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Squarepusher – Be Up A Hello

2020 - Warp Records
drum'n bass / breakbeat / elettronica

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Tracklist

1. Oberlove
2. Hitsonu
3. Nervelevers
4. Speedcrank
5. Detroit People Mover
6. Vortrack
7. Terminal Slam
8. Mekrev Bass
9. 80 Ondula


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I’m just acutely aware of how limited time is and I think I’d rather spend it doing what I do best which is taking risks and making experiments.”

La nostalgica, stupenda interfaccia a 8 bit che accoglie il visitatore del sito squarepusher.net dà una cifra dello stato d’animo attuale di Tom Jenkinson. Frenetico come una pallina impazzita di Arkanoid, a onta di qualsiasi dichiarazione il nostro non ha paura di ostentare incoerenza, una cifra che ha sempre orgogliosamente mostrato senza rimpianti. Forte, anzi, di una carriera senza compromessi, il polistrumentista non indugia nel seguire la propria strada, incurante di ciò che avviene al di fuori del proprio selezionato circuito di amicizie e interessi. È un po’ da quest’humus che ha preso vita il quindicesimo disco nella carriera di Squarepusher: “Be Up a Hello” rappresenta, senza tante ipocrisie, un ritorno alle origini per l’artista britannico, che sprofonda nuovamente nei synth hardware e nell’elettronica che aveva segnato i suoi esordi.

Come in Oberlove, dove più forte si esprime l’influenza degli organi da chiesa che ascoltava da piccolo in quel di Chelmsford e che lui stesso ha riconosciuto come influenza su suoi lavori: qui sembra di ascoltare una versione ipercinetica di un pezzo degli Alan Parsons Project. In Hitsonu si affondano le mani nel vecchio baule che conserva i vecchi giochi in console, con le colonne sonore a 8 bit, i tempi di caricamento infiniti e le cassette che girano, frullati in un milkshake di circuiti e mille valvole. Nervelevers è il suo autore all’ennesima potenza: beat e glitch da sovraccarico di informazioni, proiettati in velocità smodata verso l’infinito.

Dietro la scorza di silicio si intravede un vecchio cuore da replicante Nexus 6 nelle partiture malinconiche di Detroit People Mover, mentre Terminal Slam è summa, zenith e nadir dell’album: inizia con beat sinistri da apocalisse steamfunk, intensificando i colpi fino al parossismo di un incubo a occhi aperti teleguidato da Alexa, per poi svelare un insospettabile vena melodica sul finale, da saluto e volo finale sul nulla à la Another World.

L’ambient distopico e da colonna sonora post-tutto (l’avrei visto bene in un film come “Arrival”) di 80 Ondula chiude su un uggioso tono minore il disco: un finale aperto a un possibile sequel che, conoscendo però il nostro, sarà un irriducibile inversione a U rispetto alla prima stagione, priva di qualsiasi metro di paragone.

Coeso nell’incoerenza. Un modo per definire il punto d’arrivo che quest’album rappresenta nella parabola di Mr. Jenkinson: un volatile mutaforma riconoscibile al primo ascolto, enfant prodige di un approccio totale alla musica, figlio di Zappa, Coltrane, Art Blakey, Carl Craig, ma capace di sondare abissi accessibili solo a menti sonnambule e irrequiete, inclini al rischio. Grazie per esistere.

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