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Moor Mother – Analog Fluids Of Sonic Black Holes

2019 - Don Giovanni
experimental / spoken word / industrial / noise

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Tracklist

1. Repeater
2. Don't Die
3. After Images
4. Engineered Uncertainty
5. Master's Clock
6. Black Flight (feat. Saul Williams)
7. The Myth Hold Weight
8. Sonic Black Holes
9. LA92
10. Shadowgrams
11. Private Silence (feat. Reef The Lost Cauze)
12. Cold Case
13. Passing Of Time


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A woman singing trials and tribulations

Le istanze più progressiste e iconoclaste vanno cercate – non è una novità – in coloro che puntano alla commistione di genere, all’accostamento surrealista di realtà in contraddizione, alla fusione in un magma spurio e senza padrone. Istanze che, negli ultimi anni, hanno spesso usato l’hip-hop come collante per tenere assieme espressioni anche molto distanti fra loro.

Pur potenti, il limite di alcune di queste realtà sta tuttavia nell’arenarsi in uno sfoggio di pura forma: eclettici ed estremamente tecnici nel manipolare suoni, ritmi e distorsioni, e a farli dialogare tra loro, certi artisti mostrano la corda quando si tratta di riempire di contenuti quelle strutture. Fatta la scenografia, vanno trovate le storie e i personaggi più adatti a trasmetterle.

Moor Mother, al secolo Camae Ayewa, riesce a compiere quel salto di significato necessario a trovare la casa più adatta ai suoi problematici inquilini. Una corrispondenza che è il suo corpo per primo ad affermare; sembra quasi che non ci sia linea di demarcazione tra la sua estetica musicale e quella fisica, trasandata e allo stesso tempo sfrontata, così come violenta e pura. Un connubio che il brutale scontro tra flow velenoso, sferzate di power electronics, jazz funereo e folate di punk incendiario della sua musica incarna alla perfezione.

E questo perché Camae immersa nelle storie ci è nata. “Come avrei mai potuto vedere una batteria? Non conoscevo nessuno che ce l’avesse, né negozi nelle vicinanze che ne vendessero. Ma avevo le storie e i ritmi, così come tanti altri intorno a me”. Nata e vissuta in alloggi popolari, di cose da dire ne ha sempre avute; occorreva solo trovare il veicolo, il vestito adatto. In questo senso, le sue composizioni traggono ampio respiro dalla sua biografia, pur ambendo a trascendere verso l’universale. E con una questione più di altre in punta di penna: l’Afrofuturismo o, in parole semplici, l’arte che esprime la vita della comunità afroamericana utilizzando il suo stesso linguaggio, e questo a seguito di un incontro fondamentale con Rasheedah Phillips, direttrice creativa di The Afrofuturist Affair, con la quale fonda Black Quantum Futurism. È da questa congerie che emergono versi come “un marito picchia a sangue un corpo” o “la polizia trascina un cadavere per terra”: pezzi dilaniati di vita scagliati addosso con la stessa rabbiosa violenza che esprimono.

Impegnativo dire che il nuovo “Analog Fluids Of Sonic Black Holes” sia un precoce ed esplosivo testamento artistico; eccessivo, forse, eleggerlo a uno dei dischi del 2019. Eppure, nel pur nutrito lascito artistico dell’anno passato questo album spicca per intensità, lirismo, lungimiranza e impatto fisico ed emotivo.

Il soundscape introduttivo di Repeater è già slacklining sul bordo del baratro: “the blood, our blood boils in a song, And I have killed you in my mind’s eye”, salmodia l’artista di Philly. Nonostante gli scarsi due minuti di durata, Don’t Die non potrebbe durare di più, se non arrendendosi alla più cieca disperazione: una liturgia che nella ripetizione rituale del titolo esorcizza decenni di soprusi e violenze nei confronti delle minoranze. Disturbante. “The truth will do no good to you, don’t believe the truth!” grida nel techno-gospel di After Images, offrendoci uno sprezzante commento a latere nel dibattito sulle fake news. “They don’t love me like they love you, because I’m black”: decenni di questione riassunti in poche parole come pugni, dure ma necessarie, in quel sogno lucido sonico che è The Myth Hold Weight. Un assolo attorcigliato e distorto di sax fa da sfondo a Shadowgrams, soliloquio psicomagico alla “Waking Life”. Private Silence riprende i Dälek più cacofonici in un rigurgito al vetriolo, con gli affondi di Reef The Lost Cauze a complemento.

A dare al tutto una dimensione più partecipata e globale concorrono collaborazioni interessanti, come quella con Juçara Marçal nella conclusiva Passing Of Time, per in cui Camae accoglie ritmiche tribali brasiliane, in un’internazionale da reazione anticolonialista; episodio che risolve in un’inattesa nota positiva un disco altrimenti immerso in un’atmosfera di perenne conflitto.

Sulla scia oltranzista dei Death Grips ma al contempo evitando certi loro a volte gratuiti parossismi, “Analog Fluids Of Sonic Black Holes” trae linfa dal compromesso di numi tutelari quali Albert Ayler, Sun Ra, Gil Scott-Heron e gli imprescindibili Coltrane spingendo verso una fisicità esasperata pur mantenendo intatto l’afflato spirituale.

Sulla stessa linea d’onda di artiste a lei affini per l’approccio documentale, come Matana Roberts, Moor Mother assembla un “collage di spazio e tempo dettato dal cuore”, in un’operazione che fonde armonicamente schiettezza, verità, resistenza e memoria sotto i colpi dell’hardcore.

Ruolino impressionante, per un’artista così giovane. Non vediamo l’ora di sentirne parlare ancora, tanto e bene.

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