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Loathe – I Let It In And It Took Everything

2020 - SharpTone Records
alternative metal / post rock

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Tracklist

1.Theme
2. Aggressive Evolution
3. Broken Vision Rhythm
4. Two-Way Mirror
5. 451 Days
6. New Faces In The Dark
7. Red Room
8. Screaming
9. Is It Really You?
10. Gored
11. Heavy Is The Head That Falls With The Weight Of A Thousand Thoughts
12. A Sad Cartoon
13. A Sad Cartoon (Reprise)
14. I Let It In And It Took Everything…


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Pazzesco. Sono due giorni che non faccio altro che ascoltare “I Let It In And It Took Everything”, secondo album degli inglesi Loathe. Se sul subito pensavo fosse semplice infatuazione effimera per la scoperta casuale (una news su un famoso sito metallone, poi il promo in mail), di quelle che durano il giro di un ascolto, invece è cresciuto negli ascolti compulsivi, si è infiltrato sempre più a fondo e alla fine ho capito: mi fa impazzire.

Certo, parlare di originalità a tutto tondo non sarebbe probo, il combo di Liverpool ha dei numi tutelari davvero imponenti nei quali rispecchiarsi. E perché nascondere il proprio amore per Deftones e Meshuggah se si riesce a mischiarli in maniera tanto genuina quanto funzionale? Sarebbe una scemenza. I punti di forza sono tanti, e il fatto che una delle più imponenti risieda in quattro poderose voci non è cosa da poco. Sì, quattro. Perché oltre a quella del frontman Kadeem France e del chitarrista Erik Bickerstaffe troviamo quelle del bassista Feisal El-Khazragi e del secondo chitarrista Connor Sweeney. Questa tattica vocale ha permesso alla band di non avere il solito schema “cantante scream-secondo cantante clean” diventata cliché del più bieco metalcore, bensì una situazione di fantasisti del tutto insolita in cui France e Bickerstaffe si dividono i compiti a seconda del momento e gli altri due danno corpo alle “unclean vocals” sullo sfondo. Viene così a crearsi un dedalo mostruoso, dalle altissime mura.

Provate a immergervi nelle roboanti cascate blackgaze che inondano Heavy Is The Head That Falls With The Weight Of A Thousand Thoughts e che ben presto piombano in mulinelli di groove distruttivo, ai tempi impossibili della feroce Broken Vision Rhythm sapientemente disegnati dal batterista Sean Radcliffe, o nelle mostruose tensioni elettriche di Red Room (coronata dalla spianata post-rock che ne introduce l’inferno) e della disperata psicosi Gored, annegando nel piombo degli stomponi elefantiaci di Aggressive Evolution che si fiondano a testa bassa nella luce di un ritornello luminescente. La delirante e sfiancante title track è una lama che si insinua nei polmoni tranciando il respiro a metà.

L’altro punto di forza dell’album è il suo aspetto puramente melodico, e se Two-Way Mirror è fin troppo deftoniana, l’intreccio di chitarra/batteria puro Motorpsycho che spinge Screaming, infettata da abissi e virus metallici di una pesantezza quasi asfissiante è rotore di una macchina che spinge in cielo. A Sad Cartoon si prende la libertà di lasciare sulla lingua un agrodolce sapore shoegaze che è una vera leccornia.

Come se fosse una città brulicante degli spettri delle luci artificiali, per metà sogno in penombra, per l’altra un incubo perforato da un sole malato, il “sophomore album” dei Loathe è qualcosa che vi rapirà lasciandovi storditi a pensare “ma se fosse uscito negli anni di Five Pointe O e Vex Red di un certo metal non staremmo parlando in un altro modo?”. Beh, sì. E mi fa incazzare.

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