Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Il Silenzio Delle Vergini – Fiori Recisi

2020 - I Dischi Del Minollo / (R)esisto distribuzione
art rock

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Non ho più paura
2. Cuore di farfalla
3. Mental code
4. Radici di paradiso
5. Necessità
6. Cenere
7. Gambino
8. Fiori recisi
9. Il treno dei desideri


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Chi ha detto che un musicista deve proporre solo musica? Se ha altre passioni, modi diversi di esprimere la sua arte, chi gli vieta di farlo? Andy Fumagalli dei Bluvertigo è anche pittore, Niccolò Fabi scrive bellissime poesie, ma trattasi di forme artistiche scisse rispetto all’attività “principale”. I bergamaschi Il silenzio delle vergini partono dalla musica, ma contemporaneamente aprono lo zaino e tirano fuori il loro enorme bagaglio di interessi.

Tutto inizia nel 2016, quando il chitarrista Armando Greco e la bassista Cristina Tirella accantonano il loro precedente progetto Tic Tac Bianconiglio per dar vita a qualcosa di nuovo. Per stessa ammissione di Greco, i due si ritrovano in studio, suonano liberamente, senza seguire uno schema predefinito.

Nel giro di poche sessioni viene fuori un intero album, “Colonne sonore per cyborg senza voce”, che ruota intorno al manga Cyborg 009 di Shotaro Ishinomori. Manca ancora un nome per il progetto, che viene fuori dopo aver ascoltato tutte le registrazioni. I film preferiti da Armando e Cristina sono Il silenzio degli innocenti e Il giardino delle vergini suicide: dall’unione di questi due titoli viene fuori Il silenzio delle vergini.

Nel 2018 è la volta di un EP, “Su rami di diamante”, mentre il 6 marzo è uscito “Fiori recisi”. Come nel precedente long, la forma canzone è paradossalmente liberata dal canto: come ama dire Greco, siamo già abituati alle parole che infettano il nostro mondo, mentre la musica da sola è veicolo di emozione.

In “Fiori recisi” le influenze pregresse del duo – Greco proviene dalla scena punk e noise mentre Nico è la musa ispiratrice di Tirella – si sentono in tutta la loro potenza. Ma in questo frullatore finiscono tantissimi altri elementi, alcuni dei quali solo accennati, come dei cammeo cinematografici.

A proposito di cinema, quasi tutte le tracce sono accompagnate da dialoghi recitati. Il mix tra le due forme espressive è bilanciato egregiamente. Come nel disco precedente, è addirittura immaginabile il concepimento dei singoli pezzi sotto forma di mini colonne sonore, tante piccole didascalie che sottolineano le scene. La musica e il cinema sono il nucleo centrale, dal quale partono fasci emozionali che prendono di volta in volta diverse forme.

Lungo il percorso si incontrano innanzitutto varie espressioni elettroniche – in un groove ottimale – sorrette da synth e basso imperanti, talvolta con arpeggi e riff di chitarra, come in Non ho più paura, Necessità e Cenere. Poco psych rispetto al passato, ma in compenso spazio alla new wave – o nu new wave, rivista in chiave post duemila – che in alcuni punti (Cuore di farfalla e Radici in paradiso) viene impreziosita da sfumature emo e shoegaze.

Il passato noisy di Greco ritorna prepotentemente in Mental code, forse il pezzo migliore del disco: un preludio dark ambient fa presto spazio a un incedere a metà tra industrial e tecnho, un po’ Nine inch nails, un po’ Prodigy. La title track, dal finale a trazione heavy, ha uno scorrere meravigliosamente nostalgico, che profuma di anni ’90.

Il novero delle sperimentazioni non finisce certo qui: Gambino è un altro riuscito mix di synth e drum machine, ma stavolta la ritmica sconfina in territorio trap. Il finale è affidato, ancora in salsa shoegaze, alle dolcissime note di pianoforte de Il treno dei desideri, che è anche il primo singolo estratto dall’album.

Va detto, ad onor del vero, che “Fiori recisi” non è un disco di immediata fruizione. Per comprenderlo c’è bisogno di concentrazione e apertura mentale, oltre ovviamente all’interesse per una forma di musica esclusivamente strumentale. Una volta trovato il giusto mood, tuttavia, il disco scorre via tutto d’un fiato in modo inesorabile.

Sotto il profilo qualitativo, non siamo al di sotto dei livelli imposti negli ultimi anni dai Calibro 35, che piaccia o meno sono un punto di riferimento nel panorama strumentale nostrano. I coretti imbastiti da Cristina sono addirittura un elemento in più. E’ chiaro però che sul piano musicale siamo su un altro pianeta, avvicinandoci forse al benchmark impresso dai texani Explosion in the sky.

Il lato più interessante risiede proprio nel fatto che non stiamo parlando di un disco di genere, ma nel suo eclettico approccio sperimentale i singoli brani potrebbero tranquillamente finire in un disco di elettronica, industrial o shoegaze. Di contro, i testi mancano, ma in questo contesto non servono: c’è così tanta sostanza musicale che nel corso di ogni traccia si capisce perfettamente cosa vogliono comunicare Greco e Tirella.

Per trovare un compromesso identificativo, possiamo concludere che “Fiori recisi” – che per gli autori è “semplicemente musica” –può già da oggi essere considerato uno dei migliori lavori di art rock italiano concepiti quest’anno.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni