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Stone Machine Electric – 7″

2020 - Autoproduzione
doom / jazz

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Tracklist

1. Walking Among the Blind
2. Mushroom Cloud


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Semplicemente titolato “7″“, il dischetto degli Stone Machine Electric getta nel pozzo del doom due granitiche rocce idonee a smuovere la luna piena riflessa dal suo interno nella calda notte texana, ciò giusto per vedere quanto imo sia il buco nero che da lì principia, attraversando il quale si entrerebbe per vie cunicolari lungo percorsi misteriosi validi a raggiungere il centro della Terra.

Mark Kitchens [guitar/ vocals] e William (Dub) Irvin [Drums/ Vocals/ Keyboard/ Theremin], dopo un rapido sguardo a tu per tu, concordano, con una alzata di ciglia ed una minima abbassata di capo, di mettersi velocemente in moto. Deve essere evidentemente scoccata l’ora x.

Accesi dunque i motori del loro attrezzo escavatrice (modello Audas Viator), inizialmente scaldandone a dovere le giunture meccaniche, si parte poi innestando le marce a nervi tesi, smashando la Mushroom Cloud che, dopo il suono del gong, a ben vedere intorno al minuto 2’45”, si scaraventa negli inferi azionando una chitarra acida straelettrificata al pari di una trivella infinitamente perforante per colui che (il duo texano in oggetto) si calerà in tali oscure profondità; e devo dire che la svalvolante sei corde emette una luce pazzesca, affine al fulmine, mentre la cupa ritmica martella a dovere sotto i colpi costanti della batteria, annientando, poiché sfrutta sinergicamente tutto l’insieme delle componenti fisiche inserite nel marchingegno fantastico, ogni ostacolo laggiù sedimentato da oltre centocinquant’anni, onde ricongiungersi al sotterraneo passaggio che Verne aveva scavato allora e conducente al pertugio sacro.

No witness behold this/ Re-written for control/ In a system of decay//
Mushroom cloud/ I will to devour you/ Mushroom cloud/ Time to devour you

L’heavy doom scrosta le cavernose pareti, ne cadono pesanti pezzi di granito e la strada pare spianata: si procede tosti verso la meta. E infatti, una pervicace linearità direzionale annoverabile allo stoner interviene di supporto al doom: Walking Among To Blind squadra l’obiettivo girandoci attorno, come se facesse un girello in circolo alla marmitta ribollente accesa dalle streghe durante il sabba, tirando in sincrono e duramente colpi di karatè alla maniera di sciabolate, roba vista fare a Ralph Macchio in Karate Kid concentrato negli esercizi zen a mano del dai la cera-togli la cera, soltanto che nella fattispecie, l’attuale tecnologia 3D, ispirandosi a quell’antico modello teorico funzionante a mani nude, ha montato due bracci metallici sull’Audas Aviator, rendendo estremamente facile spaccare detriti come fossero burro. Tagliarli adoperando le turbine frustanti fottovoltaiche in ghisa ultra temprata deve essere stato davvero uno scherzetto da ragazzi per gli Stone Machine Electric, e lo puoi nitidamente sentire dal suono descritto, concitato quel tantino da smaciullare ogni remora orogenetica. A metà pezzo il trionfale sale in cattedra, il suono si autocelebra maestoso di riff, la missione del traforo progettata è stata ora eseguita, la consistenza dei massi tettonici, giunti a quel punto fatidico, sono nettamente più friabili, ragione cha va a rallentare questa polverosa fatica iniziata in una torrida estate texana, ora a un passo dal pertugio sacro.

The ageless aggressor/ Keeps the earth divided/ Deceiver of nations/ Keeps the masses blind

Among the blind/ Among the blind/ Walking among the blind/ We’re going blind

Il duo texano di Fort Worth, di cui si ha notizia fin dalla loro prima prova discografica risalente al 2010 (e questo 7″ è commemorativo dell’esordio live attinente a quel periodo in cui aprirono on stage per Wo Fat e Little Big Horne), è in continuo fervore stilistico e concertistico, sono infatti famose le proprie ampie gig sonore che agiscono nella disturbante irrequietezza della psichedelia, capacissime di far vivere un’attitudine jazz similare, senza dimenticare la determinante sludge. Per loro è stato coniato giustappunto il termine doom jazz, che si ritrova egregiamente nel lavoro del 2016 “Sollicitus Es Veritatem“, ma già il precedente EP datato 2015 “The Amazing Terror” conteneva un’esposizione di contenuti davvero interessante, confermando successivamente le aspettative del brand SME col portentoso “Darkness Dimensions Disillusion, album del 2019 che li ha posti in rilevanza sulle pagine web delle essenziali ed influenti ‘fanzine’ The Obelisk e Doomed & Stoned!

Insomma, se son rose fioriranno!


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