Bohren & Der Club Of Gore – Patchouli Blue

Sono passati sei lunghi anni da quando i Bohren & Der Club Of Gore si sono presentati con quel piccolo gioiello che era “Piano Nights” e quasi temevo, con un certo disappunto e rammarico, che la band tedesca (oggi ridotta a trio con i soli Gass, Clöser e Rodenberg a fare gli onori di casa) fosse giunta davvero al capolinea. Invece nuova linfa vitale scorre nelle vene del gruppo.

“Patchouli Blue” segue il percorso notturno sbocciato nell’eccelso “Dolores” ma batte il dente dove già doleva sul suo predecessore. La cupezza dei Bohren si è fatta carezzevole e a tratti romantica, come un cimitero in cui rigogliosi fiori spuntano dalle crepe del terreno. Il piano elettrico accompagna lungo viali irrorati dalla cupa luce del tramonto (Glaub Mir Kein Wort, Verwirrung Am Strand), nuvole jazz si sparpagliano al fervore del sax (Total Falsch) e espandono ambienti uggiosi, dipingendo scene di film noir mai girati (la splendida title track punteggiata dalla morbida semiacustica e synth fantasmatici), classici e sinuosi adagi da jazz club alzano il velo di nebbia (la sensuale Deine Kusine, le lacrime di Sollen Es Doch Alle Wissen) pronto a scendere nuovamente su fraseggi elettronici minimal che brillano come lampioni su strade bagnate di nero (Vergessen & Vorbei e la sua eco Eighties fanno bene all’anima) per disperdersi in un oblio space languido (Mein Welt Ist Schön, l’ansiogena Tief Gesunken).

Chissà se è vero quel che diceva Raymond Chandler, ossia che un cadavere pesa più di un cuore infranto, perché a sentire i Bohren vien sempre di più da pensare che sia vero l’esatto opposto.