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Sparta – Trust The River

2020 - Dine Alone Records
indie rock

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Tracklist

1. Class Blue
2. Cat Scream
3. Turquoise Dream
4. Spirit Away
5. Believe
6. Graveyard Luck
7. Dead End Signs
8. Miracle
9. Empty House
10. No One Can Be Nowhere


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Quando gli Sparta hanno annunciato il loro ritorno sulle scene ho reagito così: “AAAAAAAAH!”. Dopo aver sentito i primi due singoli estratti da “Trust The River” invece ho solo pensato che fosse uno scherzo. Non ho atteso QUATTORDICI anni per questa roba, non dopo che ho consumato “Thees”, non dopo Taking Back Control e Cut Your Ribbon

Macché scherzo, Jim Ward è serissimo e mentre Davis e Hajjar sono tornati a casa At The Drive-In, lui ne è uscito e ha deciso che il suo progetto non poteva essere da meno e quindi rieccoci qui. Cos’è rimasto degli Sparta che conoscevamo? Un bel niente. A pensarci bene, a 43 anni suonati, non ci si poteva aspettare poi quel gran ritorno alle origini post-hardcore, quindi è necessario pensare da adulti, gente matura che ha tentato di far maturare anche la propria musica. Beh, tutto molto bello e giusto, ma non basta.

Vuoi fare l’album adulto? Fallo almeno bene. Quel che si respira in “Trust The River” è un ritrito indie rock che già sapeva di stantio quando si approcciarono in tal senso gli Interpol prima e gli Arctic Monkeys dopo. L’andamento è lasco, privo del benché minimo nerbo e nemmeno del guizzo melodico che potrebbe fare la differenza. Le partiture di chitarra sono meno scontate di quel che ci si potrebbe aspettare da un prodotto di questo tipo ma non salvano il salvabile: brani come Believe, Turquoise Dream e Class Blue hanno quel retrogusto folk elettrico che impoverisce, Graveyard Luck è pallido tentativo di recuperare le chitarrone che furono con l’unico risultato di chiudere gli occhi e trovarsi in un pub di quart’ordine ad annoiarsi mentre si sorseggia una birraccia annacquata. Peggio ancora quando la via intrapresa è quella della ballad: Dead End Signs è un mattone soporifero, per non parlare di Spirit Away. Miracle potrebbe molto, ma non si applica e il punk all’acqua di rose di Cat Scream sembra una presa per il culo. Il grande assente in assoluto è la voce di Ward, qui ai minimi storici, e se prima era la scintilla che accendeva la miccia della bomba, ora è la secchiata d’acqua che la spegne del tutto.

Non bastava tutta ‘sta faccenda del virus, ci voleva anche la delusione di una delle mie band preferite. Ci vorrebbe davvero quel coraggio di non suonare che ipotizzarono alcuni. Addio Sparta, fingerò che vi siate sciolti perché a volte l’illusione paga più della realtà.

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