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Sandro Su – Rodney Mullen

2020 - Glory Hole Records
hip hop

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Tracklist

1. Gnente (feat. DJ Fakser)
2. Ah capo
3. Fradicio (feat. Invisibile e Antares Color)
4. Impopolari (feat. Nickbeat)
5. K sera sera (feat. Oyoshe, Dope One e Pepp Oh)
6. Scimmie (feat. Abba Zabba)
7. Dio metafora (feat. Tony Joz e Ffiume)
8. Sto brutto


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Non ho mai avuto l’occasione di conoscere Sandro Su personalmente. Eppure da quando “Bisogna mantenere la posizione” entrò di prepotenza nella lista dei miei ascolti preferiti dell’epoca (2011), nutro nei suoi confronti grosso modo quell’affetto riservato agli amici che vedi e senti pochissimo, ma che sei sempre felice quando di tanto in tanto passano a raccontarti come (gli) vanno le cose. Sarà che ammiro, per dirlo con parole sue: “…chi fa musica davvero, un tipo di persona austero e ne capisci molte cose quando passa nello stereo”. L’attesa di una sua visita fu a suo tempo ampiamente ripagata da “Hungerplan”, un gioiello realizzato a due teste e quattro mani con Antares Color ma che purtroppo, finì relegato in una nicchia spaventosamente angusta per un lavoro così ben realizzato e per certi versi innovativo. 

Rodney Mullen” mutua il proprio titolo dal nome dell’uomo riconosciuto come inventore dello skateboarding contemporaneo e in perfetta linea con ciò, ci restituisce l’mc molisano impegnato a destreggiarsi coi trick fonetici, mantenendo grazia ed equilibrio sulle ripide rampe della sintassi e atterrando con stile sull’insidioso cemento dei significanti. Se accettiamo l’idea il rap sia poesia, dobbiamo conseguentemente accettare anche l’assioma secondo cui in tale genere letterario, la scissione tra forma e sostanza non sia che un falso ideologico: in poesia la forma È la sostanza. No, non è la mia opinione: si consultino gli studi in materia di Petrarca, Baudelaire, Leopardi, Pasternak, Oscar Wilde e la lista potrebbe proseguire, per ulteriori delucidazioni.

L’EP ci offre i guizzi più recenti di una scrittura giunta a piena maturazione da una decade abbondante, un tutto (anche se l’autore preferisce dire un niente) inestricabile di introspezione e ironia, solcato da riferimenti e interpolazioni appartenenti a un ventaglio culturale e musicale troppo ampio per essere qui riassunto in poche battute. Prendendo in prestito alcune recenti dichiarazioni di Alan Moore (e a tal proposito, non credo proprio i volumi di “Watchmen” e “The Killing Joke” siano finiti in copertina per caso), non si vuole in questa sede dire a chi ascolta cosa pensare, bensì che chi ascolta pensi: “…e vorrai mica ch’io stia qui a spiegarti, dove stanno di casa il bene e il male?”

Le geniali considerazioni di Carmelo Bene circa la natura del linguaggio introducono Gnente, un flusso di coscienza inarrestabile sorretto da un beat che in realtà sono due che fanno la staffetta, all’insegna di suoni delicati ed eterei. La sempre prolifica intesa con Color torna a palesarsi non solo nella moltitudine di groove di Impopolari e nelle tentazioni elettroniche di Sto brutto, ma le sapienti mani (e orecchie) del dj/producer lavorano di fino al bancone mixer, riuscendo a rendere l’eterogeneo sound del lavoro solido e coerente e concedendosi ovviamente anche una capatina sui giradischi. Troviamo rinnovato anche il legame con il rap campano, sia che si tratti di veterani come Speaker Cenzou, ai tasti per la produzione di Fradicio, e Tony Joz, sia che si tratti di giovani il cui talento è sicuramente già noto agli esploratori più attenti del microcosmo delle autoproduzioni nostrane. Il trait d’union più evidente in questo calderone di influenze pare essere il soul: basti ascoltare K sera sera e Ah capo, che campiona nientemeno che What’s Happening Brother di Marvin Gaye.

In quest’Italia tristemente sempre identica a sé stessa, anche nelle forme musicali che partorisce, dischi come questo sono perle rare da scoprire e conservare gelosamente. In un periodo tragicomico in cui i rapper per finire sotto i riflettori sono costretti a porre sotto l’egida della “libertà d’espressione” le scempiaggini che dicono o, peggio ancora, a inventarsi alfieri del femminismo. In un ambiente sclerotizzato in cui, tolti i pettegolezzi, se dovessimo parlare di musica, si potrebbe segnalare ben poco oltre alla tendenza a coltivare il flow di un impiegato del catasto che detta le visure al collega dell’ufficio controlli, su produzioni pressoché indistinguibili una dall’altra. Davanti a un pubblico pigro, anestetizzato, così privo di anticorpi da accettare come “socialmente impegnati”, testi molto più simili ai capricci di un bambino che vuole le caramelle e la mamma non gliele compra. Di fronte a tutto questo, ebbene, è davvero meglio non dire niente. Tanto lo sapevamo già da un pezzo che: “…c’è che o state fingendo o qualcuno è scemo”.

Grazie Sandro, è sempre un piacere berne un paio e fumarne una in compagnia tua e degli amici che ti porti appresso. 

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