Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Nine Inch Nails – Ghosts V-VI

2020 - -
ambient / industrial

Ascolta

Acquista

Tracklist

GHOSTS V: TOGETHER

1. LETTING GO WHILE HOLDING ON
2. TOGETHER
3. OUT IN THE OPEN
4. WITH FAITH
5. APART
6. YOUR TOUCH
7. HOPE WE CAN AGAIN
8. STILL RIGHT HERE

GHOSTS VI: LOCUSTS

1. THE CURSED CLOCK
2. AROUND EVERY CORNER
3. THE WORRIMENT WALTZ
4. RUN LIKE HELL
5. WHEN IT HAPPENS (DON'T MIND ME)
6. ANOTHER CRASHED CAR
7. TEMP FIX
8. TRUST FADES
9. A REALLY BAD NIGHT
10. YOUR NEW NORMAL
11. JUST BREATHE
12. RIGHT BEHIND YOU
13. TURN THIS OFF PLEASE
14. SO TIRED
15. ALMOST DAWN


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Credo che nemmeno nella sua visione più distopica e “complottara” (leggi “Year Zero”) Reznor avrebbe potuto immaginarsi uno scenario mondiale come quello nel quale ci troviamo oggi. Eppure eccoci qua, ed ecco anche Trent assieme ad Atticus Ross. Sempre loro, attivi più che mai. Doveva (forse) giungere a noi un nuovo album firmato Nine Inch Nails, dopo le cavalcate soundtrackistiche del duo, e chissà se non si stesse proprio parlando del riesumato progetto “Ghosts”.

Famigerato tra i fan, c’è chi l’ha amato e chi l’ha odiato, ci sono infine gli indecisi che, un po’ per amore niniano non hanno mai smesso di riascoltarlo per capire da che parte schierarsi (eccomi qua) e ora, a dodici anni dalla sua comparsa, rieccolo con due nuovi capitoli, che i NIN hanno deciso di regalare ad un mondo congelato e piagato dalla malattia e dall’ansia, alla ricerca di una speranza. Mentre tutti sperperano parole per lo più inutili R-R prediligono il suono puro.

Prendendo momentaneamente le distanze dagli ultimi, febbrili stati di rabbia pressoché incontrollata del marchio, i fantasmi “V” e “VI” tornano a spaziare in quel mondo al di là del velo del sussulto, dove alle grida e lo sferragliare dei macchinari si contrappongono spiriti che variano la propria natura come noi umani stato d’animo, in due insiemi distinti, come mai prima d’oggi. “Together” è un lungo respiro, che passa al setaccio dividendo gli strali del passato lasciando solo una leggiadra sostanza melodica in cui il pianocentrismo è stella polare, ancora una volta e forse per sempre. La rarefazione si dipana nei non-luoghi lasciando traspirare speranza, un sentimento che abbiamo imparato a conoscere nel corredo genetico di “The Fragile”, così sinfonie cristalline e ampie (Out In Open, Together) fanno da contraltare a minimalismi spaziali di rara leggiadria, come un lungo cammino al termine del quale trovare una ricompensa, ossia la nostra stessa libertà (With Faith), e anche quando l’insidia si fa forma in synth presto si scioglie in una mareggiata d’alabastro e ancora il piano spazza via tutto mentre vocalizzi robotici divengono canti che nell’amenità guardano il cielo (Apart) sconfinando infine in delicatezze digitali inusitate persino qui, dove si è osato tutto e di più (Your Touch), e fino in fondo il dominio è del silenzio, fino all’arrivo del movimento in pesante affondo, tra groove prepotenti, una reazione all’immobilismo e la sua sconfitta (Still Right Here).

Locusts” rovescia il calice della sicurezza, come nelle lunghissime giornate, più l’oscurità scende più s’innalza il livello di malessere interiore, i pensieri ronzano come vespe intrappolate in un alveare e il pianoforte che prima carezzava il cuore, ora lo stringe in una morsa e le macchine digrignano i denti in infernali traccheggi (The Cursed Clock), abilita l’incubo e lunghe sono le ombre disegnate dalla tromba suonata sotto ad un lampione la cui luce intermittente vomita disagio sui lineamenti di un suonatore amorfo, disumanizzato come in un quadro espressionista che travolge i sensi (Around Every Corner, The Warriment Waltz), e se il jazz si fa presagio infausto, tribali incursioni si spostano verso la terraferma spingendo nell’aberrazione un rock trasfigurato (Run Like Hell). Mentre onirici cunei deformano l’immagine di Carpenter (Trust Fades, Your New Normal), plateau classici si estendono su orizzonti di ferro (A Really Bad Night) ed enormi mostri meccanici camminano per le strade deserte portandosi appresso il fantasma dell’industrial più spaventoso (Turn This Off Please), e così com’è iniziato, ogni sogno orrendo ha la sua fine, tra pulsazioni e ansiogene intenzioni (Almost Dawn).

Disarmante.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni