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Costanza Francavilla – Children Of The Universe

2020 - Silent Frequencies
ambient / soundtrack / experimental

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Mi trovo dinnanzi ad un progetto musicale che preso nell’ottica che svilupperò ne accrescerà l’importanza di relazione con altre svariate realtà, da quelle puramente artistiche sino a quelle di contatto con brand aziendali, ove non mancherà certo un pizzico di fortuna.

L’artista Costanza Francavilla, italiana di stanza a Ibiza, principalmente musicista, produttrice e composer, fa capo alle personali indipendenti etichette, la newyorkese ZerOKilled Music e la Silent Frequencies.

Costanza, adagiandosi in bella mostra nell’ambito elettronico, crea musica tramite combinazioni di synth analogici, manipolazioni di suono ed elementi acustici, onde produrre, questo ne è il perfetto caso, galleggianti pattern sonici espansi.

Altra sua caratteristica è fondere inserzioni di musica sperimentale con spunti di musica classica, plasmando le intuizioni sonore seguendo ispirate rotte inusuali; inoltre, la sensuale attitudine vocale e l’abilità tecnica han sedotto, intorno all’anno 2000, il ben noto Tricky (ex-Massive Attack), che al termine di un concerto ricevette dal suo bassista un tre tracce consegnatogli a sua volta, nel backstage, da Costanza, permettendole di collaborare di lì a pochissimo, e per diversi anni, con siffatto artista saltando a piè pari nel mare del successo, partendo da quell’energico trampolino foriero di esperienze formative e determinanti, come del resto lo è stata la fervida e di tutto rispetto collaborazione col 99 Posse, Marco Messina.

Children Of The Universe” costituisce la soundtrack di un docu-film (il di lei ambiente ideale utile ad intersecare musica e immagini) della regista svizzera Camille Budin, dal titolo originale “Grand et petit” (titolo internazionale, appunto, “Children Of The Universe“). Presentato in molti festival europei lungo il biennio 2018-19 ed uscito per la notevole Intermezzo Films, non costituisce un caso isolato. Nel cesto della Francavilla ve ne sono molte altre dove appare pure in arme di co-writer e music editor; tra i suoi works campeggiano inoltre musiche per trailer di film, ed una menzione speciale va al sequel di “Blade Runner”, “Blade Runner (2049)”.

Produttrice e co-writer per l’album di Niccolò Fabi “Tradizione e tradimento” (2019), ha firmato l’original score del documentario “Friedkin Uncut” (2018) e in “Free Man” (lo stesso anno) ne mixa anche il contenuto. Del 2016 la colonna sonora di “S Is For Stanley”, in condivisione con John Cummings. In evidenza le partiture e le songs per svariate serie TV che hanno visto la luce fin dal 2009, la cui più famosa featuring e quella ritrovata nel telefilm “C.S.I”.

La formazione classica, l’amore giovanile per la punk music – Shellac e segnatamente l’esperienza DIY che ha dato vigore alla scena nineties sorta in Washington D.C. (Fugazi & Co.) – e le sopraccitate esperienze elettroniche da sempre coltivate in seno, sono stati i fattori responsabili del basamento culturale di Costanza Francavilla, che non si sono qui cementati, piuttosto si rinnovano marcatamente esercitando le molteplici attività collegate alle solide passioni quotidiane: la dimensione domestico-familiare, la ricerca sonora, le musiche da film, il DIY, lo studio di registrazione a Ibiza, la gestione delle etichette discografiche, le collaborazioni con altri artisti e le commissioni di lavoro la cui investitura è data da registi e produzioni cinematografiche che orbitano attorno al circuito fatato di Hollywood, quanto pure a quello di spessore tematico afferente al cinema indipendente, istituendo nella sua figura professionale un punto di riferimento ed una posizione autorevole di architetto del suono e di musicista affine a suggestioni sonore intime, riguardanti la sfera dell’individuo, narrate nei differenti contesti filmici.

L’ambiente scarno, volto al riverbero e all’estensione dei suoni, appare ideale nella propria concezione espressiva generale, qui ottimamente racchiusa. 7 brani accolgono la visione creata apposta per la trama del film, nel quale un’astrofisica della NASA guida un gruppo di bimbi a scoprire l’Universo.

La Francavilla copre il tessuto narrativo operando alcuni escamotage, filtrando e modificando il costrutto tonale, cosmico si dirà, capace nei quasi 30 minuti di musica di tenere saldo un filo conduttore che commenta lo stupore e il mistero che si svela in parte dalle visioni immaginative e concrete esposte durante il viaggio educativo. La purezza dei suoni è il legame centrale che avvicina i piccoli fruitori all’incommensurabile, e oserei dire divino, parto di una genialità ultraterrena che si rivela nelle profondità di ogni essere vivente (e parlo della Creazione, detta in senso biblico).

Un’aura fresca di sacralità permea l’anima sensibile e si fluttua in una deriva fantastica e cosmogonica (Children Of The Universe) cui ubbidire silenziosamente, esplorando la sfera dell’inconoscibile pur consci del distacco (magico) abissale di interazione tra mondo materiale e quello che per molti versi ci appare immateriale, appunto perché di portata immensa e lontanissima, il cui semplice atto di contenerla in un pensiero dona positiva arrendevolezza (quanto siamo minuti nel nostro corpicino), vaticinando l’ipotesi di non essere i soli abitanti dello spazio.

Il paragone riflessivo, inclusivo e armonioso dei suoni, invita a questa estrema congiunzione, lenta e mirabile, protratta e indotta, vezzeggiante il mistero in modo da non incutere paura, facendo sì di riceverne invece fiducia, confidando in questa tramite il sottinteso ‘colore’ astrale dell’approccio strumentale (The Stars Dance In Circles) apportatore di una riequilibrante vena notturna lilithiana. Il ché non è davvero una facile impresa.

Scorrono ambientazioni sovrumane, dilatate e incorporee, miracoli dell’esistenza che pure si svolgono in contemporanea alla vita di ciascuno (Ethereal Journey) e il contrasto nascente è meraviglioso ed autentico, fonte di misticismo instillato in ciascuna piccola coscienza.

La tenerezza tecnologica insita nella musica eleva l’ampiezza delle modularità astronomiche e si genuflette alle emozioni e alla fisicità delicata dei bambini, realizzandosi quale narrazione parallela e concomitante alla fruizione scolastica (razionale) e sensoria (emotiva), generando interludi meravigliosi, Black Hole & White Light, Into The Infinite Space, Cosmic Dust.

L’invito ad abbracciare il cosmo evidenzia la stretta parentela che lega il  piccolo filo d’erba alla esplosione di una supernova, ove ciascuno sarà capace di sentir fluire, e i bambini protagonisti delle riprese più di tutti, lo scorrere di una linfa celeste dentro le ramificazioni neuronali, viatico di possibili scenari illimitati tali da poterli auscultare in levità dei sensi, tutto ciò instillando la straordinarietà e soprattutto la spontaneità di Madre Natura, che continua a seguire un suo percorso dettato chissà da chi o da cosa, lasciando giusto apporre uno sguardo alieno sul suo vagare lungo l’interstellare (Floating Between Galaxies), affinché tale esperienza appaia un incantesimo spirituale forse ancor prima che astrofisico.

Ci informa la Francavilla dalle note del disco:

Ho usato principalmente i giocattoli musicali di mia figlia, in particolare un Kalimba per bambini, suonando melodie molto semplici – che ogni bambino poteva suonare – ma elaborato in un riverbero di feedback quasi al 100%, ritardando gli effetti per creare un senso di spazio infinito, come il floating in una dimensione interstellare. Ho finito per includere tutti gli strumenti spirituali come ciotole tibetane, quarzo, piramidi di cristallo. Questi strumenti sono spesso usati per meditazioni e pratiche di guarigione del suono. Il fatto che possano essere suonati muovendo il bastone attorno alle ciotole in “cerchio” originando una vibrazione infinita e continua è il motivo per cui l’ho scelta quale tavolozza sonora principale per la partitura. Ho impiegato anche il violoncello (di Stefano Cabrera, ndr) per rappresentare la profondità del cielo notturno in contrasto con la mia voce ronzio eterea, come una ninna nanna per le stelle.

Il campionario strumentale annovera: vocals, children kalimba, tibetan bowls, quarz bowls, chrystal pyramids, percussions, synths; strings arrangements, electronics, programming, tutti elementi completamente convertiti in musica da Costanza Francavilla.

Masterizzato da Rafael Anton Irisarri (The Sight Below, Gailes, Orcas) e mixato dalla stessa musicista, scopriamo che essa si concede volentieri anche all’artwork, mentre la foto di copertina è presa dall’archivio NASA: la spettacolare ‘Orion Nebula’.

Concluderò la recensione dicendo qualcosa che rischia di sfiorare l’ovvio. Rimane chiaro che una colonna sonora è strettamente collegata al film che commenta, così come potrebbe esserlo un buon video musicale, quindi la soundtrack di ‘Cabaret‘ avrà maggiore risalto nel contesto filmico, come pure la musica introdotta e che implementa ‘Zabriskie Point‘ diventa inscindibile, quasi, dalle immagini, o meglio ancora ‘Koyaanisqatsi’ di Philip Glass e la BGM del cartone animato ‘Goldrake‘ ad opera di Shunsuke Kikuchi, ma tuttavia queste sonorità mitiche funzionano (pregio degli autori), come appunto ‘Children Of The Universe‘, molto bene anche se ascoltate staccate dalle immagini di riferimento, ed a questo punto è qui facile rinvenire tratti della produzione libero-immaginativa di Brian Eno, di Klaus Schulze o Jean-Michel Jarre.

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