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Sorry We Missed You, di Ken Loach

Sorry We Missed You

Scheda

Titolo originale: id.
Regia: Ken Loach
Soggetto: Paul Laverty
Sceneggiatura: Paul Laverty
Suono: Ray Beckett, Kevin Brazier
Scenografia: Fergus Clegg
Fotografia: Robbie Ryan
Montaggio: Jonathan Morris
Musica: George Fenton
Nazione: UK, Belgio, Francia, 2019
Genere: drammatico
Durata: 102‘
Cast: Kris Hitchen, Debbie Honeywood, Rhys Stone, Katie Proctor, Linda E Greenwood, Harriet Ghost
Uscita: 2 gennaio 2020
Distribuzione: Lucky Red


Ricky Turner, un ex operaio disoccupato, decide di cominciare l’attività di corriere in franchising presso la filiale della PDF, multinazionale esperta nella consegna pacchi nel più breve tempo possibile.

Ancora una volta, dopo “Io, Daniel Blake”, l’occupazione nella città di Newcastle s’imbatte in un giustiziere ottantatreenne armato di quello che sa meglio fare, ovvero dirigere pellicole di denuncia confezionate in favore delle classi meno abbienti, il tutto per denunciare la deriva verso cui sta virando la società dei consumi. Ken Loach, regista laburista, ma sarebbe più preciso affermare il contrario, e il suo fido collaboratore Paul Laverty, al solito autore della sceneggiatura, fa acquistare un furgone di seconda mano al Rick Turner portato in scena da Kris Hitchen e gli fa consegnare freneticamente pacchi acquistati da clienti compulsivi ma con vite altrettanto problematiche esattamente come la sua, immergendo sin dalle prime battute lo spettatore nella realtà di un uomo alla caccia disperata di una nuova occasione, intravista fra le pieghe di un colloquio nel corso del quale parole come ‘affiliazione’ e ‘collaborazione’ sanno fare facile presa sul desiderio di lavorare in proprio senza piegarsi ai voleri di chi ti stipendia.

Da lì in poi quello che accadrà a Rick, a sua moglie Abbie, e al rapporto con i due figli adolescenti, la piccola Liza Jane e il sedicenne appassionato di graffiti, Seb, sarà una rapida discesa verso gli inferi declinata come una continua ingerenza di un lavoro – gabbia visto come una nuova soglia di povertà sociale, prima ancora che economica. Purtroppo però il film, costruito con il solito realismo struggente che contraddistingue Loach e Leverty, fallisce proprio nella completa assenza di possibili vie d’uscita e dal quale pare non esserci scampo, se non una famiglia unita che fra varie vicissitudini riesce sempre a ritrovarsi.

Una tipologia di trama che seppure in altre vesti Loach ci aveva già somministrato e che per quanto apprezzabile non aggiunge nulla alla vasta filmografia del piccolo – grande uomo di Nuneaton.

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