incidere poi sulla qualità del concerto. Il percorso è iniziato completamente a caso ed inaspettatamente, aiutando nel corso degli anni band estere a trovare date in Italia e costruendo una prima rete di contatti. Tramite il mio ex negozio/laboratorio di cui parleremo dopo abbiamo stretto nel tempo un sacco di collaborazioni decisamente importanti ai fini di questa crescita e quando i tempi sono stati maturi, per una serie di coincidenze, mi è capitato di fare questo “salto”. Se non ricordo male il mio primo “contatto” è stato attraverso Aidan Baker, fondatore della band drone metal Nadja e tuttora mio collega a Swamp Booking. Non c’è un criterio particolare per definire gli artisti di cui mi occupo, tendenzialmente arrivano dall’ambiente sperimentale che anche tramite i miei ascolti è quello che conosco meglio e di cui faccio parte, col fatto che il termine sperimentale vuol dire tutto e niente se non approfondiamo questo punto, ma non risponderei più alla tua domanda e non finiremmo più, quindi non in questa sede. Posso però dirti che quello che accomuna tutti è il network di collaborazioni e la rete di relazioni che c’è stata alla base di tutto, per esempio Fågelle con cui sono appena stato in tour, grandiosa compositrice a metà strada tra noise e pop, l’ho conosciuta tramite Anna Von Hausswolff con cui stavo già collaborando. Faith Coloccia, fondatrice della label SIGE Records, è labelmanager con Aaron Turner per Nordra e William Fowler Collins; Purple Pilgrims mi sono state presentate da Brandon di Zone6, con cui ero già in contatto prima che “Perfumed Earth” fosse pubblicato – Brandon è anche manager di Zola Jesus, che ha pubblicato uno split con Burial Hex (anche lui artista Swamp Booking). Mai Mai Mai, ancora, è stato headliner ad eventi a cui aveva partecipato Nordra, Vile Creature sono i musicisti incaricati di preparare la “Commissioned Music” del Roadburn di quest’anno e così via… c’è una serie infinita di collegamenti e tasselli che piano piano vanno naturalmente ad incastrarsi, diciamo così. A gennaio ci saranno alcuni nuovi annunci di cui ora non posso fare parola, ulteriore frutto di questi tasselli.

Quali sono gli artisti che hai portato in tour? Ce ne sono alcuni di Hypershape o le cose non necessariamente si toccano?

Giorgio: le cose non necessariamente sono correlate. Gli artisti Hypershape per un motivo o per l’altro non sono mai stati propensi a tour, spesso per motivi lavorativi o difficoltà logistiche (uno dei miei sogni nel cassetto è portare U.S. Christmas nuovamente in Europa dopo anni, peccato siano arrivati ad essere in 9 nella lineup in certi periodi del loro trascorso come band). Sicuramente l’artista con cui ho fatto più tour è Nordra (Monika Khot, anche bassista dei Daughters), fuori su SIGE Records (etichetta di proprietà di Faith Coloccia ed Aaron Turner),  ho avuto il piacere di collaborare negli anni con Anna Von Hausswolff (con cui ad aprile porteremo in tour BADA – che presenteranno il nuovo disco – nuova formazione krautrock/drone/noise che vede parte della sua line-up con un paio di new entry) o con lo stesso Aaron Turner, che di recente ha preso parte al mio tour per William Fowler Collins (grande compositore minimalista di Albuquerque) e Nebulosa (ovvero Joel Fabiansson della band di Anna Von Hausswolff). Una collaborazione che ricordo con piacere è stata su un paio di date del “NoPlace Trio” del mio collega Aidan Baker con Thor Harris (Swans) ed il violinista Simon Goff, al Circolo Gagarin di Busto Arsizio, uno dei posti preferiti della zona in cui abito, specialmente per la programmazione coraggiosa che porta avanti da anni.

Che programmi hai per il futuro? Ci sono tour in vista che vuoi condividere con noi?

Giorgio: a gennaio e febbraio sarò in tournée europea per 30 giorni col duo neozelandese Purple Pilgrims, per un tour esteso della Gran Bretagna fin su in Scozia, poi Belgio, Olanda, Francia, Germania, Scandinavia e perfino un festival ad Aalborg con Michael Gira, David Eugene Edwards (voce di 16 Horsepower e Wovenhand), e gli italianissimi Ottone Pesante, band davvero originale che ho avuto modo di conoscere durante un tour nel nord dell’Austria, davvero un bel ricordo e gran persone. Sono estremamente felice di questo tour invernale, Purple Pilgrims hanno fatto un disco (“Perfumed Earth” sulla storia etichetta Flying Nun Records) che a mio parere potrebbe benissimo essere la colonna sonora alternativa di Twin Peaks. Poi avrò BADA (Anna Von Hausswolff, David Sabel, Gianluca Grasselli, Filip Leyman e Hannes Nilsson) per due settimane ad aprile con Nordra in apertura sulle prime cinque date e successivamente interessanti nomi come A-Sun Amissa, Maria W Horn e Peter Wolff ex-Downfall of Gaia, con partenza dalla Svezia e “culmine” a Manchester passando, esattamente a metà, per il Roadburn Festival ed un paio di show in chiese. Sono onrato di lavorare alle date 2020 di Aaron Turner (già in Sumac, Old Man Gloom, Isis, Hydra Head ma non penso sia necessaria una presentazione?) e Faith Coloccia (Mára e Mamiffer, SIGE). Pare infine, PARE, che sarò impegnato a maggio e giugno per un progetto totalmente inaspettato e, specialmente per me, rivoluzionario: si tratta infatti di qualcosa di nuovo che non ho MAI fatto prima ma che tutto sommato mi sta facendo scoprire nuovi territori ed impegnando non poco… more to come.

Aaron Turner, Joel Fabiansson (Nebulosa), William Fowler Collins, Giorgio Salmoiraghi

Sappiamo che da poco hai un programma radiofonico su Fango Radio. Ci spieghi di cosa si tratta e quali sono gli argomenti e la musica che passi?

Giorgio: haha, non allarghiamoci troppo! Non è un vero e proprio programma, bensì un podcast a cadenza quasi-mensile (compatibilmente ai miei impegni) che i ragazzi di Fango Radio mi hanno chiesto di inserire all’interno di un loro contenitore già esistente. Non c’è molto da dire, è uno streaming di un’ora all’interno della loro rubrica “Tapas Mixtapes”, dove raccolgo musica che solitamente ascolto in quel dato mese/periodo e mi sento di raccomandare per un motivo o per l’altro. Cerco quando possibile di inserire anche rip dalla mia collezione di dischi, magari tracce da tape/vinili rari o sold out e cose di questo genere, altrimenti difficili da reperire in rete. O più semplicemente per far conoscere canzoni che ritengo importanti o versioni che non si trovano normalmente sui dischi (live o alternate per esempio), tipo nell’ultima puntata curata da me c’era “The Cold Song” di Klaus Nomi, nella prossima ci sarà una rara versione di “Jesus’ Blood Never Failed Me Yet” di Gavin Bryars cantata da Tom Waits, e così via. Non escludo che in futuro potrò magari chiedere anche ad artisti con cui collaboro di realizzare a loro volta una raccolta per Radio Fango, chissà. Vi invito a seguire la pagina di Fango Radio che loro sono molto più puntuali di me nell’elencare le puntate !

Un’ultima domanda per te, sappiamo che oltre a tutto ciò te la cavi molto bene con cavi, pedali ed elettronica musicale. Sappiamo che alcune delle tue creazioni sono nella pedaliera di artisti del calibro di Anna Von Hausswolff, ci racconti qualcosa in merito?

Giorgio: parte di questo percorso è strettamente legata a Luca e Riccardo che oggi portano ancora avanti con infinita professionalità e dedizione il laboratorio ZED & Venarossa a San Giorgio su Legnano, a metà strada tra Milano e Varese, dove ho lavorato per qualche anno dopo averlo fondato con loro, prima di dedicarmi a tempo pieno a booking e musica in generale. I miei ex soci sono persone fidate ed eccezionali e consiglio a tutti una visita dalle loro parti, fosse per riparare un amplificatore o rifare il setup di una chitarra. Tra i loro attuali nomi, referenze e clienti puoi trovare nomi come i Ministri o Crippled Black Phoenix o studi molto conosciuti come La Sauna di Varese (dove sono stati registrati i dischi de Il Teatro Degli Orrori, Dente, Camilla Sparksss ecc).  Io purtroppo ho quasi totalmente abbandonato la costruzione. Ho un piccolo batch di pedali pronto a brevissimo prima del tour con Purple Pilgrims, ma ad oggi è una cosa che faccio esclusivamente su commissione per persone con cui suono o per le band che gestisco/seguo. I tour, il poco tempo e – purtroppo – le occasionali imprecisioni dei supplier di componentistica a volte mi rendono impossibile stare dietro a tutto quel che vorrei fare. Mi dispiace di non poterci dedicare più tempo: la parte in cui si “popola” di componenti la scheda di un circuito è il miglior antistress di sempre. Ricordo con piacere le modifiche fatte alla Stratocaster degli WOWS tra una birra e l’altra, tra l’altro!

Grazie mille Giorgio, ora tocca a te fumare. Mike è arrivato il momento di parlare dei Viscera///, prima di tutto, ci racconti l’operazione di “svolta pop” messa in atto con l’ultima vostra release “City of Dope and Violence”?

Mike: chiamarla operazione è forse eccessivamente snaturante (anche se colgo l’ironia e sottoscrivo), perché in verità noi non programmiamo sistematicamente le nostre virate. Tutto avviene in maniera molto naturale e, se si ascolta cronologicamente la nostra discografia si può facilmente intendere il percorso delle rispettive scelte stilistiche attuali. Abbiamo sempre avuto il pallino per la melodia, senza mai farne segreto.

A parte gli scherzi, Viscera/// è un progetto molto longevo e seminale per l’underground Italiano con alle spalle innumerevoli tour e pubblicazioni. Raccontaci brevemente la genesi della band, i passi principali della sua esistenza e quali sono gli obiettivi per il futuro. Ah e il perché delle “///” per favore.

Mike: non siamo nulla più che una band nata alle superiori e che non ha smesso mai di crederci. Vuoi perché in fondo le cose sono sempre andate crescendo, vuoi perché non ci siamo mai imposti di rimanere per forza fedeli alle radici che ci hanno generato, fatto sta che non ci siamo mai stufati di suonare insieme sotto quel monicker, ovvero quello con le ///, aggiunte dopo una diatriba con gli omonimi Australiani per quieto vivere. Negli anni mi sono inventato varie spiegazioni fantasiose per sembrare meno stupido e banale, ma semplicemente sono un espediente grafico che crea simmetria con la “V”. O forse no…

Viscera/// tour in Russia 

Se dovessi scegliere un brano di tutta la discografia dei Viscera/// che possa rappresentare bene il progetto ad un lettore che magari non vi conosce, quale brano sceglieresti?

Mike: penso che In the Cut da “3” sia un ottima sintesi di 19 anni di disonorevole carriera.

Quanto è stata importante l’esperienza della tua band per Hypershape? In questo caso le strade dei due progetti si sono incrociati varie volte, com’è pubblicare la propria musica attraverso la propria etichetta? C’è qualcosa di diverso dalle altre pubblicazioni?

Mike: essere anche musicista crea più empatia con gli artisti che produci, perché sai esattamente quello che loro si aspettano da te. È come essere medico e paziente allo stesso tempo. Questa cosa ti dà un grosso vantaggio e aiuta a non commettere errori grossolani o creare situazioni oltraggiose nei confronti del tuo roster compresa, nel mio caso, la mia stessa band. Ovviamente lavorare con la propria musica è facilissimo, perché sai esattamente come incanalare e gestire il prodotto.

Per la consueta domanda finale vi interpello di nuovo entrambi. Cosa consigliereste ad un ragazzo che vuole intraprendere oggi la vostra stessa strada? Intendo per entrambi quella dell’editore, per Giorgio quella del booker e per Mike quella del musicista.

Giorgio: accorpo ogni punto e ruolo da te menzionato (editoria, performance e organizzazione) in un’unica risposta. Il consiglio che posso dare è di sbattersi indipendentemente da quello che succede attorno. Non si è mai “arrivati”. Se un locale o un promoter o una band o una label non vogliono o non possono lavorare con voi, tirate dritto che ce ne sono altri dieci che aspettano, semplicemente si fa parte di mondi diversi. Non perdete tempo a investire su strade e percorsi che continuano a portarvi al punto di partenza perché si finisce per essere frustrati come quando si cerca una data in una città che non vuole saperne di saltare fuori. Esistono universi paralleli e imprevedibili e spesso lo si realizza dopo anni di lavoro quando si ragiona sul tempo che si è perso rimanendo duri e puri sullo stesso obbiettivo fittizio. Hai mai visto “Stalker” di Tarkovskij? “L’albero: mentre cresce è tenero e flessibile.”

Mike: consiglierei di concentrarsi a creare musica e contenuti genuini, piuttosto che lavorare pensando che l’unico fine sia compiacere il pubblico. Non dimentichiamoci che facciamo arte, anche se in modo bislacco e a volte poco convenzionale.

Vi ringrazio molto a nome di ImpattoSonoro e dei suoi lettori, terremo d’occhio tutte i vostri innumerevoli progetti e ovviamente le uscite di Hypershape, buon lavoro e a presto!

Giorgio: nelle prossime settimane annuncerò finalmente collaborazioni che per motivi di tempo ed organizzativi ho dovuto ritardare ma che sono in cantiere da diverso tempo. Anche Hypershape potrebbe svilupparsi ulteriormente, ma questo è qualcosa a cui stiamo ancora lavorando. Grazie per l’interesse, il tempo e le questioni sollevate. Buon lavoro a voi di Impatto ed a presto !

Mike: grazie a voi per lo spazio. Il vostro lavoro è importante tanto quanto il nostro. Ad astra per aspera!

Cena aziendale Hypershape Records

















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