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Jarboe – Illusory

2020 - Consouling Sound
sperimentale

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Tracklist

1. Illusory
2. Arrival
3. Cathedral
4. Flight
5. Into The Arms Of Sleep
6. Nourish
7. A Man Of Hate


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A Madame Jarboe lasciai il cuore ai tempi degli Swans e lei non me lo ridiede mai indietro. Assieme alla stregonessa del blues Diamanda Galas, l’ex-partner in crime di Michael Gira (quanto manca la sua voce da quelle parti) mi stregò, con la sua voce suadente, natia di regioni del sottosuolo tanto quanto di cieli neri costellati di lampi e carichi di pioggia. 

Pleonastico dire che mi perdetti nei meandri di “Mahakali” (quel duetto con Phil Anselmo…) e “The Men Album” (quei duetti con Bargel, Sparhawk e Connelly…), senza contare lo spazio condiviso con Neurosis prima e Father Murphy poi. Rinnovo il mio sodalizio spirituale, in maniera del tutto naturale e necessaria oggi con “Illusory”. 

Sola, Jarboe, sola con un’anima dai colori cangianti su uno sfondo di oscurità latente continua a muovere le spire di un cuore che infrangendosi si rimescola portando alla luce sensazioni che ci eravamo scordati. L’album ha un languore acre e va pian piano squagliandosi, di brano in brano, con la semplice difficoltà degli intenti di cui solo The Living Jarboe è capace (anche se molte sono le sue accolite, magari inconsapevoli), mai sazia di sperimentare e spingere oltre la barriera del conosciuto il suo strumento principale. 

Ritualismi lirici mai intaccati dal tempo, come se il tempo passasse per tutto tranne che per la sua ugola spettrale. Languide vampe elettroniche che a ondate vaporose fanno veleggiare i sali e scendi vocali (Flight), arieggianti suite di opere scritte in altre dimensioni (Illusory), lunghe navate vuote che fanno risuonare le corde vocali mentre fuori si scatena l’inferno (Cathedral), soliloqui in un deserto di cristallo che brilla di luce impropria su archi sintetici (Into The Arms Of Sleep) che si fanno strada nel petto.

Più che tra i solchi di un disco, par di stare in un racconto dipinto dalla ferma mano di Moebius rievocato in una seduta spiritica in pieno giorno, colorato da pennellate gentili, ipnotiche e immote che presto si trasformano in insidiose matasse di mostri sparsi in un deserto inospitale (Nourish) che ben presto si scontrano con bucoliche implicazioni fiabesche che guardano a spianate verdeggianti di esangue minimalismo folk, tra pianoforti fantasmatici che incombono su una pace interiore ottenuta a fatica (Man Of Hate).

Un viaggio eterodiretto in uno spazio risicato che cela un mondo interiore del quale difficilmente si scorge la fine e un altro tassello importante in un mosaico che Jarboe continua a costruire da quasi vent’anni. È solo lei a spingerci dove più desidera e a noi non resta che rimetterci al suo volere per raggiungere un Nirvana senza contorni né confini.

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