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Michele Coppini, follia e passione per la settima arte

Michele Coppini

Scheda


Con Michele Coppini, autore, attore e regista originario di Firenze, suo l’ottimo “Ora non ricordo il nome” – non ci siamo visti di persona, non certo per non volerlo fare, ma per evidenti limiti imposti dal momento. Abbiamo ovviato con una serie di domande ritoccate alla bisogna e abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con un appassionato folle della settima arte. Un folle quasi quanto noi.

Leggevo che sei da sempre stato attirato dal mondo del cinema al punto di studiarlo ben distante dalla tua città. Cosa ricordi, sia in termini positivi che negativi, di quell’ esperienza?

Ho il 99,99% di ricordi solo positivi. Trasferirsi a 17 anni, da solo a Roma è un’esperienza pazzesca. La vita è completamente diversa da Firenze e dall’avere sempre vicino un paracadute come la tua famiglia. Impari a rimboccarti le maniche. La mia esperienza scolastica non è mai stata un granché, sono riuscito a bocciare anche alle medie, ma per il cinema mi sono impegnato anche a studiare le materie comuni come inglese e matematica. A dire il vero a matematica ho continuato a mantenere la media del 2, mentre a inglese sono salito al 5. In italiano invece sono andato sempre benino anche alle medie. Mi è sempre piaciuto scrivere i temi forse perché li ho sempre visti come dei piccoli soggetti. A Roma ho frequentato l’Istituto Statale per la cinematografia e la televisione Roberto Rossellini, una scuola superiore professionale, una scuola straordinaria dove respiravi l’aria di cinema anche a ricreazione e nella quale mi sono diplomato come operatore cinematografico e televisivo. Poi va detto che un toscano a Roma fa sempre ridere, se poi hai, come me, la predisposizione a voler fare il comico, ogni interrogazione diventava un piccolo spettacolo di cabaret. Un ricordo invece negativo? La morte di due miei compagni di scuola. Sapere che da un giorno all’altro, due compagni con i quali scherzavi nei corridoi tutte le mattine, non li avresti più visti perché morti all’improvviso (ancora minorenni), ti fa perdere stabilità emotiva e ti fa capire che dobbiamo darci tutti una svegliata a perseguire i nostri obiettivi, altrimenti potrebbe essere troppo tardi…

A proposito del tuo titolo di studio e di quello che fai ora, ti reputi più attore, regista o un cameraman prestato al mondo del cinema? E per quale motivo?

Ho sicuramente più passione per la recitazione perché far ridere in prima persona è una gioia che non si può descrivere. Vedo la recitazione come la mia amante e la regia come una moglie che amo ma che ogni tanto sento l’esigenza di tradire. Per quanto riguarda il cameraman, vabbè, quella è la mia qualifica scolastica e il lavoro che ogni tanto devo svolgere, ma questa professione la vedo più che altro come la mia prima fidanzata con la quale sono rimasto in buoni rapporti.

Dato che l’ultima pellicola che ho avuto il piacere di vedere è stata “Ora non ricordo il nome” qual è l’attore, o attori, non di primissimo piano (esattamente come quelli narrati) al quale sei sentimentalmente più legato in termini di conoscenza non necessariamente personale? Ovviamente il nome di Carlo Monni non vale

Beh Carlo è stato per me, ma anche per tanti altri attori e registi fiorentini, un punto di riferimento, l’attore famoso che aveva recitato con Benigni e che potevi trovare sull’elenco del telefono. Ecco, io l’ho conosciuto così, a 16/17 anni lo chiamai per affidargli un ruolo in uno dei miei primi corti amatoriali, girato fra amici. Gli dissi per telefono: “Carlo ti ringrazio tanto se accetti, il problema è che non ti posso pagare” e lui mi rispose: “Mmm, tanto se non vengo a recitare nel tuo corto vo’ a perdere soldi giocando a carte, quindi ci guadagno di più se vengo a recitare gratis per te. Quando si gira?”. Un mito il grande Carlo. Altri caratteristi a me cari, artisticamente parlando, sono Mario Brega, la Sora Lella, Anna Mazzamauro. A livello umano invece, oltre che artistico, sono rimasto molto in contatto con Franco Pistoni, Paola Tiziana Cruciani e Sandro Ghiani. Attori tra loro molto diversi, ma di una bravura e un’umanità sconcertanti.

Ti ho scoperto con ” Zero Bagget”, l’idea di un film creato con l’uso di un semplice cellulare smartphone riconosco sia geniale. Da lì ho cercato di recuperare tutto quello che hai fatto. A quale dei vari progetti che hai lavorato sei maggiormente affezionato e per quale ragione?

Di sicuro “Zero Bagget” è il film che mi ha dato più visibilità, sia perché è il mio film più originale e spontaneo, sia per la presenza di Paolo Ruffini. L’affetto maggiore lo nutro però per il mio primo “vero” film (anche se comunque sempre indipendente) ovvero “Benvenuti in amore” al quale sono molto legato anche come periodo, stiamo parlando del 2008, un film che mi ha dato tante soddisfazioni, a cominciare dal fatto che fu co-prodotto e distribuito dalla Cecchi Gori Home Video. Alcune sequenze le girai con molta ingenuità, era la fase in cui si passa dall’essere uno spettatore sognante all’essere un vero regista, a dirigere decine di persone e contemporaneamente essere il protagonista in un film girato per un’etichetta importante e storica per la commedia italiana. E’ una pellicola che oggi, probabilmente, girerei in modo diverso, a cominciare dalla durata, taglierei per esempio almeno 20 minuti di pellicola, ma in quel periodo andava bene così e tutte le volte che lo riguardo torno quello spettatore sognante al quale sarebbe piaciuto fare cinema.

Sfondare nel cinema era in passato già molto difficile. Farlo adesso, in un’epoca nella quale il peer to peer è alla portata di tutti, con evidenti problemi di budget e denaro disponibile, non da nemmeno grandi soddisfazioni economiche. Dove può stare il segreto per il rilancio del cinema di casa nostra? E come ci si arrabatta per cercare di creare prodotti intriganti in un momento di crisi che pare non avere fine?

Credo che le difficoltà siano le stesse di 40 anni fa, solo che oggi c’è molta più concorrenza. Prima o giravi in pellicola o nulla. Quindi era molto difficile improvvisarsi registi. Poi, l’avvento delle prime telecamere analogiche per famiglie hanno dato modo a molti di fare le prime esperienze, girare corti, videoarte ma, comunque sia, gli spettatori che vedevano questi prodotti rimanevano gli stessi che ci avevano recitato e cioè amici e parenti, a parte qualche proiezione in qualche Festival amatoriale. Da una decina di anni il digitale ha dato il colpo di grazia alla pellicola, tanto che anche tutti i film campioni d’incassi vengono girati in digitale. Da quel momento in poi tutti hanno iniziato a improvvisarsi registi con la prima telecamerina comprata da Media World. E’ vero, come abbiamo detto prima, anche io ho girato un film col cellulare, ma l’ho girato dopo che mi sono formato in una scuola di cinema e non in uno dei tanti corsi dove la gente spende montagne di soldi senza imparare nulla. L’ho fatto dopo molta gavetta fatta di decine di corti e dopo aver lavorato per quasi 20 anni come cameraman e dopo aver realizzato un film e due web series. Quindi per realizzare un’idea o un soggetto che hai in testa, se fai parte del mondo indipendente, devi prima di tutto scrivere qualcosa che sia fattibile con pochi mezzi, quindi niente astronavi che atterrano, nessun mostro di Loch Ness, tutto il più realizzabile possibile. Poi una volta pronta la sceneggiatura, andare di produzione in produzione sapendo che quasi nessuno ti darà una mano. Allora provare a trovare qualche sponsor e, perché no, utilizzare una delle tante piattaforme di crowdfunding disponibili on line. Ma, di sicuro, preparati a mettere mano anche al tuo portafogli perché tutto questo non basterà. Poi, si spera di recuperare i soldi una volta venduto il film ai distributori, che siano piattaforme in streaming o home video anche se, viste le basse cifre che riusciamo a ottenere da questi, spesso dico scherzando in modo provocatorio, che nella sua illegalità, il mondo della pirateria è la nuova distribuzione alternativa. Una distribuzione che mette davvero il tuo prodotto davanti agli occhi di migliaia di potenziali spettatori. Certo, non ci guadagni, ma almeno ti fai conoscere e al prossimo film hai già un tuo pubblico e una forza maggiore di trattativa.

Anche internet ti ha visto protagonista con due belle Web Serie. Io ho apprezzato molto “Paranormal Precarity” dedicata al mondo della disoccupazione, ma anche “Calcio all’Italiana”, dedicata all’Italica pedata, era molto interessante, rimarranno degli unicum nel loro genere oppure possiamo aspettarci un seguito?

Per quanto riguarda una nuova serie tutto può essere. Ma un seguito di questi due titoli non credo proprio. Io sono uno che dà il massimo alla realizzazione di ogni mio film, perché ci metto entusiasmo e passione, ma, una volta portato a termine per me è già il passato al quale rimarrò sempre legato, ma sul quale non mi andrà più di lavorarci, perché ho sempre voglia di realizzare nuovi progetti.

In merito alla domanda precedente, quali le più evidenti differenze in cabina di regia, sceneggiatura e recitazione fra le web series e il mondo del cinema?

Per come la vedo io non c’è differenza fra regia cinematografica e di una serie, la stessa cosa la penso anche per la recitazione. Entrambe devono essere efficienti. Cosa diversa invece è per la sceneggiatura, Un film, per esempio, ha una storia principale e una sotto trama che si sviluppano per tutto il suo percorso. In una serie troviamo una sotto trama diversa in tutte le puntate. La trama principale è quella che inizia alla prima puntata e termina all’ultima, poi ogni puntata ha sempre una sotto trama nuova che deve terminare alla fine di quella puntata, questo per creare pathos in ogni singolo episodio. Quindi a livello di scrittura è decisamente molto più articolato scrivere una serie.

Progetti per il futuro sul quale stai già lavorando? Quale film o progetto ti piacerebbe realizzare?

Adesso spero sia davvero tornato il momento di un nuovo film. Una nuova commedia divertente ma che parta da lontano. Una dove dietro il sorriso ci sia anche un po’ d’amaro in bocca. In queste settimane sto scrivendo la sceneggiatura di “Qual è il problema?”, per ora si tratta di un titolo provvisorio, insieme al mio socio Massimiliano Manna e ad Alessio Venturini, sceneggiatore che ha firmato anche film di Vincenzo Salemme e stretto collaboratore di Ugo Chiti. Quindi dai, speriamo che la prossima intervista me la farai per la promozione del mio nuovo film.

Aggiungiamo ‘volentieri’ all’invito per la promozione del nuovo film, chiaramente corredando il tutto con una nuova intervista, rigorosamente dal vivo, e pandemie permettendo.

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