Impatto Sonoro
Menu

Back In Time

“Lemonade And Brownies”: sciccheria e maleducazione

Amazon button

Sì, a volte è possibile giudicare un album dalla copertina. Quella di “Lemonade And Brownies”, il frizzante debutto degli Sugar Ray datato 1995, raccoglie appieno l’essenza del sound proposto dalla band californiana nella sua prima incarnazione. Un sound di grana grossa e sporcaccione, in cui coesistono particelle di funk metal ultra-cafone e di rap rock che definirlo dozzinale è un eufemismo. I brani contenuti in questo disco hanno un che di lussurioso: come l’inequivocabile posa in cui si fece immortalare la splendida Nicole Eggert – qualcuno se la ricorderà in Baywatch, nel ruolo di Summer Quinn – suggeriscono pensieri impuri.

Qua e là già affiorano quelle timidissime, plasticose sfumature pop, pop punk e reggae che, a partire dalla stratosferica hit Fly, sarebbero diventate una sorta di marchio di fabbrica per gli Sugar Ray. Le si potrebbe considerare lontani miraggi di gusto e raffinatezza; un po’ come la patina vintage che rende leggermente meno volgare la fotografia sulla cover, resa quasi candida dal tappeto bianco in simil pelliccia nel quale la Eggert affonda il suo bel visino.

Chi se lo ricorda, tuttavia, saprà bene che il gruppo capeggiato da quel simpaticone di Mark McGrath – capelli perennemente ingelatinati e fisico da surfista – di elegante non ha mai avuto praticamente nulla. Neanche nella fortunata ma effimera fase mainstream in cui furono, insieme ai grandissimi Smash Mouth, campioni assoluti di un certo tipo di rock balneare che oggi purtroppo non si fa più.

Eppure, nonostante la sua indubbia inconsistenza, “Lemonade And Brownies” riesce in qualche modo a fondere in maniera equilibrata maleducazione e sciccheria. È il perfetto emblema del guilty pleasure applicato all’alternative metal anni ’90: sai benissimo che è una cafonata, ma è sempre in grado di farti passare assai piacevolmente quella quarantina di minuti che trascorri imbottigliato nel traffico o rinchiuso in casa, magari in preda al tedio dell’isolamento anti-coronavirus.

Un po’ per vergogna lo si lascia a prendere muffa su uno scaffale e, come fosse una rivista porno tenuta nascosta tra le mutande e i calzini nel cassetto, lo si ritira fuori quando si ha il desiderio di godere del sano, vecchio crossover di una volta. Un genere multiforme che gli Sugar Ray, almeno in questo album, interpretarono con un livello di maestria invidiabile.

Ok, non avranno raggiunto risultati formidabili, ma è comunque interessante ascoltare una band in grado di passare dal rap metal furioso e farcito di scratch di Rhyme Stealer e Iron Mic alle maliziose atmosfere funk/lounge/pulp di Hold Your Eyes, Scuzz Boots e Danzig Needs A Hug, tre inni alla vita da spiaggia che avrebbero funzionato a meraviglia in un ipotetico American Pie diretto da Quentin Tarantino.

E nel mezzo c’è un po’ di tutto (forse persino troppo): dall’ammasso sonoro di “Lemonade And Brownies” vale la pena recuperare gli ignorantissimi riffoni di The Greatest, 10 Seconds Down e Streaker, l’hard rock sbilenco e ironico di Caboose e un paio di violentissime bordate punk (Big Black Woman e Mean Machine) che vi faranno pensare: «Assurdo, questi sono gli stessi di Every Morning e When It’s Over!». Roba per palati poco fini.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Articoli correlati