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Elephant Stone – Hollow

2020 - Fuzz Club Records / Elephants On Parade
space rock

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Tracklist

1. Hollow World

2. Darker Time, Darker Space
3. The Court And Jury
4. Land Of Dead
5. Keep The Light Alive

6. We Cry For Harmonia

7. Harmonia

8. I See You
9. The Clampdown
10. Fox On The Run
11. House On Fire

12. A Way Home


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Hollow” è il sesto album in studio per i canadesi Elephant Stone, creatura di frontman Rishi Dhir, bassista e sitarista in diversi progetti cult contemporanei, da Beck ai Brian Jonestown Massacre. Alle sue spalle, collaboratori di lunga data: Miles Dupire alla batteria, Robbie Macarthur alla chitarra e Jason Kent alle tastiere.

Uscito il giorno di San Valentino per Fuzz Club Records ed Elephants On Parade, “Hollow” si presenta come un ambizioso concept album di matrice distopica, che si avvale della sempre efficacissima science fiction per consegnare un messaggio di avvertimento degno di Greta Thunberg o – nel caso di Rishi – della figlia Meera (è sua la voce nell’introduttiva Hollow World e in Keep The Light Alive). La narrazione ha infatti luogo su una Terra morente, piegata dal surriscaldamento globale. I responsabili? Un’élite cinica e demagogica, che cerca ora di rimediare alla catastrofe trasferendo i sopravvissuti su un pianeta nuovo di zecca a bordo della nave spaziale Harmonia. Spoiler alert: non solo la nuova “casa” non è che una brutta copia della nostra splendida Terra, ma l’élite finirà col distruggere anche quella. Insomma, un circolo vizioso di distruzione alimentato ad egoismo e procrastinazione.   

Dal punto di vista prettamente musicale, il quartetto di Montreal rimane fedele al proprio sound delle origini, un piacevolissimo pop psichedelico con un piede nel garage rock e uno nella scena di Canterbury. Lo stesso Rishi ci illumina sulle ispirazioni di “Hollow“, che (neanche a dirlo) arrivano tutte dall’Albione del biennio ’68-’69: gli Who di “Tommy“, i Pretty Things di “S.F. Sorrow” e i Beatles della seconda parte di “Abbey Road“. 

Si parte col botto con Hollow World, una suite space rock pseudo-orchestrale che viaggia sugli stessi binari di Kevin Parker (Tame Impala), Morgan Delt e HOLY. Seguono le riverberate della fulminante Darker Time, Darker Space, che strizzano l’occhio all’amico Alex Maas (The Black Angels e MIEN, supergruppo composto da Rishi, Tom Furse dei The Horrors e John Mark Lapham degli Earlies), prima di trasformarsi in ostili derive atonali degne dei King Gizzard & The Lizard Wizard (la doppietta The Court And JuryLand Of Dead sembra davvero uscita da “Flying Microtonal Banana“). Luminose allucinazioni da camera ci riportano su lidi ben più popolari (Keep The Light Alive, un misto tra Find Yourself di Jacco Gardner e Hello, Goodbye dei Fab Four), gli stessi approcciati anni fa da Temples (riconoscibili più che mai in We Cry For Harmonia e Harmonia) e Tame Impala (il cui sound torna in mente sia in I See You, forse il pezzo più radio-friendly del disco, che in The Clampdown, uno degli altissimi dell’album). In coda troviamo Fox On The Run e House On Fire, i cui fantasmagorici sussurri rievocano la dolcezza degli Yo La Tengo di “Painful” (ma in salsa Charlatans, senza l’attitudine lo-fi), mentre la conclusiva A Way Home non può che tirare in ballo capitan Jason Pierce (Spiritualized), re indiscusso delle ballate spaziali.

Nel 2014, gli Elephant Stone ci avevano introdotto al concetto dei tre veleni (“The Three Poisons“), rifacendosi al testo Buddista Tibetan Book of the Dead. Nel 2016, è stato il turno dell’allegoria della nave (“Ship Of Fools“), una metafora presa in prestido dalla Repubblica di Platone. È il 2020 e quell’imbarcazione colma di ignoranti, rabbiosi e avidi si trova sull’orlo di un baratro. Compito di “Hollow” è riportarci in acque sicure, spaventandoci con distopiche previsioni sul futuro della specie umana. Nel farlo, frontman Rishi Dhir realizza il fine ultimo di qualunque disco psichedelico: trascendere il tempo, legare generazioni apparentemente distanti tra loro in un continuum spazio-temporale, risultando (per assurdo) confortante ed allarmista al tempo stesso.

Della serie: una preghiera per la Gen Z (i suoi figli) fatta da un Gen X (lui) con gli strumenti dei Baby Boomers (un sitar). A questo punto manca solo il consiglio di un Millennial (io): da non perdere.

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