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“Socialismo Tascabile”, ricordi di un universo in espansione

Il 7 marzo di 15 anni fa non avevo ancora compiuto 18 anni; le mie idee politiche, frutto perlopiù di ascolti di un certo punk/hardcore militante, si limitavano ad approssimative nozioni di una sinistra quasi estrema e pensavo più per slogan che per concetti. D’altronde nessuno si era mai disturbato a spiegarmi nulla, soprattutto di come un concetto enorme come il socialismo potesse condizionare gli aspetti più microscopici della vita quotidiana. “Socialismo Tascabile” degli Offlaga Disco Pax fu in questo senso un disco di formazione. 

Mi capitò davanti ed era stranissimo, dal nome della band che lo aveva prodotto al titolo, dalla copertina agli argomenti, fino al modo stesso in cui venivano trattati. Era il racconto di quel cortocircuito che è (stata) l’Emilia Romagna, in particolar modo Reggio Emilia, Cavriago, e di un socialismo che era fede mitologica piuttosto che genuina convinzione, ma che aveva invaso l’intimo di tutti in maniera devastante e misteriosa.

Photo: Giulia Mazza

Le storie di “Socialismo Tascabile” erano pervase da una sorta di resistenza romantica, più sentimentale che politica, ma i due universi si nutrivano l’un l’altro. Le raccontava Max Collini, su di un fondo sonoro fatto di elettronica minimale fra post-rock, shoegaze e new-wave, senza intonare alcuna nota, declamando ogni frase in una maniera davvero unica, uno spoken fin da subito paragonato a quello di Emidio Clementi, ma che con la voce dei Massimo Volume non c’entrava assolutamente nulla. Come allo stesso modo gli Offlaga Disco Pax non c’entravano assolutamente nulla nemmeno con l’altra obbligatoria pietra di paragone, ossia i CCCP, con i quali condividevano solo l’universo narrativo e l’approccio per-formativo. Ma mentre quello di Ferretti era rivolto verso l’alto, tra tanti ideali battaglieri e uno spirito oltranzista e bruciante, quello degli ODP era piantato per bene per terra: il socialismo ne usciva scarnificato, la sua retorica dissacrata, la sua imponenza normalizzata.

Ricordi d’infanzia e d’adolescenza, disavventure scolastiche, turbamenti politici e amorosi, incontri/scontri con commessi snob, l’invidiabile e assurda toponomastica della cittadina emiliana, con quel busto, Orietta Berti e quella leggenda su Lenin che ne sarebbe ancora sindaco onorario: in nessuna delle vicende riuscivo ad immedesimarmi, forse non riuscivo nemmeno a capirle. Eppure erano coinvolgenti, perfino ipnotiche. Ne rimasi sotto, ci rimase sotto perfino mio padre, che sentendo di sfuggita quel suggestivo vortice di paradossi che è Robespierre, si accese e mi chiese chi diavolo fosse a cantare, per poi ascoltare insieme tutto il resto, come a voler condividere i ricordi di una vita che aveva conosciuto sì, ma solo sfiorato.

Socialismo Tascabile” non ha lasciato nessuna eredità artistica concreta: gli stessi Offlaga Disco Pax, nei due episodi successivi della loro discografia, riuscirono a replicare tanta genuina ispirazione, finendo per sbiadirsi, e nessuno ha cercato in seguito di emulare una proposta che in fondo si esauriva in sé stessa. Riascoltarlo oggi significa entrare in un memoriale di un’epoca scomparsa, scrutare tra i frammenti affascinanti di una vita morta e sepolta ed uscirne con una frase stampata in testa: “Ci hanno davvero preso tutto“.

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