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Human Impact – Human Impact

2020 - Ipecac Recordings
noise rock / industrial

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Tracklist

1. November
2. E605
3. Protestor
4. Portrait
5. Respirator
6. Cause
7. Consequences
8. Relax
9. Unstable
10. This Dead Sea


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Quando l’anno scorso venni a sapere che gli Unsane si erano sciolti devo dire che fui sopraffatto da un velo di tristezza, perché soprattutto al giorno d’oggi di band di tale sincerità e coerenza ce ne sono davvero poche, anzi, credo che alla fine si contino sulle dita di una mano. A questo va aggiunto l’innegabile valore artistico di un gruppo che ad inizio anni 90 gettò le basi per un certo tipo di sound, fregandosene altamente di ciò che invece andava per la maggiore nel mondo del rock; loro suonavano davvero duri, cattivi e sporchi come pochi, non per finta. Insieme ai concittadini Helmet plasmarono e definirono quello che poi sarebbe stato definito noise-core, personalizzandolo con contaminazioni blues, influenza innegabile nella musica della band di Chris Spencer, e continuando a farlo costantemente per circa trent’anni con tanta passione e dedizione fino al loro ultimo disco “Sterilize“.

Chris Spencer appena dopo la fine degli Unsane decide di non perdere tempo e di imbracciare subito la sua imprescindibile Telecaster e scaldare la sua delicata ugola, reclutando Jim Coleman alle tastiere e campionamenti e Phil Puleo alla batteria, entrambi facenti parte ad inizio anni 90 di un’altra seminale band newyorkese, i  Cop Shoot Cop. Per chi non li conoscesse (male) corra subito a recuperare qualcosa da ascoltare. A completare l’ensemble l’ex-Swans Chris Pravdica al basso. Nasce così il progetto Human Impact, e da quattro brutti ma sapienti ceffi navigati come questi che tipo di musica ti puoi aspettare? Sicuramente non qualcosa per mammolette, ma un perfetto connubio tra le tre grandi band madre di provenienza.

Devo ammettere che l’omonimo esordio, uscito per la sempre ottima ed attenta Ipecac, ci ha messo un po’ ad esser assimilato dal sottoscritto, mi ha un po’ spiazzato. “Human Impact” è un disco che cresce ascolto dopo ascolto. Risulta infatti un lavoro ragionato, in cui i musicisti si sono concentrati sugli arrangiamenti ed atmosfere senza lasciare nulla al caso. Suona meno feroce degli Unsane, meno inquietante dei Cop Shoot Cop e meno ossessivo ed oscuro degli Swans. Tutti questi meno potrebbero far pensare ad una accezione negativa, invece il risultato finale è sorprendentemente e sapientemente equilibrato. Il prodotto è davvero notevole e ben confezionato, oltre che abbastanza inconsueto dal punto di vista sonoro nel panorama musicale underground di oggi. 

La voce di Chris Spencer risulta meno sguaiata e senza freni, tranne in alcuni episodi nei quali le reminiscenze unsaniane riemergono prepotentemente. È il caso di Protestor, ma in linea di massima lungo lo scorrere del disco risulta più controllata, a tratti “robotica”, in altri dark, e comunque si differenzia sensibilmente rispetto alle urla disperate fino a far sanguinare le corde vocali alle quali ci ha sempre abituato. Allo stesso modo la sua chitarra è un po’ meno noise, sempre affilata e lacerante sì, ma più addomesticata, sia dal punto di vista della distorsione che nel modo di suonarla.

Degni di nota sono sicuramente gli inserti elettronici di Jim Coleman, vero valore aggiunto, che danno una forte tinta post-industrial alla band della grande mela (loro stessi definiscono il loro suono “cinematic post-industrial”), oltre alla sezione ritmica sempre impeccabile ed affiatata da menzionare. 

Sicuramente uno dei dischi migliori di questo inizio 2020: del resto, come si dice? “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”, ed in questo caso i protagonisti sono decisamente dei pesi massimi delle sonorità forti.

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