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Back In Time

“XTRMNTR”, la rabbia lucida dei Primal Scream

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Si parla di Primal Scream e si pensa – non a torto – a “Screamadelica“, unanimemente considerato il più fulgido capitolo della discografia della band scozzese e coevo di quel “Loveless“, firmato My Bloody Valentine, che, al tramonto del 1991, fissava un punto fermo nella storia di un fenomeno dai confini mai davvero ben definiti: lo shoegaze. Alla nascita di quel genere aveva contribuito, in parte, proprio il frontman dei Primal Scream: qualche anno prima, nel 1985, Robert “Bobby” Gillespie, insieme ai fratelli Reid e Douglas Hart, metteva la firma su “Psychocandy“, un lavoro seminale per tanta musica britannica di là da venire. Ma da quella lezione – anzi, da quella rivoluzione -, Gillespie sembrava non aver conservato nulla: “Screamadelica” scioglieva l’acid-house nella psichedelia e filtrava il tutto con melodie non distanti da quelle beatlesiane, spingendosi non di rado in territori elettronici e danzerecci, spianando la strada alla nascita del suono di Bristol: il trip-hop. 

Tra “Screamadelica” e “XTRMNTR” (leggasi: “exterminator”) trascorsero otto anni e qualche mese, un’eternità per l’urgenza creativa di Gillespie e soci, un periodo nel quale arrivarono due album parecchio diversi fra loro: prima il mezzo passo falso di “Give Out But Don’t Give Up“, troppo succube del blues rock stonesiano, poi “Vanishing Point“, che recuperò la narrazione di “Screamadelica” e, aggrappandosi a brani come Kowalski, riuscì a restituire l’immagine di una band ancora ispirata e con ancora tanto da dare alla scena britannica e non solo.

La sensazione era corretta: all’alba del millennio, dopo i canonici tre anni di silenzio, i Primal Scream tornavano con un album politico e portavoce di una rabbia lucida che si rifletteva, oltre che in testi-invettiva, anche in un sound decisamente più ruvido e nervoso che in passato. Il principale bersaglio era la politica interna del Regno Unito in senso lato, mentre nella Glasgow dei Primal Scream l’amministrazione locale decretava il coprifuoco, ma “XTRMNTR” era anche permeato di antimperialismo e antimilitarismo, diventando, a tutti gli effetti, un perfetto esempio di quello che, in terra d’Albione, viene chiamato riot album

XTRMNTR” folgora già in apertura, con la claustrofobica Kill All Hippies, sorretta dal basso di Gary Mounfield, ex-Stone Roses, e da un profluvio di effetti digitali. Il falsetto di Bobby Gillespie, che ripete come un mantra “you got the money, I got the soul” si staglia su un pezzo vorticoso e acidissimo, poi Accelerator aggredisce frontalmente con un rock sporco e distorto – situato idealmente in zona MC5 – sospeso tra noise e garage. La titletrack muove i propri passi da un groove denso all’inverosimile: il basso e la batteria disegnano un sound ossessivo, suggerendo atmosfere chimico-industriali, mentre la successiva Swastika Eyes, uno dei passaggi più emblematici della follia e del genio creativo dei nostri, approda quasi naturalmente in territori rave, con un martellare simil-techno che semplicemente non lascia scampo, sia nella versione curata da Jagz Kooner, sia in quella un po’ più asciutta e ipnotica su cui c’è lo zampino dei Chemical Brothers.

I due passaggi successivi potrebbero disorientare, ma non perdono un centesimo dell’ispirazione e dell’urgenza palesata in avvio: prima Pills, che svolta addirittura verso l’hip hop e appare avvolta da un senso di tensione che non accenna a stemperarsi anche per il “fuck, sick, fuck, fuck, sick, fuck” urlato ripetutamente nel finale, poi Blood Money, che torna a flirtare con la psichedelia in una jam leggermente rarefatta e sospesa, dai profumi free jazz. Nei minuti successivi, invece, si passa dalla dolcezza vagamente lisergica di Keep Your Dreams, non lontana da “Screamadelica” e dalle sue melodie irresistibili, alle allucinazioni di una spietata Insect Royalty. In chiusura, oltre alla già menzionata seconda versione di Swastika Eyes, compare una rivisitazione di If They Move Kill ‘em, già presente nel precedente “Vanishing Point“, ma qui impreziosita dalla chitarra di un certo Kevin Shields e non a caso ribattezzata MBV Arkestra. L’intro lascerebbe immaginare una direzione jazz, ma in realtà lo sviluppo è ben più complesso e stratificato, con un suono ruvido e polveroso e un sax che ricopre un ruolo tutt’altro che marginale. Shoot Speed / Kill Light, con cameo di Bernad Sumner (Joy Division e New Order), suggella l’album omaggiando proprio la band nata dopo il suicidio di Ian Curtis, con un atterraggio un po’ più morbido rispetto alla furia dei primi minuti.

XTRMNTR è l’altro capolavoro di una band passata, nel corso della sua carriera, attraverso diversi momenti esaltanti, ma anche per tonfi fragorosi. Probabilmente secondo solo a “Screamadelica“, rispetto al quale – a posteriori – è apparso meno seminale e rivoluzionario, “XTRMNTR” è a tratti anche più ostico per la scelta di suoni caustici e di traiettorie forse addirittura meno prevedibili di quelle di “Screamadelica“, quantomeno ad ascolto inoltrato. Nel 1991, infatti, nonostante lo choc dei puristi per l’incorporazione, da parte di una rock band, di elementi estranei al rock, il prodotto finale appariva più omogeneo e comunque segnato da una certa cura per le melodie, mentre, all’alba del millennio, i Primal Scream realizzavano quello che Q Magazine avrebbe inserito fra i “50 Heaviest Albums Of All Time” e si calavano nella scena elettronica rave, continuando imperterriti a non rinunciare a un’identità formale rock e alle consuete divagazioni che hanno contribuito a renderli unici nel corso delle ultime tre decadi.

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