Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Stian Westerhus – Redundance

2020 - House Of Mythology
sperimentale

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Chase The New Morning
2. All Your Wolves
3. Verona
4. There's A Light
5. Walk The Line
6. Hold On
7. Redundance


Web

Sito Ufficiale
Facebook

I quattro anni che dividono “Amputation” da “Redundance” sono serviti a Stian Westerhus per comporre un altro album devastante. Perché girarci tanto attorno? Giunto alla sua quinta fatica solista il chitarrista norvegese (ex-Jaga Jazzist, Monolothic, Ulver) continua una parabola ascendente della ricerca emotiva che pare inarrestabile.

Viandante solitario in un mondo in continua evoluzione, dove tutto si (con)fonde, Stian tiene la sua chitarra alta avanti a sé, come una lampada ad illuminare una strada mai dritta, un cammino fatto di continue biforcazioni nel mezzo del quale tanti di noi perdono l’orientamento. Custode di una propria dialettica che fonde gelo al forte calore della lotta, oggi potremmo collocarlo tra il Thom Yorke di “Anima” e gli Algiers, non per questo confrontando o paragonarlo, semplicemente fa parte di questo tipo di musica impossibile da classificare – evolutiva appunto – che riesce nell’intento di plasmare un linguaggio moderno applicandosi al passato, divenendo atemporale nel suo descrivere l’oggi.

E se i tempi che viviamo sono troppo complessi e spigolosi, Westerhus sceglie di non esserlo esprimendosi a tratti morbidi e decisi, spessi e pregni. È incredibile come il blues di There’s A Light possa risultare alieno e mistificato, in un periplo tra tradizione e futurismo cyber. L’umano dentro la macchina, che lotta e la cui arma è un gospel venato dall’algida luce al neon di Chase The New Morning (invettiva contro il regime cinese e i uoi metodi coercitivi di informazione e non solo), dell’immensa All Your Wolves e nel funk robotizzato di Hold On, disseminata d’urgenza (e qui siamo davvero nel campo degli Algiers). 

La title track è straziante, un toccante trascinarsi di piano, archi, organo e macchine che si rincorrono verso l’infinito, e quando Stian sale di tono rievoca sua maestà Jeff Buckley in persona, una sorta di culmine emotivo in mezzo a vette già altissime. Come se non fosse mai sufficiente. Infatti non lo è, perché sono certo che al prossimo appuntamento discografico andremo ancora più in alto.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni