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Zolle – Macello

2020 - Subsound Records
sludge / metal

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Tracklist

1. S’offre
2. D’io
3. M’io
4. M’accetta
5. L’ara
6. L’am.a
7. L’affetto
8. D’annata
9. L’aura


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Intanto costruiamo un contesto con una citazione: sulla pagina Facebook degli Zolle è riportata una mini biografia, poche righe per delineare il loro manifesto e quale sia il processo di composizione. Due punti, aperte le virgolette – solo coloro che hanno ben presente la semplicità con la quale una mucca defeca possono comprendere la genesi delle canzoni di Zolle – chiuse le virgolette, punto.

Wow! La genesi è un’evacuazione?! Un’evacuazione più forza di gravità? Dopo un intenso ascolto, direi tanta forza di gravità, e alla forza che spinge verso il basso aggiungerei un insieme di suoni ruvidi (molti) e voci disturbate (poche), un muro sonoro perfettamente calzante in questi strani giorni. Registrato e mixato ad agosto 2019 da Giulio Ragno Favero (One Dimensional Man, Teatro degli Orrori, Zu, Appino), “Macello” è il più recente di quattro dischi realizzati da Stefano Contardi (batteria e voce, Klown) e Marcello Bellina (chitarra e voce, MoRkObOt, Viscera, Klown), virili lodigiani di Bruzzelle.

Quattro album che, partendo dal primo omonimo pubblicato nel 2013 per i tipi di Supernatural Cat (Ufomammut, MoRkObOt), mostrano con precisione carattere e intenzioni degli Zolle: sludge metal nero e vischioso, venato da un’ironia zotica e un po’ irta. Il duo crea una contrapposizione marcata tra un suono da tragedia borghese e una forma declinata alla campagnola, un po’ Severino Cicerchia style. Atmosfera doom e stile grafico goliardico, suoni ossessivi e titoli dei brani ammiccanti e ironici, come S’offre, M’io, D’io, M’accetto.

Perfetta fusione? Osservata nella sua interezza, l’associazione tra serio/musica e faceto/grafica restituisce una sensazione di sfasamento, come se il disco volesse percorrere una via di rock demenziale, che però non si concretizza mai, anche per la mancanza di testi che aiutino a indirizzare in questo senso. Si percepisce quindi una frattura evidente, una mancata saldatura, che regala al lavoro finale una sfumatura melanconica di mancata perfezione.

D’altro canto, gli stessi Zolle definiscono “Macello” come carne, non plastica. E come sappiamo tutti, la carne non solo non è perfetta, ma indulge spesso a tentazioni, la maggior parte delle quali irredimibili. Un’ultima notazione sui testi; il gruppo dichiara l’utilizzo di tracce vocali per la prima volta, forse segno di un new deal lanciato verso un prossimo futuro. Non possiamo che approvare, probabilmente questa è la scelta più giusta, un nuovo passo che avvicinerà ancora di più il fantastico duo degli Zolle al Santo Graal dell’ineccepibilità.

Quindi? “Macello”, nove pezzi in fila indiana piccini, picciò, equidistanti e ruvidi, occuperebbe perfettamente fantastici 28 minuti di una vostra eventuale esistenza sonora di clausura causa improvvisa epidemia (casomai capitasse). Quasi in un flusso ininterrotto di coscienza (sporca, però), pesantemente liberato con grande soddisfazione, “Macello” vi aiuterà a scalzare per un attimo – breve – la noia e l’insoddisfazione dovuti al logorio della vita carcerata. Diversi omaggi lungo l’album, dai Rockets (M’accetta) agli AC/DC (L’aura) e poi un fluire di poche parole e waa-waa per un viaggio musicale nero e melmoso di un rock decisamente zotico.

Destinato a un pubblico ben definito, pur non essendo un disco da pietra angolare, perché troppo omogeneo e monocorde, “Macello” per costruzione, sonorità e risultato finale ha il suo motivo di essere: avrete tra le mani un disco potente, poco evoluto per scelta, decisamente fedele a una realtà analogica voluta e cercata che sviscera con precisione i paradossi delle nostre esistenze. Buon ascolto.

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