1. Wacca Wall
2. Deipkier
3. Cupola Smelt Mill
4. Slack Sley & Temple
5. Hangingstones
6. Signal Post
I musicisti elettronici che si celano dietro il moniker Craven Faults hanno deliberatamente scelto di lasciare le loro identità nascoste. Il progetto del primo disco dopo i loro tre acclamati EP, affonda le radici nell’elettronica seminale in cui i loop, le macchine comunicavano tra loro, lasciando che il meccanismo e l’intrico delle linee musicali si potessero incastrare all’interno degli sviluppi. C’è dietro l’uomo a questa idea di musica? Sì: tutto quello di cui c’è bisogno è un po’ di esperienza in grado di settare il tutto per generare pura musica da macchina. Ma questa è una premessa fin tropo tecnica per questo “Erratics & Unconformities“, perché è musica che si ascolta soprattutto durante esperienze che si modificano nel tempo, per esempio, il viaggio (da un punto A a un punto B).
I vari brani dell’album sono lunghi, particolarmente lunghi, come l’apertura di Wacca Wall (mi si risparmi già il fatto che questo non rientra in nessuna economia compositiva e che la ripetizione per periodi prolungati è tempo perso: tutta la musica è “tempo perso”, e voi, che di tempo non lo perdete mai, per favore, suggerite anche a me dove è possibile “ritrovarlo”…) che dura più di 17 minuti. Ma in generale, il tenore è quello: sono paesaggi sonori, non nel senso canonico del termine.
È paesaggio ciò che ci coinvolge, attraverso il movimento: è il paesaggio stesso che si trascina sull’orizzonte mentre noi siamo in macchina o in treno e nel nostro abitacolo rimaniamo fermi a guardare. Ecco, il paesaggio è viaggio, è progressione, si elimina la distanza conosciuta volgarmente per entrare nel vivo dell’esperienza. Un po’ come la differenza tra la cartina e il sentiero stesso da percorrere: un fenomeno in cui sei coinvolto e pertanto è molto difficile astrarsi, allontanarsi, quando stiamo vivendo qualcosa.
Si potrebbe riassumere così “Erratics & Unconformities” : un disco dentro il quale ti trovi con rare possibilità di poterne parlare dall’alto. Solo se ci si immerge (è chiaro ci vuole tempo e pazienza, ma se siete schiavi del mono mordi e fuggi, allora forse non avete bisogno della musica, forse dell’arte in genere) siamo in grado di comprenderla.
C’è poco da spiegare, ma molto da comprendere. Il disco è altamente emotivo, ai limiti del minimalismo che, nonostante la sua grammatica scarna, riesce, con la progressione dei suoni, a trascinare l’ascoltatore, che si renderà conto di essere trascinato esclusivamente quando avrà accettato di farsi trasportare e di attendere prima di dare ulteriori giudizi. Insomma, se vi dicessero che vi aspetta un viaggio, che fareste? Lascereste che qualcuno viaggiasse per voi, oppure vi mettereste al volante?