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Villetta con ospiti, di Ivan Di Matteo

Villetta con ospiti

Scheda


In una piccola comunità del nord est si muovono personaggi dall’apparenza specchiata ma con molti scheletri nei rispettivi armadi. Un imprenditore fedifrago e sua moglie, vittima della depressione, un medico che lucra sui propri pazienti, il prete del paese con molto da nascondere e un poliziotto che porta a termine loschi traffici con i criminali rumeni del luogo. Le rispettive debolezze usciranno allo scoperto la notte quando tutti saranno chiamati a gestire un incidente pieno di risvolti morali.

Di Matteo e la moglie Valentina Ferlan, collaboratrice fidata in cabina di sceneggiatura, ci mettono nuovamente di fronte a noi stessi e per la precisione al finto perbenismo nel quale spesso annega l’esistenza della parte più produttiva del paese, ovvero il nord-est, scelto da regista per via del concetto di difesa del territorio e dei beni materiali accumulati al termini di numerosi sacrifici. In realtà la villetta del titolo potrebbe trovarsi ovunque esattamente come ovunque si sarebbero potuti trovare anche i protagonisti dei precedenti lavori del regista Romano, da La Bella gente sino a I nostri Ragazzi.

Proprio per questo un medico ben poco interessato ai propri pazienti, ma decisamente molto appassionato del suo conto in banca, impersonato da Bebo Storti, non fa decisamente gridare allo scandalo, così come il poliziotto di origini campane impersonato dal comico Massimiliano Gallo, per terminare con la facoltosa coppia d’industriali della viticultura, con figli a carico, una suocera che odia il genero (Marco Giallini) perché irrimediabilmente “terrone” e arricchitosi per via del matrimonio con la figlia e una moglie invece più dedita alla beneficenza che alla propria famiglia (Michela Cescon).

La capacità di Di Matteo è poi quella di riuscire a generare un cambio di registro in corso d’opera, trasformando quella che al inizio pareva una critica sociale, verso la finzione che ognuno si porta dietro giornalmente, in dramma, ed è forse proprio in questo che pecca la pellicola, a causa di una virata di genere troppo sbrigativamente liquidata per tornare alla teorica normalità di facciata di tutti i giorni.

Un peccato perché l’idea iniziale era decisamente e al solito interessante l’epilogo decisamente molto meno.

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