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Burzum – Thulêan Mysteries

2020 - Byelobog Productions
ambient / folk / black metal

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Tracklist

1. The Sacred Well
2. The Loss of a Hero
3. Forebears
4. A Thulean Perspective
5. Gathering of Herbs
6. HJeill auk Saell
7. Jotunnheimr
8. Spell-Lake Forest
9. The Ettin Stone Heart
10. The Great Sleep
11. The Land of Thulean
12. The Lord of the Dwarves
13. A Forgotten Realm
14. Heill Odinn Sire
15. The Ruins of Dwarfmount
16. The Road to Hel
17. Thulan Sorceryl
18. Descent into Niflheimr
19. Skin Traveller
20. The Dream Land
21. Thulean Mysteries
22. The Password
23. The Loss of Thule


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Per me Burzum è sempre stato oltre. Oltre i sensazionalismi, oltre gli atti deplorevoli e oltre il black metal. È vero, e no, in fondo, perché se c’è qualcuno che ha incarnato a fondo lo spirito di un genere, questo è stato lui, e non parlo delle chiese date alle fiamme, no, parlo solo ed esclusivamente della musica. È davvero necessario dire che dobbiamo dividere l’umano dall’artista? Forse sì. Forse oggi va sottolineato tutto. Lo rendete un obbligo. 

Oggi Burzum è un uomo diverso, oggi Varg Vikernes non ha più nemmeno lo stesso nome, oggi è Louis Cachet, oggi ha di nuovo trasceso il genere ed è tornato alla sua materia migliore, quella ambientale, quella che inevitabilmente smuove sentimenti nascosti sotto il ghiaccio, e lì rimarranno. È vero, “Thulean Mysteries” è una scusa per spingere il suo gioco di ruolo, ma ha comunque una sua anima, e recupera quella dei lavori degli anni del carcere. Da uomo libero, semplicemente ammette che la musica in fin dei conti non è mai stata la sua vera passione, che invece sono i GDR, le due cose sono finite ovviamente per fondersi, divenendo una compendio dell’altro (proprio un gioco di ruolo firmato da Varg/Louis e da buon fan di entrambi i mondi non vedo l’ora di provarlo, per mero feticismo).

Provate a dire che i rintocchi folk che spariscono nella bruma di ForeBears, o le carezze luminescenti tra piano e contrabbasso di A Thulean Perspective (che fa il paio con la conclusiva space-injected e chiazzata kraut The Loss Of Thule), assurdo e inusitato per come conosciamo Burzum, mai così toccante nel senso più stretto del termine. Pleonastico dire che sia un lavoro sconclusionato, ma trattasi di “colonna sonora”, quindi poco male, perché al fianco di questi picchi di anomalia troviamo ovvi richiami al folklore norreno più minimale (Helll Auk Saell, The Great Sleep, The Ettin Stone Heart), apocalittiche bordate di minimalismo sintetico-acustico (Jotunnhelmr), genuflessioni all’altare del black più aleatorio (The Lord Of The Dwarves, A Forgotten Realm, The Road To Hel). Così tanta roba che ci si perde e a volte ci si ripete, ma con puro fascino dell’antico e dimenticato.

A tratti, nell’enormità del silenzio, Burzum sa come cavare fuori il meglio di qualcosa che suona defunto. Eppure, nell’oltrevita, in un reame di fantasia, esiste e funziona. Funziona eccome. 

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